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La città

Beni Stabili: quando Taranto pensava in grande. La storia ed il degrado

Il sogno tradito del Centro Direzionale

Ti guarda con quell’espressione un po’ così. Il mezzo sorriso abbozzato, gli occhi timidi dietro gli occhiali. Il tramonto illumina il murale con il volto di Alessandro Leogrande, in un gioco di colori che mette insieme rosso, giallo e blu – strano, ma bello. Da settembre 2020, l’opera dell’artista Cheone campeggia sui muri della biblioteca civica “Pietro Acclavio”, e ritrae il giornalista e scrittore scomparso, appena quarantenne, tre anni prima. Il viso di un intellettuale. Un presidio culturale fondamentale come è una biblioteca, oggetto di un recente ed importante restyling.

Sogni metropolitani

Magari partisse da qui, il rilancio del Centro Direzionale Beni Stabili Taranto, la “Bestat” come dicono i tarantini, al femminile perchè ci si riferisce al complesso come ad una piazza, di fatto racchiusa in una sorta di abbraccio da due enormi palazzi che creano un ovale. Femminile sia, allora. La “Beni Stabili” è figlia degli anni Settanta. Taranto era proiettata nel futuro, e l’opera ideata dagli architetti Luigi Piccinnato e Vera Consoli rappresentava forse più di ogni altra cosa l’ambizione di una città di provincia che voleva farsi metropoli industriale, all’avanguardia, avanzata, senza più complessi d’inferiorità o timori reverenziali.

Tra Manhattan e Parigi

Taranto voleva sfidare il cielo, in quei giorni, in quei mesi, in quegli anni. Letteralmente. Non s’era mai visto qui un palazzo così alto come la Torre A. Ventuno piani, ottantacinque metri di altezza che con un’antenna high tech quando l’high tech nemmeno c’era, per un totale di 105 metri. Un grattacielo vero, altro che storie, manco fossimo in America. L’ispirazione in realtà è francese: Piccinnato, con la collaborazione di Consoli, guardò a La Défense, il distretto di Parigi con condomini, uffici, centri commerciali, che poi si sarebbe sviluppato sempre più. La sorella minore della Torre A, la Torre B, arriva a diciotto piani. Calcetruzzo, cemento armato, il Novecento realizzato. Taranto che andava oltre i vicoli della Città Vecchia e l’eleganza un po’ retrò del Borgo umbertino. Lì trovarono casa le emittenti radiotelevisive che si affacciavano nel panorama, allora pionieristico, dell’emittenza privata locale, un’altra coniugazione di un futuro carico di promesse e di opportunità.

Il centro commerciale

Dove oggi c’è la biblioteca “Acclavio” avrebbe dovuto sorgere un centro commerciale, nelle intenzioni tanto bello quanto funzionale - per anni, quella struttura ha ospitato un mobilificio. Nella stessa zona, dove c’è un ampio spiazzo, doveva trovare posto una sorta di struttura gemella destinata ad essere utilizzata come cinema.

Un posto nella Storia

Le foto sono di Francesco Manfuso 

L’Edificio Residenzale Bestat vanta un posto nel censimento delle architetture italiane contemporanee del Ministero della Cultura: “Il complesso all’angolo tra la via Solito e la via Dante Alighieri è composto da un insieme di sei torri a pianta quadrangolare, unite ai vertici. Le torri si elevano per dieci piani, ognuno dei quali accoglie due alloggi; la distribuzione interna è estremamente libera in quanto la soluzione strutturale di pareti portanti e solai a piastra consentono la possibilità di eliminare ogni tipo di divisione interna su una superficie quadrata di 13 per 13 ml. A ciascuna coppia di torri si interpone una scala dalla geometria cilindrica, interamente vetrata. Gli edifici sono rivestiti con pannelli in calcestruzzo. Gli alloggi, tutti ruotati di 45 gradi rispetto agli allineamenti stradali, sono aggregati a coppie. Ognuna delle coppie è legata ad un nucleo centrale di collegamento verticale di scale e servizi. L’elemento ascensionale dei collegamenti verticali elicoidali e vetrati esalta lo slancio verticale dell’edificio. Si mette in scena in questo modo una variante al tipo dell’edificio a torre che assume un carattere di interesse soprattuto nel confronto con gli edifici del Centro Direzionale Beni Stabili con cui si fronteggia”.  Ancora, “l’edificio o l’opera di architettura è illustrata in almeno due riviste di architettura di livello nazionale e/o internazionale”, “riveste un ruolo significativo nell’ambito dell’evoluzione del tipo edilizio di pertinenza, ne offre un’interpretazione progressiva o sperimenta innovazioni di carattere distributivo e funzionale” e “si segnala per il particolare valore qualitativo all’interno del contesto urbano in cui è realizzata” si può leggere sul sito internet del Ministero.

