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Decluttering
31 Maggio 2025 - 08:08
Il termine decluttering – letteralmente “eliminare il disordine”, fare spazio – è un processo di selezione consapevole
C’è qualcosa di profondamente liberatorio, quasi catartico, nello svuotare un cassetto straripante di oggetti dimenticati, nel piegare con cura meticolosa una pila di magliette o nel decidere, con serena determinazione, che quella vecchia sedia zoppicante, testimone di tante stagioni, ha finalmente fatto il suo tempo. Riordinare, liberarsi del superfluo che appesantisce gli spazi e la mente, mettere in fila ciò che resta – nella vita come negli armadi – è un gesto intrinsecamente terapeutico. Un vero e proprio balsamo per la mente stanca e sovraccarica, una pratica che sempre più persone, in un mondo frenetico e saturo di stimoli, scoprono come via privilegiata verso un profondo benessere interiore.
Il termine decluttering – letteralmente “eliminare il disordine”, fare spazio – è ormai entrato a far parte del nostro vocabolario quotidiano, spesso associato a immagini patinate di interni minimalisti. È un processo di selezione consapevole.
Cosa teniamo? Cosa lasciamo andare? E, soprattutto, perché queste scelte risuonano in noi in un certo modo? Quali corde emotive toccano?
Ogni oggetto che possediamo porta con sé una storia, un ricordo, un’emozione. Ogni accumulo, anche il più caotico, cela una ragione, spesso inconscia: la paura del futuro, l’attaccamento al passato, la difficoltà di definire il proprio presente. Sfoltire, allora, diventa un gesto potentemente simbolico: ci costringe a fare i conti con ciò che siamo stati, con le vestigia delle nostre identità passate, con ciò che siamo nel qui e ora, e con ciò che aspiriamo a diventare.
Una casa più leggera, meno ingombra, è spesso lo specchio fedele di una mente più serena, più lucida e meno appesantita da zavorre emotive.
Non si può parlare di ordine e del suo impatto trasformativo senza evocare la figura di Marie Kondo, la consulente d’organizzazione giapponese che, con il suo metodo “KonMari”, ha rivoluzionato il rapporto con le cose che ci circondano. La sua filosofia si fonda su un criterio decisionale tanto intuitivo quanto potente: tenete solo ciò che vi dà gioia, ciò che “spark joy”.
Dietro questa frase, che potrebbe suonare ingenua, si cela una profonda e acuta intuizione psicologica. Troppo spesso, infatti, viviamo circondati da oggetti che non ci somigliano più, che appartengono a versioni passate di noi stessi, o che non abbiamo mai scelto davvero, ereditati o ricevuti senza un reale trasporto.
Accanto al decluttering, si è affermato con forza negli ultimi anni un altro concetto chiave, spesso frainteso: il minimalismo.
Non si tratta, come una certa estetica vorrebbe farci credere, di vivere in una casa asettica, bianca e spoglia, con un solo, costoso vaso di design strategicamente posizionato sul tavolo. Il minimalismo autentico è una filosofia esistenziale, una scelta di vita ponderata, non semplicemente uno stile d’arredo di tendenza.
Vivere con meno, nell’accezione più profonda del termine, significa fare spazio – fisico e mentale – al necessario, all’essenziale. Significa scegliere con estrema attenzione ciò che introduciamo nella nostra vita e nei nostri spazi, valorizzare profondamente ogni oggetto che decidiamo di tenere, eliminare il superfluo non per un atto di privazione masochistica, ma per potersi concentrare con maggiore energia e chiarezza su ciò che conta davvero: relazioni, esperienze, crescita personale, passioni.
Meno oggetti significano meno decisioni da prendere quotidianamente (cosa indossare, dove mettere qualcosa, cosa pulire), e quindi meno stress decisionale.
Se l’intuizione popolare e l’esperienza diretta ci suggerivano da tempo che “una casa in ordine è una mente in pace”, oggi anche la ricerca scientifica inizia a fornire conferme solide e dati misurabili. Diversi studi nel campo della psicologia ambientale e delle neuroscienze dimostrano come il disordine cronico e il clutter (accumulo) possano effettivamente aumentare i livelli di cortisolo – il famigerato ormone dello stress – nel nostro organismo. Ambienti caotici possono anche peggiorare la qualità del sonno, aumentare la tendenza alla procrastinazione e persino influenzare negativamente le nostre scelte alimentari. Al contrario, un ambiente domestico ordinato e ben organizzato è associato a una maggiore capacità di concentrazione, a una riduzione significativa dei sintomi ansiosi e a un generale miglioramento del tono dell’umore.
L’atto stesso di riorganizzare gli spazi, se compiuto con consapevolezza, può avere un effetto sorprendentemente simile alla meditazione. E non è un caso che molti terapeuti, nell’ambito di percorsi psicologici, consiglino attività domestiche apparentemente banali, come lavare i piatti, fare giardinaggio o rifare il letto con cura, come strategie pratiche per aiutare i pazienti a ritrovare un senso di controllo, specialmente nei momenti di crisi o di forte stress emotivo.
Dopo le trasformazioni imposte dagli anni recenti, in cui le nostre case sono diventate contemporaneamente ufficio, scuola, palestra, luogo di svago e rifugio forzato, abbiamo compreso in maniera profonda e tangibile quanto l’ambiente che ci circonda influisca in modo determinante sul nostro stato mentale e sul nostro benessere generale. Una casa disordinata, caotica, trascurata può facilmente trasmettere una sensazione di confusione mentale e di stanchezza cronica. Al contrario, un ambiente curato, pulito e armonioso ci sostiene, offrendoci un senso di sicurezza e di pace.
Fare spazio in un armadio, liberandolo da abiti che non indossiamo più, può simbolicamente significare fare spazio per nuove idee, per nuovi progetti, per nuove energie vitali. Ogni oggetto che decidiamo consapevolmente di lasciare andare è, in fondo, un piccolo ma significativo atto di liberazione da un passato che non ci definisce più, aprendo la strada a un futuro più allineato con il nostro vero sé.
Il rischio, sempre presente quando si parla di miglioramento personale, è che anche la ricerca dell’ordine e della perfezione domestica diventi una nuova forma di pressione, un’ulteriore fonte di stress e di auto-giudizio. Non dobbiamo trasformarci in robot della pulizia impeccabile o in maniaci della perfezione. L’ordine che si rivela autenticamente terapeutico è quello gentile, flessibile, personalizzato e profondamente rispettoso dei nostri ritmi, delle nostre energie e delle nostre priorità individuali. Non esiste una casa universalmente perfetta, così come non esiste una vita perfetta. Esiste, però, la possibilità concreta e accessibile a tutti di creare spazi che ci facciano sentire bene, che ci rispecchino e che ci supportino.
Allora, perché non provare, magari proprio oggi o nel prossimo fine settimana? Prova a mettere a posto un cassetto, uno soltanto. O quella mensola che rimandi da tempo. Non farlo per un astratto senso del dovere o per conformarti a un ideale esterno. Fallo per piacere, per curiosità, per sperimentare. Fallo come fosse un piccolo, concreto gesto d’amore e di cura verso te stesso. Perché in fondo, l’ordine, quello che conta davvero, non è solo una questione di casa. È, prima di tutto, una questione di cuore, di benessere e di profonda connessione con sé.
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