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MICHELANGELO TRIA
31 Maggio 2025 - 07:52
Le masserie e le cantine vinicole, in particolare, sono luoghi straordinari da rigenerare
Nel silenzio austero della campagna pugliese, tra filari di viti e ulivi secolari piegati dal vento, le masserie raccontano una storia millenaria fatta di pietra, lavoro e silenzio. Sono architetture semplici ma potenti, nate come strutture agricole e oggi divenute simbolo del paesaggio mediterraneo. Accanto a esse, le cantine vinicole – espressione di una cultura del vino radicata e in continua evoluzione – rappresentano un altro tassello fondamentale del nostro patrimonio. Entrambe oggi si trovano al centro di un processo di rigenerazione che chiede non solo visione architettonica, ma anche strumenti nuovi e linguaggi contemporanei.
Tra questi, il BIM - Building Information Modeling si inserisce come alleato prezioso. Non è un semplice software, ma un metodo di lavoro capace di integrare progettazione, gestione e controllo attraverso modelli digitali tridimensionali. Questo approccio consente di connettere geometria, materiali, impianti, costi, tempistiche, manutenzione e sostenibilità, migliorando la qualità complessiva dell’intervento e riducendo drasticamente gli errori.
Nel mio lavoro di architetto e docente universitario, ho avuto l’opportunità di applicare il BIM in diversi contesti, anche in ambito rurale. Le masserie e le cantine vinicole, in particolare, sono luoghi straordinari da rigenerare. Non si tratta solo di restaurare, ma di reinterpretare: mantenere la memoria del luogo e proiettarla nel presente, tra ospitalità, arte, agricoltura di qualità e architettura emozionale. L’uso del BIM consente interventi puntuali, trasparenti, reversibili. I rilievi laser scanner, le simulazioni energetiche, i modelli interoperabili sono strumenti che mettono ordine, senza spegnere l’anima del progetto.
Questo tipo di approccio è anche al centro delle collaborazioni che porto avanti con artisti contemporanei di fama internazionale, come Fabio Iemmi, con il quale ho realizzato una “casa museo”, Villa Iris a Reggio Emilia, o la Liza Tower, un palazzo vista mare dagli interni nautici nel cuore della riviera marchigiana, oppure opere di architettura sostenibile e urbana realizzate con l’Ingegnere Francesco Fulvi, tra Parma e Parigi. L’integrazione tra arte e architettura diventa in questi casi una necessità culturale, non un ornamento: la materia si carica di significato, lo spazio diventa linguaggio. L’identità mediterranea si fonde così con una sensibilità globale, dando vita a luoghi che raccontano storie complesse e affascinanti.
Le cantine, infine, storie di tradizioni presenti sul nostro territorio, non sono più solo luoghi di produzione. Accolgono visitatori, raccontano un territorio, promuovono un’esperienza. Anche qui, il BIM diventa strumento progettuale e gestionale: aiuta a coordinare impianti e volumi, garantisce coerenza tra estetica e funzione, supporta scelte strategiche e sostenibili. L’architettura del vino è anche narrazione visiva, ed è sempre più spesso il frutto di un dialogo tra progettisti, artigiani, artisti e imprenditori visionari. Di recente presso il Castello D’Ayala Valva del Comune di Carosino ho tenuto un incontro narrativo tra arte, architettura e vino… all’ombra di Caravaggio.
A scala territoriale, il BIM evolve nel CIM - City Information Modeling – e apre la strada a un approccio ancora più ampio: il Territory Information Modeling. In una regione come la nostra, dove cultura materiale e paesaggio si fondono, il territorio stesso può diventare una piattaforma informativa. Masserie, vigneti, chiese rurali, tratturi, percorsi archeologici e reti idriche possono essere digitalizzati, messi in connessione, pianificati in chiave sistemica. Questo tipo di modello consente di costruire strategie sostenibili, evitando frammentazioni e contraddizioni che troppo spesso ostacolano lo sviluppo locale.
Nel mio percorso – maturato anche attraverso l’insegnamento presso il Corso di Laurea in Design dell’Istituto del Design di Matera – ho potuto verificare come la cultura del progetto digitale, se ben guidata, possa diventare un motore concreto di trasformazione. Nel saggio “L’evoluzione del BIM nei contesti urbani”, pubblicato sulla rivista Annali Ifor – 2022 VOL. I, N. 4, ho approfondito questi temi, sostenendo che il progetto non può più essere visto come atto isolato, ma come parte di una governance intelligente e integrata.
Taranto, con la sua ricchezza stratificata di architetture produttive, borghi antichi e paesaggi in trasformazione, è un territorio ideale per sperimentare tutto questo. La Città Vecchia, le contrade dell’entroterra, le zone vinicole emergenti rappresentano luoghi di grande valore, dove la tecnologia può restituire senso, ordine, visione. L’importante è non dimenticare che ogni dato deve servire a raccontare una storia, ogni mappa digitale deve restituire uno spazio vissuto, ogni innovazione deve servire alla comunità.
Progettare oggi significa saper leggere il passato e immaginare il futuro con strumenti adeguati. Il BIM è uno di questi: non cancella la tradizione, ma la potenzia. Trasforma la pietra in dato, la memoria in progetto, l’identità in valore condiviso. E può aiutare il Sud a tornare protagonista di un’architettura colta, concreta, radicata e aperta al mondo.
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Testata: Buonasera
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