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LA RECENSIONE

"Parole in volo" nel libro di Laura Maniscalco Blasi

Poesia, narrativa e arte tra le pagine dell'opera letteraria

La copertina del libro, "Parole in volo"

La copertina del libro, "Parole in volo"

"Parole in volo", il romanzo di Laura Maniscalco Blasi, docente, pittrice, poetessa e narratrice, in primo luogo può essere considerato la summa delle espressioni culturali in cui si è sempre mossa l’autrice: la poesia, la narrativa, l’arte, cui si aggiunge la nuova forma di comunicazione, quella dei messaggi su WhatsApp e delle videochiamate su Skype. L’autrice, a mio parere, è lontana dalla communis opinio di quanti criticano i messaggi su dispositivi tecnologici come un veicolo di comunicazione inferiore a quello tradizionale (epistole, telefonate, incontri in presenza, non virtuali). Un tempo si sarebbe scritto un romanzo epistolare (si pensi alle Ultime lettere di Jacopo Ortis, del Foscolo, o al romanzo di Goethe, I dolori del giovane Werther), ma oggi, nel XXI secolo, l’autrice ritiene più coerente con i tempi raccontare, attraverso lo scambio di messaggi su WhatsApp, sul filo invisibile della Rete, la vicenda d’amore dei protagonisti, due persone mature, Simonetta e Stefano, che, lontani fisicamente (lui a Milano, lei a Roma), si riavvicinano appunto grazie alla Rete, e finalmente hanno il coraggio di confidarsi i loro sentimenti, sempre nascosti per pudore o timore o timidezza.

La situazione che si viene a creare è difficile sia per la lontananza e, quindi, la difficoltà di potersi incontrare, sia perché entrambi legati affettivamente alle proprie famiglie, soprattutto ai figli. Ancor più si complica dopo che riescono a stare insieme a Roma, dove lui scende per partecipare a un Convegno di biologi e nutrizionisti  (la professione di lui, mentre lei è un’insegnante di Storia dell’arte), perché lei non riesce a nascondere il suo cambiamento né al marito, che si allontana sempre di più da lei, dietro ai suoi interessi e ai suoi amici, né soprattutto al figlio, che, non tollerando le novità che stanno per sconvolgere la vita della famiglia, decide di andare a vivere con la fidanzata, ad Ostia, di fuggire, quindi, da quello che fino ad allora (il giovane ha ormai 27 anni) aveva considerato il suo nido sereno. Sembra che non ci sia una via d’uscita, ma finalmente, con un finale a sorpresa, Simonetta la trova: andrà via da Roma, andrà a insegnare all’estero, in Polonia, a Varsavia, patria del suo amato Chopin. Come andrà avanti la storia, se continuerà, se finirà, questo è lasciato all’immaginazione dei lettori. 

Gli aspetti più interessanti di questo romanzo sono da una parte la sensibilità con cui viene trattato un tema delicato, quale è quello della crisi dei rapporti familiari, dall’altra la pluralità delle forme di scrittura.

Prevalgono i messaggi su WhatsApp, all’inizio più frequenti, poi meno, in cui i due protagonisti a volte ricordano i tempi della loro adolescenza trascorsi nella natia Taranto, altre volte si confidano sempre più consapevolmente, con semplicità, ma anche con sofferenza per il tempo perduto, quell’amore mai dichiarato apertamente prima.

Nel tessuto narrativo l’autrice inserisce nove poesie, ben integrate nel contesto, anzi, utili a completare, in forma poetica, quindi, in modo molto suggestivo, la vicenda d’amore. Basta leggerne i titoli: Realtà virtuale; Paura di sognare; Stupore di sogni; Poi … più nulla (quasi la dichiarazione di un amore impossibile: “Resta solo un vuoto doloroso nascosto nel cuore”); Attimi fuggenti; Danza d’amore; Ascoltando Chopin (carichi di emozione i versi finali: “Resta per sempre giovane il cuore che vive la musica, pura creazione, eco di cieli lontani”); Nostalgia di ricordi; Come quella fiamma.

Alle sue l’autrice aggiunge all’inizio e alla fine del libro alcune poesie di poeti sicuramente amati da lei e che danno spessore e significato alla sua sensibilità: Federico Garcia Lorca (“Io pronuncio il tuo nome nel buio delle notti”), Hermann Hesse (“Quando la vita chiama, il cuore sia pronto a partire e a ricominciare”), Joyce Lussu (bellissimi versi: “Il lungo sonno è stato prima di averti incontrato, adesso che ti ho trovato non voglio più dormire”).

Ai messaggi e alle poesie si alternano pagine di narrativa tradizionale (in tutto dodici capitoletti), che servono a raccontare in maniera più approfondita quello che i messaggi fanno solo trapelare nella loro brevità, nonché a descrivere meglio i protagonisti, con i loro sentimenti, il loro lavoro, i loro interessi: di lei soprattutto l’amore per l’Arte, per es., dove parla della sua emozione nel visitare a Parigi il Louvre e il Museo Marmottan Monet, del suo pianto di fronte alla Gioconda, della sua ammirazione per Marc Chagall, e la passione per la musica, per Chopin in particolare. I personaggi sono fondamentalmente tre: Simonetta, Stefano, Lorenzo, il figlio di Simonetta; gli altri rimangono più sullo sfondo: Rodolfo, il marito di Simonetta, Alberto, il figlio di Stefano e, ancor più, Angela, la moglie di questi.

Non mancano accenni a problemi di grande attualità, per es. quello della fame nel mondo, della denutrizione e della malnutrizione.

L’autrice ci invita con questo suo romanzo a non ignorare il cambiamento intervenuto nei rapporti sociali, in seguito al progresso della tecnologia, che ha modificato radicalmente il nostro modo di vivere, di interagire, anzi, sembra esortarci a praticare le nuove forme di comunicazione, proprio per poter essere più “contemporanei”, più vicini al mondo in cui vivono i nostri figli, i nostri nipoti.

Aggiungo a queste mie brevi riflessioni sul libro anche una nota di apprezzamento, relativa alla cura dell’editore, meglio, della curatrice della Collana “I chicchi del Melograno”, in cui è inserita quest’opera, Daniela Fontana, cui si deve anche una bella introduzione; degne di attenzione sono anche la prefazione di Ornella Carrino e la postfazione di Anna Masella, quest’ultima arricchita da una lettura approfondita della nostra società, basata sulle analisi del sociologo Zigmunt Bauman.

 Francesca Poretti

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