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Salute

Curare l’intestino per guarire la mente

Siamo ciò che mangiamo. La relazione tra cibo e comportamento

Curare l’intestino per guarire la mente

Curare l’intestino per guarire la mente

Recentemente è stato dato alle stampe per la Vallardi editori, un libro dal titolo “Micro­biota geniale - curare l’intestino per gua­rire la mente” della prof.ssa Maria Resci­gno. L’autrice, scienziata di fama internazionale, pur mantenendo nel testo un taglio divulgativo, ha offerto una panoramica scientifica aggiornata su le recenti ac­quisizioni scientifiche sul ruolo rivestito dal microbiota intestinale nelle interazioni fra i vari organi. Il nostro intestino, lungi dall’essere un semplice tubo di transito degli alimenti, costituisce un ecosistema complesso, po­polato al suo interno da circa cento trilioni (un miliardo di miliardi) di batteri, fondamentali per il manteni­mento di uno stato salute, non solo intestinale ma di tutto l’organismo.

Questa comunità complessa, presente già dai primi momenti della vita extra uterina, svolge diverse funzio­ni vitali per l’organismo: oltre alla elaborazione degli alimenti rendendogli disponibili per l’assorbimento, attraverso particolari sostanze derivanti dal loro meta­bolismo, interagiscono con il sistema immunitario e il sistema nervoso centrale. Negli ultimi decenni, le rela­zioni fra benessere psichico è intestino sono state og­getto di numerose ricerche che hanno dimostrato come il microbiota intestinale, attraverso diverse vie (emati­che, ormonali o attraverso il sistema nervoso periferico enterico) sia in grado di condizionare il benessere psi­chico dell’individuo.

Queste scoperte rendono ragione delle osservazioni em­piriche dei secoli scorsi per descrivere stati di tensione addominale o malessere indefinito (cd magone) che fre­quentemente si associano a vari stati d’animo o ad eventi negativi o, in generale, in presenza di difficoltà nella vita di un individuo.

Circa l’80% dei batteri che colonizzano l’uomo vive nell’intestino. Questa popolazione è estremamente ete­rogenea composta principalmente da batteri associata a funghi e virus. La componente batterica (definita mi­crobiota) è la più studiata. Questa si compone princi­palmente di una popolazione microbica definita come simbiotica (cioè batteri “buoni” in grado di interscam­bio positivo con l’ospite in cambio di nutrimento e pro­tezione), in patobionti (batteri ambivalenti) i quali, in determinate condizioni possono assumere carattere francamente patogeno, ma che ricoprono un ruolo fon­damentale nell’addestramento del sistema immunitario, ultimo da popolazioni patogene, le quali normalmente sono limitate e controllate dalla componente simbiotica ma potenzialmente in grado, in caso di una loro espan­sione, di scatenare patologie sia intestinali sia sistemi­che. Questo complesso sistema di interazione fra ospite e microbiota si basa sulla integrità anatomo-funzionale microbiota-muco-epitelio intestinale. Ciascuno di questi elementi svolge sia un ruolo autonomo sia cooperativo fondamentale nella omeostasi (concetto importantissimo in biologia per descrivere le capacità di mantenere livelli prefissati costanti ed essenziali per un funzionamento ottimale negli organismi). Lo strato di muco, vernician­do tutto il tratto digerente, fornisce una barriera chimi­co-fisica, la quale, in associazione con le proprietà di adesione da parte di batteri eubiotici collabora nell’im­pedire l’attecchimento dei microrganismi patogeni, li­mitandone la loro potenziale capacità di penetrazione attraverso l’epitelio e quindi disseminazione sistemica. Una seconda linea di protezione è rappresentata dalle strette connessioni esistenti fra le cellule dell’epitelio in­testinale (le c.d. Tight Junctions), strutture che consen­tono solo un passaggio selettivo attraverso l’epitelio in­testinale. Queste componenti concorrono, nell’individuo sano, a una sana e corretta relazione fra corpo umano e ambiente esterno. Per il mantenimento di questo, lo stile alimentare gioca un ruolo fondamentale.

Sfortunatamente, nei paesi industrializzati, la dieta tra­dizionale è stata da tempo abbandonata a favore del consumo di cibi industriali ultra processati (cd cibi spazzatura). Il consumo di questi alimenti, ricchi di zuccheri, grassi saturi di bassissima qualità, emul­sionanti e allo stesso tempo poveri di fibre sono in grado di determinare sia uno squilibrio nel microbiota con la prevalenza della componente microbiotica noci­va la quale associata al danno dello strato mucoso, sono potenzialmente responsabili di una infiammazione cronica intestinale, premessa allo sviluppo di malattie gastrointestinali, metaboliche e, non da ultimo, di­sturbi neurologici e psichici. Infatti, esiste un asse di comunicazione fra microbiota-intestino-cervello, con comunicazioni bidirezionali, attraverso il quale vi è un costante scambio di informazioni e scambio di sostanze trofiche. In presenza di una disbiosi intestinale (ridu­zione della biodiversità (cd richness) o di uno sbilancia­mento a favore delle forme patogene) si può instaurare un aumento della permeabilità intestinale per alterazio­ni delle Tight Junctions con l’istaurarsi di un quadro definito intestino gocciolante (cd leaky gut syndrome o LGS) con perdita della permeabilità selettivo e secon­daria invasione batterica patogena o di loro sostanze, in grado di determinare una infiammazione sistemica. In presenza di questa condizione, le strutture cerebrali deputate alla permeabilità del sistema nervoso centrale attuano, a protezione, una automatica chiusura, si viene in tale maniera ad interrompere l’afflusso di informazio­ni di informazioni con l’esterno e l’apporto di sostanze trofiche (sostanze energetiche e nutritive) fondamentali per un corretto funzionamento cerebrale. Perpetuando cronicamente l’insulto intestinale questo meccanismo difensivo si esaurisce comportando una condizione op­posta alla precedente con aumento della permeabilità con produzione di una franca neuroinfiammazione con danni organici alle strutture del sistema nevoso centrale e sviluppo di patologie cronico-degenerative (ad esempio il morbo di Parkinson.

La somma di queste nuove acquisizioni scientifiche cosa ci insegnano?

Primo che nelle malattie croniche non infettive l’ap­proccio si deve indirizzarsi verso le cause e non i sinto­mi e questo in una olistica della malattia non focalizza­ta sull’organo ma su tutto l’individuo.

Secondo, il ruolo dello stile nutrizionale riveste un ruolo fondamentale nella prevenzione e cure di queste patologie. Si ritorna, insomma, all’insegnamento, vec­chio di migliaia, di anni di Ippocrate “siamo quello che mangiamo” e alla rivalutazione del ruolo dell’intesti­no nel mantenimento dello stato di salute.

dott. Francesco Paolo Semeraro
Gastroenterologo Specialista Centro Medico Polispecialistico
Santa Lucia di Statte

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