L’Italia, che si protende al centro del Mediterraneo con circa 8.000 km di coste, è da sempre legata al mare per molteplici aspetti economici e di sicurezza. Il mar Mediterraneo, rappresenta l’1% dei mari del mondo, è tuttavia attraversato dal 20% del traffico marittimo mondiale. La nostra Penisola è un ponte gettato verso l’Africa, ma anche una posizione dalla quale si controllano i passaggi tra i due bacini principali del Mediterraneo. Lo Stretto di Sicilia è lo snodo delle principali rotte marittime che connettono le due aree oceaniche orientali e occidentali: ciò ne fa un choke point, un punto di passaggio obbligato, dall’elevato valore strategico. I mari e il posizionamento strategico intorno ad essi hanno ridisegnato i rapporti tra le superpotenze mondiali, che si sono ritagliate la propria collocazione in questo nuovo ordine globale. L’Italia, con la sua economia di trasformazione, che importa materie prime e semilavorati per esportare prodotti finiti, è fortemente dipendente dai trasporti e dai traffici marittimi. Il Mediterraneo Allargato, su cui convergono anche le attenzioni delle grandi potenze globali, di altri attori emergenti ma anche di soggetti non statuali transnazionali con sufficiente peso geopolitico, è il principale teatro in cui le nostre Forze Armate sono chiamate, a tutela degli interessi nazionali, a proiettarsi e condurre, in varie forme e modalità sulla base delle decisioni del Parlamento, attività di cooperazione bilaterale o multilaterale, anche nell’ambito di missioni ed operazioni di stabilizzazione e di pacificazione sviluppate in sinergia con l’Alleanza Atlantica, partner ed Organizzazioni Internazionali. La regione Mediterranea costituisce il “Fianco Sud” sia dell’Alleanza Atlantica che dell’Unione Europea, è pertanto fondamentale per il nostro Paese riuscire efficacemente ad ottenere che il Mediterraneo Allargato trovi la desiderata giusta attenzione negli orientamenti strategici in divenire delle due Organizzazioni Internazionali: il nuovo Concetto Strategico della NATO e la Strategic Compass dell’Unione. L’Italia importa la quasi totalità del fabbisogno di combustibili fossili. Questa situazione, pur in previsione di una progressiva transizione verso fonti rinnovabili, determina la necessità di una riflessione in merito alla sicurezza e stabilità dei Paesi fornitori, delle aree di transito dei gasdotti-oleodotti, nonché delle vie di comunicazione, soprattutto marittime. Infatti il petrolio, così come il gas, arriva quasi interamente con petroliere e gasiere dal Golfo Persico, dai due versanti oceanici africani, dal Mediterraneo orientale e dal mar Nero attraverso i passaggi nevralgici di Suez, Hormuz e Bab El Mandeb, snodo ad alto rischio ed epicentro di insicurezza e conflitti. Episodi come quello dell’incagliamento della nave portacontainer Ever Given nel Canale di Suez ne hanno mostrato con chiarezza la vulnerabilità e le conseguenze critiche sull’intero sistema di logistica e approvvigionamenti mondiale. Una rilevanza sempre più centrale per l’attuale conformazione economica, finanziaria e sociale, le dorsali di comunicazione subacquee che giacendo sui fondali del Mediterraneo connettono l’Europa all’Asia ed all’Africa. Nell’area mediterranea, nella sua dimensione allargata, in un contesto caratterizzato da continui e rilevanti mutamenti e da perduranti crisi, insistono i principali interessi nazionali, che vanno difesi, in profondità così come nelle acque internazionali più prossime. Per questo motivo lo Stretto di Sicilia è punto di connessione con Paesi che, ancorché afflitti da precarietà istituzionale, sono irrinunciabili terminali di dialogo e cooperazione a complemento della nostra vocazione atlantista e di integrazione europeista. Mentre l’Europa, nel quadro del Patto Atlantico, sta facendo di tutto per sganciarsi gradualmente ma definitivamente dalla Russia e con uno sguardo sempre attento