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L'avvocato
02 Luglio 2025 - 19:14
L’accusa principale nei confronti degli indagati fu quella di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ed alla frode sportiva
Il fenomeno calcioscommesse del 2011, fu un grande scandalo che colpì il calcio italiano, vedendo coinvolti giocatori, dirigenti e società professionistiche.
L’accusa principale nei confronti degli indagati fu quella di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ed alla frode sportiva. Lo scandalo venne alla luce il 1º giugno 2011 quando, a seguito di indagini condotte dalla Procura di Cremona nell’ambito dell’inchiesta denominata “Last bet”, furono eseguiti numerosi provvedimenti di custodia cautelare, nei confronti di varie persone legate al mondo del calcio e a quello delle scommesse sportive.
L’indagine “Last Bet” affronta, forse per la prima volta sul piano strutturale, anche in ragione della contestazione del reato associativo, il fenomeno molto ramificato dell’alterazione degli esiti di competizioni calcistiche appartenenti a campionati ufficiali.
La fattispecie è modellata sulla falsariga del reato di associazione a delinquere, che, come confermato dalla Corte di Cassazione, ha come elemento essenziale del reato l’accordo associativo, creando un vincolo permanente a causa della consapevolezza di ciascun aderente all’associazione di far parte del sodalizio criminale. La legge, peraltro, sembra voler incriminare due condotte: una forma di corruzione, puntualmente determinata, nella sua tipicità, dal legislatore, ed una frode sportiva per così dire generica.
Proprio per arginare tale fenomenologia di illeciti, la legge n.401/1989 sugli «Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestine a tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche» stabilisce, all’art. 1, che, «chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dall’Unione italiana per l’incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito con la reclusione da un mese ad un anno e con la multa da Euro 258 a Euro 1032. Nei casi di lieve entità si applica la sola pena della multa».
Lo scopo della disposizione è quello di impedire l’irruzione nel mondo dello sport delle attività di gioco e di scommesse clandestine. La dottrina ha da subito messo in evidenza come l’attribuzione di un disvalore penale alle condotte di frode nelle competizioni sportive, in collegamento con l’esercizio organizzato abusivo di concorsi pronostici, giochi e scommesse su eventi sportivi, trova ragione nel fatto che esse, oltre a danneggiare spesso interessi finanziari dello Stato, costituiscono uno dei campi d’azione da cui la criminalità organizzata trae sostentamento.
Inoltre, i fatti di corruttela e di frode, a ben vedere, trovano la loro causale nella gestione abusiva di attività organizzate per l’esercizio di concorsi pronostici, giochi e scommesse.
Il bene giuridico tutelato dunque, non ha natura patrimoniale, atteso che l’eventuale alterazione dello svolgimento di concorsi pronostici o scommesse è mera circostanza aggravante, ma si identifica nella salvaguardia, nel campo dello sport, di quel valore fondamentale che è la “correttezza” nello svolgimento delle competizioni agonistiche.
Si tratta, pertanto, di una forma di illecito sportivo che sembra coprire una serie di fattispecie non tutte sovrapponibili alla truffa: nella truffa, infatti, non vi è il fatto corruttivo e l’attività fraudolenta deve essere qualificata da artifizi e raggiri che inducano la parte lesa in errore, comportamenti che non sono, invece, necessari per il reato di cui si tratta. Pertanto, nei singoli casi concreti sarà possibile che la condotta integri il reato più qualificato di truffa, qualora ovviamente ne ricorrano i presupposti, in eventuale concorso con la frode sportiva.
La norma sembra dunque delineare la punibilità di due condotte: una forma di corruzione in ambito sportivo (integrata dalla offerta, promessa od accettazione di denaro od altre utilità per alterare il genuino risultato di una delle competizioni sportive tutelate), puntualmente determinata, nella sua tipicità, dal legislatore, ed una frode sportiva.
Il delitto di frode sportiva, quindi, qualifica come illecito penale, non solo l’offerta di denaro o di altra utilità ai partecipanti a competizioni sportive per raggiungere un risultato diverso da quello naturale, ma contempla anche il generico compimento di “altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo”, che devono essere identificati alla stregua degli atti espressamente individuati “nell’offerta o promessa di denaro o di altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata da alcuna delle federazioni riconosciute dal Coni”.
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