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La reintroduzione delle preferenze
30 Settembre 2024 - 14:47
Anche se il premierato elettivo, per Meloni madre di tutte le riforme, non è destinato ad arrivare in porto in tempi brevi ,e l’esito del referendum costituzionale pare tutt’altro che scontato, la Casellati ,ministro per le riforme costituzionali, si sta già muovendo, per verificare la possibilità di una larga intesa sulla legge elettorale. Non pare dubbio che quello della legge elettorale sia un nodo cruciale per realizzare una democrazia di investitura. Pare che maggioranza e opposizione potrebbero trovare un ‘intesa su un sistema proporzionale con listini bloccati. Si tratterebbe di una convergenza sorprendente, considerato che i due schieramenti in materia di riforme istituzionali sono in disaccordo su tutto, o quasi.
Ma si tratterebbe anche di una smentita delle posizioni sin qui assunte dal Premier che, da sempre, ha dichiarato di essere favorevole alla reintroduzione delle preferenze, per rendere sovrani gli elettori non solo allorché si tratta di scegliere il capo del governo, ma anche quando devono scegliere chi deve rappresentarli in Parlamento.
Pare comunque certo che sul tema della legge elettorale, continui a manifestarsi una certa ostilità da parte dei principali leader politici sulla reintroduzione delle preferenze.
Gli argomenti che dovrebbero sconsigliare le preferenze sono quelli di sempre. Si teme soprattutto che le preferenze possano favorire il mercato dei voti e mortificare le competenze dei candidati.
Si tratta di timori francamente infondati, se si considerano i tanti scandali ,anche recenti, prodotti,nonostante le liste bloccate,dal diffondersi della corruzione elettorale. Non pare, inoltre, che le liste bloccate abbiano prodotto, una migliore qualità del ceto politico.
Si tratta di un processo di degenerazione della rappresentanza politica denunciato dagli elettori, nell’‘unico modo possibile, attraverso lo sciopero dalle urne.
I listini bloccati sono strenuamente difesi dalle oligarchie politiche perché consentono a capi corrente e dirigenti politici di poter imporre candidature vincenti attraverso una sapiente lottizzazione dei cd posti buoni nelle liste.
Chi ha il controllo. degli apparati di partito ovviamente è contrario al ritorno alle preferenze.Il sistema dei listini bloccati consente ,insomma, a leader e capicorrente di scegliere discrezionalmente i candidati da eleggere o, meglio, da nominare, attraverso una vantaggiosa collocazione nel listino dei propri famigli. Né è pensabile che operazioni di lottizzazione delle candidature decise dai capi possono essere smentite dal basso, attraverso vigorose contestazioni delle comunità politiche. Il metodo democratico all’interno dei partiti viene ormai disinvoltamente violato, soprattutto dai partiti e partitini personali.
Pare scontato che chi governa un partito, di fatto privatizzato, tenda ad appropriarsi anche della sua rappresentanza parlamentare, allorché decide la formazione del listino bloccato. Si tratta, insomma, di una manipolazione della volontà dell’elettore che viene ormai accettata da comunità politiche divenute sempre più asfittiche, arroccate su se stesse.
Nel partito personale, insomma, il militante, dove ancora esiste, viene scarsamente coinvolto in una vita interna di partito che i dirigenti non hanno interesse a rivitalizzare.
E tuttavia, qualcosa comincia a muoversi in controtendenza rispetto a questo andazzo, grazie alla voglia di partecipazione che emerge dalla massiccia affluenza ai gazebo che si sta verificando in occasione delle iniziative referendarie. Ci si reca alle urne non per confermare la fedeltà a un capo, o certificare una identità, ma per fermare una scelta politica che si ritiene sbagliata.
Di fronte a questa propensione degli elettori a far sentire il loro peso, la democrazia del listino pare essere un atto di resa al potere delle nomenclature. Si tratta di una intollerabile forma di privatizzazione del mandato parlamentare, in un certo senso simmetrica rispetto alla privatizzazione del sistema dei partiti.
Il declino delle tradizionali comunità politiche ha spinto sempre piu gli elettori a scegliere soprattutto un capo con cui schierarsi, più che una identità politica da difendere. Si cerca, insomma, un capo che protegga, più che un gruppo dirigente autorevole, in grado di guidare una comunità politica. E attraverso il listino bloccato l’elettore conferma la sua fiducia nel leader che governa il listino più che nel candidato che dovrebbe rappresentarlo. È importante, insomma, sapere chi sostiene il candidato, più che conoscere il progetto, la storia politica del candidato da sostenere.
Spesso non si conoscono i candidati destinati a vincere, perché essi non hanno un radicamento territoriale; si tratta di candidature piovute dall’alto.
Pare chiaro che la rappresentanza parlamentare privatizzata comporta delle ricadute negative sul piano del costume politico. Se si vota il candidato del capo corrente è inevitabile che il parlamentare nominato con il listino segua pedissequamente le indicazioni del leader che lo ha fatto eleggere, fino ad allinearsi a eventuali cambiamenti di casacca del suo sponsor, se vuole essere rieletto.
Ciò incentiva la fuga dalle urne. C’è da sperare che la voglia di partecipazione stimolata dai referendum possa incidere a regime sulle abitudini politiche del paese ,rendere l’elettore più esigente.
Si tratta di rivendicare un protagonismo che non dovrebbe essere sconfessato da leggi elettorali che fanno di esso un suddito dei capi politici e non il protagonista della vicenda elettorale. E perché ciò accada occorre rendere partecipe l’elettore al processo di formazione delle liste, che non può essere gestito alla stregua di un appalto esclusivo affidato a chi controlla l‘apparato di partito .
Le oligarchie politiche, nonostante le tante contestazioni di cui vengono fatte segno da parte dell’opinione pubblica, su questo terreno paiono sorde .Addirittura tendono a rendere ancora piu efficace il sistema dei parlamentari nominati, attraverso la pratica delle candidature plurime. Si tratta di dare un ulteriore paracadute a chi deve essere nominato, nel caso in cui le candidature del listino bloccato non dovessero avere successo per una defaillance elettorale.
Un sistema elettorale così screditato non potrebbe davvero peggiorare la qualità della partecipazione politica a causa della reintroduzione delle preferenze. La preferenza comunque riconosce la sovranità dell’elettore sul piano formale, a differenza un listino anonimo, che per il modo come viene gestito dai capi è diventato sempre più cosa loro.
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