Cerca

Cerca

TRADIZIONI

Così a Natale mangiavano i nostri bisnonni

Il compianto Ciccio Vozza, prezioso testimone della tradizione, ci illustrava il ricco défilé di portate in queste giornate

Tavola natalizia imbandita

Il ricco défilé di portate delle festività natalizie (foto d'archivio)

Come cambiano i tempi! Se prima, nei condomini, segno dell’avvicinarsi del Natale era l’odore sempre più pungente dell’olio fritto per le pettole, oggi invece è l’affastellarsi nelle cassette postali di depliant che suggeriscono mastodontici televisori al plasma o ultimi ritrovati nell’ambito della telefonia mobile e dell’informatica. Con l’indicazione della rata invece che del prezzo per intero, per indurre maggiormente in tentazione. E le risposte non mancano, alla faccia della crisi! Non va invece in crisi la tradizione vera e propria, come quella dei presepi, allestiti nelle case e nelle parrocchie come in alcune rassegne dislocate nei diversi quartieri.
La festa del Natale sarà avvertibile soprattutto nel giorno di vigilia, annunciato all’alba dalle pastorali eseguite dalle bande musicali. Sarà fila anche agli “iper” e supermercati per l’acquisto degli ultimi cesti-regalo, a base di tante prelibatezze sempre meno nostrane. Ma siamo proprio sicuri che un nostro vino di Carosino o di Manduria non valga quelli più celebrati del Nord e che il caciocavallo nostrano sia meno saporito dei formaggi industriali? Uguale ressa ai mercati per l’acquisto di baccalà, anguille e capitoni, specialità tipiche della vigilia e del giorno della festa, il cui prezzo, sostengono i pescivendoli, è immutato da anni. E vogliamo dimenticare i frutti di mare? Ancora nei menu, frutta secca, arance e clementine, anche se tanti rimpiangono le manderine dal sapore più aspro ma fortemente aromatico, che riporta al Natale di un’infanzia lontana. Poi, i dolci: “pettole” e “sanacchiutele” oppure pandori e panettoni, spesso ripieni di creme dalle mille e passa calorie. Senza contare antipasti, primi e secondi. Il compianto Ciccio Vozza, prezioso testimone della tradizione, ci ricordava il ricco defilè di portate in queste giornate.
Consigliabile il digiuno a pranzo, per devozione e, come si capirà leggendo quanto segue, per... opportunità. Ecco, dunque, “U strafuechè d’a viscilie de Natale”, una cena da consumare iniziando già a pomeriggio inoltrato, per potersi recare in tempo alla messa di mezzanotte. Pubblichiamo così come abbiamo ricevuto. Sembra una poesia.
“Pe tt’aprer’u stòmeche e pe scazzecàre l’appetite: cozzagnàchele, cozze pelose, javatùne, oscre de sott’a Napule o sott’a Bare; mùgnele de le Caggiùne addelessate cu l’uégghe e lemone; alìe ‘nchiastre; marangiane sott’olie e puperusse salate.
Pe prime piatte: sagnette c’u capetòne, rosemarine cu le cozze càreche de pepe.
Pe seconde piatte: cefale d’a ‘ngannate arrustute, angidde all’agredolce, cozze fritte cu l’ove, cozze a mmenza scorze arraganàte, ceccie ‘o furne e baccalaie fritte.
Pe sobbratàule: sazizze asckuànde e pruvelone peccande, nuce, nucedde, amènele cazzarole, castagne d’u prévete e fiche seccate accucchiàte.
Frutte: manderine, marange, mele, catalògne cimàte, fenucchie e ‘na cape d’acce.
Pe dolce: sanacchiùtele (o sanacchiùdere), diente de San Geseppe, carteddate c’u mièle o cu vine cuette e bucchenotte alla Biatrice cu l’amarene.
Pe chiarenze: specialità de le megghie massarie tarandine, ‘nu becchiere de marmutte, mienze caféie e ‘nu becchierudde de rosolie”.
Ed ecco la traduzione. Per preparare lo stomaco e stuzzicare l’appetito: cozze San Giacomo, cozze pelose, javatune (difficilmente il venditore capirebbe la traduzione, cioè “arca di Noè”), ostriche di Napoli o di Bari, mugnoli dei Caggioni lessati con olio e limone; olive nere da concia; melanzane sott’olio e peperoni salati.
Primi piatti: lasagnette col capitone; pastina tipo rosmarino con le cozze, ben pepata.
Secondi piatti: cefali arrosto (“a ‘ngannate” è la speciale rete adoperata per loro pesca), anguilla all’agrodolce, cozze fritte con l’uovo, cozze a mezza scorza, cotte al forno, con ripieno di pane grattuggiato, prezzemolo tritato, aglio, pepe, sale e olio; seppie al forno e baccalà fritto.
Sopratavola: salsiccia secca piccante e provolone piccante, noci, nocelline, mandorle di diverso tipo, castagne del prete, fichi secchi appaiati.
Frutta: manderine, arance, mele, catalogna cimata, finocchio e sedano.
Dolci: sanacchiùtele, denti di San Giuseppe, cartellate con il miele o col vino cotto, bocconotti con l’amarena come li faceva suor Beatrice Amati, religiosa del convento di San Giovanni, poi abbattuto, abilissima nel preparare questa specialità.
Vino: specialità delle migliori masserie tarantine, un bicchiere di vermuth, mezza tazzina di caffè e un bicchierino di rosolio.
Ed ecco una delle tante variazioni in tema di vigilia, suggeriteci sempre dal gentilissimo don Ciccio: pasta col sugo di baccalà, baccalà a zuppa e anguille al sugo (o in agrodolce), baccalà fritto con la pastella, cavolfiori bianchi fritto con la pastella. Volendo, si può optare per cicoria in brodo (di cappone o di tacchino).
E per il pranzo del giorno di Natale? Vozza era per il “tema libero” e, se proprio uno ci teneva al suo suggerimento, consigliava: orecchiette con il ragù di maiale (o con le polpette) e in alternativa vermicelli fatti in casa con brodo di tacchino; ragù di carne di maiale o tacchino lesso; tiella di agnello (o capretto o galluccio) al forno con contorno di patate.
In entrambi i casi non manchino frutta fresca e secca e i dolci caratteristici tarantini. Anche se i più giovani optano per il panettone dai mille ripieni e dalle altrettante calorie da pagare a caro prezzo dopo le feste. E spumante come gran finale. Auguri!

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Buonasera24

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Termini e condizioni

Termini e condizioni

×
Privacy Policy

Privacy Policy

×
Logo Federazione Italiana Liberi Editori