alla propria dipendenza dalla Cina, l’Africa rimane terreno di scontro e competizione energetica, tecnologica e politica tra la visione europea e quella sino-russa. La crisi del grano, risultato dell’attuale invasione russa dell’Ucraina, sta rappresentando una seria minaccia per la stabilità sociale ed economica del continente africano. Un tema chiave che con la guerra russa in Ucraina rischia di rimanere in penombra è quello della cooperazione UE-Africa, che vede proprio nel Mediterraneo un luogo chiave della propria implementazione e successo o insuccesso. L’Italia mediterranea è la proposta alternativa che viene avanzata nel culmine delle tensioni e delle contrapposizioni. Impegnarsi per costruire le condizioni che interrompano il processo di sradicamento rappresentato dalle migrazioni in corso ed avviare quel “rimbalzo di sviluppo” che deve coinvolgere altri Paesi europei del Mediterraneo ed i Paesi della sponda araba ed africana. E’ il rovesciamento della politica colonialista vecchia e nuova. Non si va in quei Paesi per sfruttare le materie prime ed il basso costo del lavoro, ma per favorire la produzione di ricchezza nel territorio, ottenute con le risorse umane, con l’organizzazione e lo sviluppo, con la solidarietà e la formazione, con il trasferimento delle tecnologie. Parallelamente a una strategia marittima che abbia carattere di continuità è anche indispensabile garantire che le forze armate, Marina Militare e Aereonautica abbiano gli strumenti più moderni per poter efficacemente tutelare gli interessi nazionali sul mare, assicurando un significativo ritorno di immagine internazionale e contribuendo ad accrescere il prestigio del paese. Una forma di relazione con l’estero che non ha perso la sua tradizionale importanza, anche grazie a quanto messo a disposizione dal progresso tecnologico. Senza una credibile deterrenza contro minacce di qualunque tipo, senza poter assicurare il rispetto del Diritto internazionale, senza l’agibilità delle rotte percorse dal nostro traffico marittimo commerciale, senza i collegamenti telefonici o internet (garantiti dalle linee subacquee), senza la continuità nell’approvvigionamento energetico (condotte subacquee), il nostro sistema economico si blocca. Un approccio geopolitico cieco che preferisce esaltare i 1.200 km delle Alpi piuttosto che valorizzare i circa 8.000 km delle nostre coste, dimenticando che il mare ha avuto un ruolo fondamentale e insostituibile nella crescita della nostra plurimillenaria storia e progresso. L’Italia, essendo una media potenza regionale con interessi globali, non può permettersi di sottovalutare le implicazioni geopolitiche dell’attuale situazione, estremamente fluida e frammentata, caratterizzata da una minaccia latente, multiforme, asimmetrica e da diffuso disequilibrio e insicurezza, da una crescente competizione e da sempre più numerose tensioni di bassissima intensità, ma di elevato potere invalidante. In particolare, ai fini della sicurezza marittima, sono rilevanti le peculiarità della Marina, non solo in relazione alla multidimensionalità di operare sul mare, ma soprattutto dalla capacità di operare normalmente in proiezione (expeditionary) e in permanenza sul mare (sea based). In tale quadro, oggi più che mai diventa di assoluta importanza garantire la protezione del complesso sistema produttivo e di trasporto marittimo, delle linee di comunicazione marittima, degli oleodotti e gasdotti sottomarini, dei cavi per telecomunicazioni, dei porti, interporti, delle navi e delle piattaforme petrolifere. Sfide che devono diventare prioritarie per la nostra politica, al fine di permettere la continuità dei necessari rifornimenti, indispensabili per un armonioso sviluppo del paese, e senza i quali verrebbero penalizzate la produzione industriale, la ripresa, il nostro prestigio internazionale e il benessere sociale.
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