All’indomani dello sciopero di fabbrica indetto dalle sigle sindacali Fim, Fiom, Uilm, Usb, a cui ha preso parte anche l’Ugl, ritengo sia utile, se non necessario, esprimere una mia personale considerazione in merito a quanto è accaduto il 6 maggio. Potrebbe essere utile per avere un’occasione di dialogo e necessario per promuovere un confronto con i cittadini e con quanti si stanno impegnando in politica. I lavoratori dello stabilimento tarantino Acciaierie d’Italia, di ILVA A.S. e di tutto l’indotto hanno incrociato le braccia davanti alle portinerie di ingresso a partire dal primo turno di ieri e hanno manifestato per tutto il giorno con una altissima adesione. Premesso che lo sciopero costituisce un diritto di libertà, cioè un diritto il cui esercizio non può essere limitato, e non può comportare alcuna sanzione da parte dell’impresa, ritengo che in occasione di queste sacrosante manifestazioni di sciopero non debbano essere ammessi comportamenti di sfida come quello messo in scena dall’amministratore delegato Lucia Morselli che ha presenziato per molto tempo davanti alla portineria dello stabilimento con tanto di casco e giacca targati ArcelorMittal. Il mio sostegno morale va a quelle persone, donne e uomini, che ieri hanno affrontato con coraggio e passione Lucia Morselli raccontandole di difficoltà quotidiane vissute a conseguenza del disagio sociale scaturito da questa gestione della fabbrica Non è ammissibile che l’amministratore di una società per azioni con quote dello Stato si comporti in questo modo, tantomeno che sorrida agli operai provati da una sorta di vessazione perpetua come se fossero in un girone dantesco: tra quelli posti in amministrazione straordinaria che non trovano davanti nessun futuro e percepiscono il rischio di veder sottratte le somme destinate alle bonifiche a favore dell’attività produttiva, bonifiche dove potrebbero essere impiegati; sino ad arrivare ai prossimi operai che vinceranno la candidatura per far parte del gruppo dei nuovi cassaintegrati: 3500 unità è l’ultima richiesta della fabbrica. Ed è per questo motivo che si arriva ad una mobilitazione di questo tipo, massiccia ed unitaria. In questo contesto ci si chiede quale sia stata la parte dei rappresentati della politica nazionale che possono aver peso nelle decisioni dei tavoli ministeriali. Una scena muta senza una scenografia e canovaccio? Forse sarebbe il caso che i parlamentari locali si facessero sentire con il “minimo sindacale” del loro impegno a palazzo. Sarebbe forse il caso di mettere nero su bianco e lasciare traccia di uno scatto di orgoglio con una interrogazione parlamentare che poi possa dare seguito ad un ammonimento da parte del Governo a chi rappresenta il privato in questa società che dovrebbe incontrare i rappresentanti sindacali in un tavolo istituzionale invece di sfidarli su una scala di acciaio circondata dagli uomini della sicurezza aziendale. Mi rivolgo, infine, ai cittadini, alle associazioni e comitati che pur avendo avuto nel corso di questi anni un ruolo fondamentale nei moti sociali avversi a chi ha generato un contesto ambientale critico, devono prendere atto che non è più possibile ignorare le chiare prese di posizione della pur variegata galassia sindacale che ha dimostrato passione ed unità e che di fronte alla dimostrazione di forza dell’Ad Morselli sarebbe stata ancor più forte se avesse avuto accanto i cittadini. A primavera inoltrata e con le temperature sempre più calde, andiamo incontro al mese di luglio che segnerà un decennio di impianti sotto sequestro. Attivismo civico e politica, quindi, hanno davanti la possibilità di scrivere insieme il futuro di Taranto di fronte a chi glielo nega perché li vede disuniti e senza un obiettivo comune. Cisberto Zaccheo
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