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Von der Leyen a Strasburgo
10 Settembre 2025 - 18:24
La voce è ferma, costante, si accalora sul tema centrale: "preservare la sicurezza, difendere l’autonomia e l’indipendenza dell’Europa".
Ed è proprio su questi passaggi che scattano gli applausi. Una vera vibrazione emotiva si avverte quando sottolinea il dovere della Ue di salvare i bambini ucraini e riportarli a casa e racconta la storia del piccolo Sacha riportato a casa dalla nonna: è stato il solo momento in cui lei ha cercato l’emozione e il contatto di pancia con la sala, e un po’ ci è riuscita. D’altra parte, nell’emiciclo di Strasburgo, dove la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha appena concluso il suo quinto discorso sullo Stato dell’Unione, era atteso un malessere diffuso.
Molti deputati contestavano, fra l’altro, la gestione dell’accordo con gli Stati Uniti sui dazi, condotto senza alcun reale coinvolgimento del Parlamento. Eppure saranno proprio gli eurodeputati a dover approvare gli atti legislativi attuativi di quell’intesa. La domanda che serpeggia è inevitabile: il Parlamento “scavalcato” ora si limiterà a ratificare o proverà a emendare?
Il malessere non è solo procedurale. È sostanziale. È lo specchio di un’Europa che appare debole e fiacca rispetto alle sfide globali. Von der Leyen ne è consapevole e infatti punta tutto sul nodo politico della difesa e della sicurezza, poi snocciola con ordine i capitoli dell’agenda comunitaria: energia e sostenibilità, innovazione e formazione, alloggi, difesa e sicurezza, Gaza e Ucraina, tecnologia pulita, intelligenza artificiale, allargamento dell’UE.
E insiste, giustamente, sulla necessità di unire l’Europa, anzi “riunire” l’Europa su queste questioni.
Eppure mancano i punti dolenti: nessuna autocritica sulla politica commerciale (dove la Presidente si sente evidentemente protetta dal sostegno dei governi), nessun riferimento alla querelle con Trump sulla multa a Google, nessuna parola sul debito comune per rimpinguare un bilancio europeo ormai asfittico, nessuna visione forte sulle divisioni dei governi di fronte alla tragedia palestinese. Alcune proposte forti (gradite alla parte sinistra dell’Aula, che indossa i colori della Palestina) relative alla sospensione dell’accordo commerciale con Israele e a sanzioni agli esponenti più estremisti del governo israeliano dovranno comunque passare al vaglio del Consiglio Europeo.
E intanto, proprio mentre la Presidente parlava a Strasburgo, la cronaca ci ricordava la drammaticità del momento: nella notte la Polonia ha abbattuto diversi droni russi che avevano violato il suo spazio aereo. Un episodio che ribadisce quanto la guerra sia tutt’altro che lontana, quanto la sicurezza europea sia fragile e quanto serva una leadership capace di affrontare la minaccia con lucidità e coraggio.
L’impressione a caldo è che la Presidente abbia scelto il registro comunicativo giusto, anche se non sono sicuro che sarà sufficiente a mitigare lo scetticismo profondo che attraversa l’opinione pubblica verso le istituzioni comunitarie.
Insomma, le prime parole usate dalla Presidente nel suo discorso – “Europe is in a fight” – non sono state seguite da proposte decise e temerarie come la situazione richiederebbe. Ma c’è una linea di fondo politica che dovrebbe raccogliere un consenso maggioritario in Aula e poi dai governi.
Il nostro auspicio non può essere quello di sfasciare tutto e spalancare le porte alle forze anti-europee, già in crescita in ogni angolo del continente. Dobbiamo essere critici ed esigenti, ma non distruttivi. Continuare a spingere, a chiedere di più. Perché la postura di oggi si trasformi in consapevolezza permanente: di fronte a sfide di tale portata non basta amministrare, serve coraggio.
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