La ristrutturazione

Oggi, davanti al viso di Alessandro Leogrande, si affaccia un panorama che non rende giustizia alle ambizioni della Beni Stabili, trasformata in una delle periferie di una città senza centro di gravità. Il degrado è evidente ed innegabile, nonostante i lavori di ristrutturazione che sono stati portati avanti tra il 2020 ed il 2022, dopo molti anni di sostanziale incuria e mancanza della necessaria manutenzione. Rifiuti, escrementi, bottiglie di birra abbandonate, siringhe, fioriere danneggiate. La zona sottostante al piazzale, adibita a parcheggio, è un campionario di sporcizia di vario genere.

Il degrado

In questo senso, la situazione della Bestat ricalca quella dell’intera città: sporca. Un dato: ha superato quota 6200 il contatore delle multe erogate da Kyma Ambiente per i conferimenti irregolari dei rifiuti e il loro abbandono abusivo. Con il lavoro della divisione “Vigilanza e controllo” della società, quindi, il monitoraggio dei cattivi comportamenti, effettuato attraverso le 60 postazioni distribuite sul territorio urbano, continua a fornire elementi di riflessione: a 8 mesi dall’ultimo bilancio, infatti, si registra un +700 multe che, conteggiando una media di 50 euro per verbale, ha portato nelle casse del Comune 35mila euro.

«Attraverso questa attività introduciamo un elemento di deterrenza – ha spiegato il presidente di Kyma Ambiente Giampiero Mancarelli – affinché gli sforzi dei nostri operatori e dei cittadini corretti, che sono la maggioranza, non vengano vanificati del tutto. Spesso ci segnalano la necessità di moltiplicare il numero delle videotrappole, ma come detto lo scopo che abbiamo non è certo quello di esasperare il controllo: attraverso esso, vogliamo migliorare il decoro cittadino facendo percepire a tutti l’importanza di rispettare le regole».

Sulla sporcizia che si vede in città, e sull'ex Amiu, è intervenuto anche il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Maiorano. Per il parlamentare, «A fronte di una situazione finanziaria vicina al default (solo lunedì 4 marzo, ad esempio, sono stati pagati gli stipendi di febbraio), il servizio offerto è a dir poco carente; come è noto da tempo è sospesa la pulizia notturna delle strade, la raccolta differenziata è ferma a valori risibili, fallito il costoso progetto dei “cassonetti ingegnerizzati”, la città continua a mostrarsi sporca e impresentabile. Il massiccio invio dei rifiuti in discarica ha fatto lievitare al massimo la Tari, e continua a mancare il nuovo contratto di servizio. Di fronte a tale disastro assistiamo solo ad uno scambio di accuse tra chi, insieme, è da ritenersi responsabile politico di una gestione fallimentare. E tra i due litiganti (ex sodali) a pagare il conto sono i cittadini di Taranto».

