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SALUTE
25 Luglio 2025 - 15:24
Il microbiota intestinale svolga un’ampia gamma di funzioni utili per l’organismo
“Fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo” era il pensiero, formulato più di duemila anni fa, da Ippocrate. A distanza di duemila anni, questo concetto è ancora attuale.
E questo per due ordini di motivi: la scoperta dell’esistenza, nel tratto gastro-intestinale, di un ecosistema definito microbiota, composto da batteri, funghi e virus, in rapporto simbiotico con l’organismo, un vero e proprio organo deputato a svolgere svariate funzioni vitali con la conseguenza di un nuovo principio: il cibo non solo come fonte di calorie, ma anche fondamentale per il benessere del microbiota e il ruolo della dieta.
Infatti, negli ultimi cinquanta anni vi è stato un graduale abbandono nell’assunzione dei cibi tradizionali, basata sul consumo di fibre come frutta e verdura, a favore di una alimentazione imperniata sul consumo di alimenti d’origine industriale, la c.d. dieta occidentale.
Analizzando questi aspetti, vediamo come il microbiota intestinale svolga un’ampia gamma di funzioni utili per l’organismo che vanno dalla scomposizione di alimenti complessi per renderli disponibili all’assorbimento, sintesi di vitamine, maturazione del sistema immunitario sia in termini di protezione da agenti patogeni sia nell’induzione dell’immunotolleranza e non ultimo alla comunicazione bidirezionale fra intestino e cervello, in grado di influenzare l’umore e il comportamento dell’individuo.
La caratteristica fondamentale di un microbiota sano è data dalla sua biodiversità, intesa come ricchezza, delle specie presenti e quantità di queste (diversity). Queste caratteristiche, intese in maniera dinamica, pur potendo subire perturbazione di vario tipo sono in grado di “resilienza”, intesa come capacità del sistema di resistenza e di ripresa, al fine del ripristino di un equilibrio o quantomeno funzionalmente riorganizzato.
Momento critico nella formazione di un microbiota “sano” è rappresentato dai primi mille giorni di vita di un individuo.
Diversi fattori, quali parto cesareo, allattamento artificiale, abuso di antibiotici, possono influire negativamente alla strutturazione del “core microbiota”, inteso come la presenza di specie simbiotiche in grado di determinare stabilità, resistenza e resilienza del sistema. Le abitudini alimentari costituisco un secondo fattore di perturbazione del microbiota.
Negli ultimi decenni, nelle società occidentali, si è assistito ad una modifica delle abitudini alimentari indotta da molteplici fattori, urbanizzazione, sviluppo di tecnologie agroalimentari, globalizzazione dei prodotti, con il conseguente sbilanciamento, nelle abitudini alimentari, a favore del consumo di alimenti ad alto contenuto di grassi saturi, zuccheri raffinati e cibi ultraprocessati (c.d. PUF). Con tale termine ci si riferisce alimenti ottenuti da processi industriali, naturalmente non riproducibili in una cucina domestica.
Quindi non di semplici alimenti trasformati come ad esempio lo yogurt, ma di vere e proprie realizzazioni alimentari dotate di scarsissimo contenuto nutrizionale ma di un’estetica accattivante e ottima palatabilità, cioè della capacità di evocare sensazioni di gradevolezza e piacere e quindi dipendenza. Caratteristiche principali di questa classe di alimenti è il loro contenuto in aromi, coloranti, emulsionanti cioè sostanze in grado di mescolare e rendere stabili i prodotti, o preparazioni congelate precotte e pronte all’uso.
L’elenco è vastissimo e spazia dalle bevande come tè o caffè freddi confezionati, alle bibite a base di succhi di frutta, alle preparazioni surgelate pronte all’uso: pizze, lasagne ecc.. Osservazioni epidemiologiche e sperimentali sono concordi nell’associare l’aumento delle malattie croniche non trasmissibili, come diabete e obesità, osservato a partire dalla metà del secolo scorso, a questo stile alimentare.
Quindi non è errato parlare dello stile alimentare come causa predisponente di disbiosi intestinale, intendendo, con tale termine, l’instaurarsi di uno squilibrio nell’ecosistema batterico intestinale con riduzione di specie benefiche a scapito dell’aumento di specie patogene.
La disbiosi quindi come causa di promozione di un’aumentata permeabilità intestinale e quindi passaggio attraverso il lume intestinale di sostanze nocive, stimolazione immunitaria e instaurarsi di una condizione di infiammazione cronica. Paradigma di una condizione di disbiosi sono la Sindrome metabolica e l’Obesità, le quali costituiscono una propria e vera “pandemia silenziosa”, con una prevalenza di circa l’11,8 % e trend in aumento; le alterazioni dell’umore da alterata comunicazione dell’asse microbiota-intestino-cervello.
Una caratteristica da considerare è rappresentata dalla capacità di agire negativamente sulla salute anche a distanza di anni. Ad esempio, recentissime ricerche hanno evidenziato come la riduzione osservata nelle lattanti di Bifidobatteri può riverberarsi negativamente sul bambino predisponendo all’emergenza di atopie e allergie alimentari.
Pare quindi, improcrastinabile l’emergere di una maturità collettiva sulle scelte alimentari in chiave di prevenzione, senza demonizzare “tout court” il cibo industriale, ma nella consapevolezza che una dieta esclusiva basata su questi alimenti è errata.
Vale ancora il sano principio che nessun alimento è nocivo, è il suo abuso che lo può diventare: una Coca-Cola e un pacchetto di patatine assunto una tamtum, certamente non può e non deve essere criminalizzato.
*Gastroenterologo
Specialista Centro Medico Polispecialistico Santa Lucia di Statte
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