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Salute
26 Gennaio 2024 - 07:26
Celiachia
La malattia celiaca, conosciuta da millenni, è una patologia autoimmune cronica, a una diffusione globale, scatenata dall’ingestione di glutine, una proteina contenuta in diversi cereali quali frumento, orzo, segale, in soggetti geneticamente predisposti che si manifesta in una grave forma di aggressione dei villi intestinali che determina il loro appiattimento e, di conseguenza, una perdita delle funzioni fisiologiche del viscere e con insorgenza di un grave quadro di malassorbimento, la sua prevalenza si attesta intorno all’1% della popolazione.
Diversi fattori ambientali sono stati ipotizzati per sviluppo della Malattia Celiaca. Infatti, predisposizione genetica e consumo alimentare di glutine da soli non giustificano né la frequenza né l’epoca di insorgenza che interessa tutte le fasce di età compresa quella senile. Le motivazioni per l’esistenza di questi fattori ambientale scaturiscono da due considerazione principali. Primo nella popolazione generale la presenza di geni di suscettibilità è elevata, stimata intorno al 30%, il che dimostra come la presenza di un assetto genetico sia fondamentale ma non esclusivo nello sviluppo della malattia. Secondo la prevalenza della malattia anche in popolazioni con scarso consumo di glutine. La ricerca scientifica ha identificato alcuni di questi fattori in grado di scatenare la patologia nei soggetti predisposti. Fra questi, senz’altro, una posizione di rilevo assume l’aumentato ricorso al parto cesareo, capace di ostacolare lo sviluppo di una normale flora batterica nel neonato; l’allattamento artificiale; l’abuso nella somministrazione di antibiotici, in particolar modo nelle prime fasi dello sviluppo del bambino, i quali si sono dimostrati in grado di alterare la normale flora batterica intestinale o di ostacolarne lo sviluppo il fisiologico sviluppo specialmente se somministrati nei primi anni di vita del bambino. I dati epidemiologici sia nazionali sia locali rivelano la sottostima nella diagnosi. Nella popolazione pugliese la prevalenza di attesta intorno allo 0,38-0,40%, il maggior numero di diagnosi si registra nella popolazione adulto giovanile.
In termini pratici si stima in circa 4000 residenti nella provincia di Taranto siano celiaci ma non diagnosticati con le conseguenziali ricadute sia in termini di salute, costi sanitari per la collettività e insorgenza di complicanze in quanto interessanti una popolazione adulta con una prolungata esposizione nel tempo al glutine. La malattia celiaca non ha una sua tipica presentazione, classicamente la si può definire la grande camaleonte potendo mimare i quadri più disparati. Tra le forme più frequenti si possono distinguere e quadri: la classica, la non classica e l’atipica.
La forma classica, la più conosciuta e frequente nell’età pediatrica si presenta con un arresto della crescita del bambino, in calo ponderale con alvo diarroico con emissione di feci acquose e chiare, irritabilità. Secondo rappresentata risulta la forma non classica che da sola rappresenta circa più della metà delle presentazioni. In questa forma i paradigmi classici della celiachia (dimagrimento, alvo diarroico) sono ridotti o assenti. La malattia si può presentare con ventaglio di sintomi quali comparsa di stitichezza, aumento del peso corporeo, anemia da carenza marziale, menarca (prima mestruazione tardiva), poli abortività tendenza alla prematurità, osteoporosi giovanile. Nella due forme, comunque, sono caratterizzate da un comune denominatore: il deficit di ferro. Pur essendo l’anemia l’aspetto più manifesto di una carenza di ferro, non dovrebbero essere sotto valuti altri sintomi che generalmente compaiono per primi in presenza di tale deficit quali: esaurimento fisico, difficoltà alla concentrazione, un certo grado di irritabilità o comparsa di insonnia, secchezza dei capelli o aumenta perdita dei capelli nel sesso femminile. A tutt’oggi, nonostante ricerche per soluzioni farmacologiche, la sola terapia è rappresentata dalla esclusione totale e permanente di prodotti contenente glutine dalla dieta, fissando un limite di 20 parti per milione.
Nella pratica questo limite rappresenta un fattore di costrizione che spesso e volontariamente viene valicato, in particolar modo se adulto affetto da sintomatologia “atipica” nell’errata convinzione dell’innocuità per assenza nel breve di disturbi. Questo tratto caratterizza la celiachia da altre patologie allergiche o da intolleranza gravate dall’insorgenza immediata o nel breve periodo (24 ore) dei sintomi. Altro fondamentale aspetto nella terapia del celiaco è costituito dal concetto di permanenza. Ancora oggi il tasso di abbandono volontario della dieta priva di glutine sia occasionale sia definitivo costituisce un problema specialmente nei soggetti la cui diagnosi è posta in età adulta. Da un punto di vista della tutela sociale e sanitaria del paziente celiaco, l’Italia con la Legge quadro 123/2005 riconosce la malattia come malattia sociale definendo un avvio di un percorso per la diagnosi precoce, la sorveglianza dell’attinenza alla dieta priva di glutine, la sorveglianza delle complicanze, nonché misure atte a raggiungere un pieno inserimento del celiaco in ambito sociale e scolastico.
Con l’approvazione dei LEA - livelli essenziali di assistenza -, infine, la celiachia è stata inserita nelle malattie croniche invalidanti. Quest’ultima caratteristica non si definisce una condizione di ridotta capacità lavorativa del soggetto ma rafforza il concetto espresso nella legge quadro nel senso della individuazione di tutte quelle tutele normativa a garanzia del pieno inserimento del malato celiaco nel contesto sociale. In ultimo va rilevato come la comprensione dei meccanismi alla base della Malattia Ce-liaca ha portato alla luce processi che potrebbero essere alla base di molte malattie autoimmuni la cui frequenza risulta in costante aumento a partire dalla seconda metà del secolo scorso.
Dr. Francesco Paolo Semeraro
Gastroenterologo
già responsabile Fisiologia DigestivaCeliachia Osp. SS. Annunziata Taranto
Specialista Centro Medico Polispecialistico Santa Lucia di Statte
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