TARANTO E LE PERIFERIE

Dalla Bestat alla Salinella

Sull’onda dei rifiuti, facciamo un piccolo viaggio: dalla Bestat alla Salinella. Un’altra periferia, che adesso prova a guardare al futuro. Partendo proprio dalla monnezza: infatti entrerà in esercizio nella primavera prossima il sistema che si basa sugli impianti sotterranei destinati al trasporto pneumatico dei rifiuti. Un esperimento: parliamo del primo ed unico impianto pilota in Italia ad adottare il trasporto pneumatico per i rifiuti differenziati. La rete sotterranea collegherà i 12 punti di raccolta distribuiti strategicamente alla centrale di raccolta e smistamento, consentendo la conferenza dei rifiuti 24 ore su 24, tutti i giorni della settimana. Il progetto, del valore di 8 milioni di euro, è stato descritto dal sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, come «un investimento significativo con ricadute notevoli sull’innovazione e sulla qualità della vita a Taranto». Si tratta di un’iniziativa che rappresenta un passo avanti nell’ambito della gestione sostenibile dei rifiuti, posizionando la città all’avanguardia delle pratiche ambientali in Italia, è stato sottolineato da Palazzo di Città.

Il “quartiere olimpico”

Intanto, con il disincanto ironico che gli appartiene, gli abitanti del rione avevano ribattezzato scherzando tra loro la Salinella il “quartiere olimpico”. Il nuovo stadio di calcio, il nuovo stadio di atletica, il nuovo palazzetto dello sport sulle ceneri della vecchia, gloriosa Ricciardi. Un’altra idea di futuro, come era stato negli anni Settanta il Centro Direzionale Beni Stabili Taranto, nell’ottica dei Giochi del Mediterraneo del 2026.

L'ingresso dell'ex Campo Scuola

Il Masterplan del quartiere

“L’amministrazione Melucci ridisegna il quartiere Salinella per i Giochi del Mediterraneo: parchi urbani, impianti sportivi e tanti spazi per la socialità” si può ancora leggere sul sito del Comune, in una pagina datata 23 luglio 2021.

Facciamo copia & incolla: “Il masterplan Salinella 2026 contiene diversi progetti integrati che trasformeranno la periferia nel “centro” dei XX Giochi del Mediterraneo e nel più grande parco urbano della città, secondo precisi step temporali.

Il primo riguarda la definitiva risoluzione del rischio idraulico per il quartiere Salinella, con un investimento di 8 milioni di euro. Subito dopo, grazie a risorse per 9,5 milioni di euro, si procederà alla trasformazione del quartiere nel “Parco urbano dei Giochi del Mediterraneo”: più verde, ciclabili, aree pedonali, con la riqualificazione degli spazi tra le case popolari, via Lago di Garda e via Lago di Monticchio e la creazione di un nuovo asse urbano su via Lago Maggiore di una “porta urbana” su corso Italia, come accesso al parco e agli impianti sportivi. Il terzo step prevedrà la rinaturalizzazione dei 500 ettari della Salina Piccola, ricreando e potenziando l’ecosistema floro-faunistico ripristinando i canali idraulici oggi tombati: 7,5 milioni l’investimento previsto.

Per quanto riguarda l’impiantistica sportiva, sarà completamente riammodernato lo stadio “Erasmo Iacovone” e le aree circostanti, grazie a un percorso di valorizzazione pubblico/privato che prevede investimenti pubblici per 25 milioni, cui aggiungere quelli dei privati per una quota di almeno altri 25 milioni. Sarà anche ricostruito e messo a norma il PalaRicciardi, già oggetto di un intervento dell’amministrazione Melucci, inglobando l’immobile mai terminato dell’ex piscina con risorse pari a 10 milioni di euro. Altri 6 milioni di euro saranno destinati alla realizzazione dei nuovi campi da football americano, rugby e baseball con tribune e servizi”.

Cosa è cambiato da allora? Nel quartiere non molto, in realtà, almeno fino a questo momento. E non è una bella notizia. Per niente.

Al momento l’unico impianto sportivo per il quale si intravede una scadenza dei lavori è l’ex Campo Scuola, adesso “Stadio di Atletica Leggera G. Valente”, a pochi metri proprio dal Centro Comunale di Raccolta dei rifiuti che viaggeranno sottoterra. Per il resto, tutto fermo.

Nel frattempo infatti si sono accumulati una serie di ritardi che hanno reso necessario anche il Commissariamento dei Giochi, con la nomina di Massimo Ferrarese. Domani è in programma una importante riunione in cui si potrebbe decidere il destino dello stadio Iacovone e della Ricciardi.

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