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Ermanno Spera indaga il reale con immagini taglienti e delicate
22 Luglio 2025 - 09:00
Cosa succede quando la poesia diventa uno strumento per indagare la realtà, non descrivendola, ma trasformandola? Con la sua nuova raccolta Seta e coltello, pubblicata nel 2025 da G.C.L. Edizioni, Ermanno Spera compie un’operazione che ha il sapore della sfida: non cedere alla tentazione della linearità, ma costruire un mondo poetico fatto di immagini, fenditure, emozioni attraversate da simboli mutevoli e potenti.
Spera, autore prolifico e sorprendente per la sua capacità di variare registro e intensità, si muove in questa raccolta con una scrittura che non cerca appigli nel consueto. Al contrario, propone un attraversamento lirico dell’esistenza, in cui il lettore è chiamato a lasciarsi disorientare, sospendere, coinvolgere. Non è un’opera che si lascia “leggere” nel senso più tradizionale del termine: è un’esperienza poetica da vivere.
Il cuore di Seta e coltello pulsa di una doppia tensione: da un lato la leggerezza del tessuto, la delicatezza di certe immagini sospese tra sogno e contemplazione; dall’altro, la lama affilata del pensiero critico, l’intensità di una parola che ferisce, spiazza, taglia. Il titolo stesso è già una chiave di lettura: due estremi che si attraggono e convivono nella scrittura, nella vita interiore, nella visione del mondo.
La raccolta si presenta come un mosaico frammentario e visionario, in cui l’io poetico si aggira tra paesaggi in transizione, luoghi che perdono la propria identità, e che mescolano natura e urbanizzazione in un’ibridazione inquieta. Il “giardino stanco” evocato in alcuni versi diventa emblema di una realtà sfibrata, quasi al limite del riconoscibile. È in questa geografia incerta che si muove la voce di Spera, alla costante ricerca di senso, pur sapendo che ogni risposta è, forse, solo una nuova domanda.
La forza di questa raccolta sta anche nella sua capacità di incarnare il tempo come materia viva. Non un tempo lineare, rassicurante, ma un tempo molteplice, che si piega, si spezza, scorre e ritorna. La poesia si fa riflessione sul mutamento, sul divenire, sulla trasformazione — sia essa personale, collettiva o cosmica. Simboli come il miele, il grano, l’aquila non sono mai meri ornamenti, ma strumenti per aprire varchi, spostare lo sguardo. Il grano, ad esempio, non è solo natura: è sostanza della metamorfosi, è lavoro, attesa, rinascita.
Lo stile di Spera non indulge nella semplicità: la sua è una lingua densa, stratificata, a tratti volutamente criptica, in cui le metafore si rincorrono e i giochi di parole creano risonanze inattese. La poesia non si offre, si conquista. Ma chi accetta il patto iniziale – leggere non per capire, ma per sentire – viene ricompensato da una ricchezza immaginativa rara nel panorama contemporaneo.
Eppure, accanto alla densità simbolica, c’è spazio anche per un’ironia tagliente, per incursioni surreali che ricordano la lezione dei grandi sperimentatori novecenteschi. In testi come “Urlami se puoi”, l’apparente nonsense diventa invito a rompere le gabbie percettive, a vivere con più intensità, a ridere della rigidità con cui interpretiamo la realtà.
Tra le pieghe di Seta e coltello si muove anche una riflessione silenziosa, ma costante, sulla solitudine, sull’incomunicabilità, sull'urgenza — sempre umanissima — di essere ascoltati. Le poesie di Spera non si concludono mai con una verità rivelata: lasciano aperte, piuttosto, fenditure, spiragli, silenzi. Ogni testo è un frammento sospeso, un’eco che chiede al lettore di rimanere in ascolto, di abitare l’attesa.
Questa nuova prova poetica è una delle più intense dell’autore: non per facilità, ma per profondità. Seta e coltello è un libro che attraversa il lettore, lo mette in discussione, lo invita a tornare sui propri passi, a rileggere, a scavare. Una silloge da percorrere più volte, come si fa con quei luoghi amati che, a ogni ritorno, svelano un dettaglio nuovo, una luce diversa.
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