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l'avvocato
09 Aprile 2025 - 15:01
Il caso trae origine da un incidente avvenuto in un parco milanese, dove un bambino di 10 annii, sotto la supervisione del padre, stava imparando ad utilizzare una bicicletta senza rotelle
Con il decreto del gip di Milano del 25 gennaio 2025 è stata disposta l’archiviazione del procedimento penale nei confronti dei genitori di un minore che, guidando una bicicletta, ha urtato una donna anziana causandone il decesso. Il giudice, accogliendo con la richiesta del pubblico ministero, ha escluso la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi necessari per configurare il reato di omicidio stradale (art. 589-bis c.p.), evidenziando l’assenza di condotte imprudenti, negligenti o imperite da parte dei genitori.
Il caso trae origine da un incidente avvenuto in un parco milanese, dove un bambino di dieci anni, sotto la supervisione del padre, stava imparando ad utilizzare una bicicletta senza rotelle. Durante una curva, il minore ha perso il controllo del mezzo, urtando una donna anziana che, cadendo, ha riportato traumi cranici risultati essere fatali e casualmente connessi all’impatto con la bicicletta.
Le indagini hanno accertato che l’evento è stato causato da uno sbandamento improvviso e imprevedibile, senza che il padre, pur presente, potesse intervenire tempestivamente. La dinamica, ricostruita attraverso testimonianze e le consulenze tecniche, ha escluso la presenza di violazioni del codice stradale e ha evidenziato l’assenza di negligenza grave nella condotta del genitore.
Nel provvedimento in commento viene presa in considerazione, inizialmente, la posizione di entrambi i genitori, compresa quella della madre del bambino, non presente in quel momento al parco. E ciò in quanto il gip ha voluto preliminarmente distinguere tra la responsabilità civile dei genitori ai sensi dell’art. 2048 c.c. (culpa in educando) e quella di natura penale, osservando come “per l’accertamento della responsabilità da reato, occorre verificare la sussistenza in capo al soggetto agente della suitas correlata alla commissione del fatto, oltre che l’effettiva integrazione degli elementi oggettivi dell’illecito. Questa distinzione è fondamentale per evitare sovrapposizioni tra le due forme di responsabilità, mantenendo una netta separazione tra il piano sanzionatorio penale e quello risarcitorio civile”.
In particolare, è stato osservato come “secondo la teoria c.d. costituzionalmente orientata, avallata dalla dottrina nonché dalla giurisprudenza più recente, perché possa ritenersi configurata un’ipotesi di responsabilità in forma omissiva ex art. 40 cpv deve individuarsi in capo all’autore del reato la sussistenza di una posizione di garanzia, sorretta dalla previsione legislativa di obblighi di protezione e/o controllo, nonché, onde sfuggire da aprioristici schemi formali, l’effettiva possibilità di intervenire al momento del fatto per impedirne o scongiurarne la verificazione”, escludendo pertanto qualsiasi possibile profilo di responsabilità della madre.
Tanto preliminarmente osservato, e messa in dubbio anche la possibile integrazione del delitto di cui all’art. 589-bis c.p. - in quanto non appare scontato che un vialetto sterrato all’interno di un parco cittadino, pur non recintato, costituisca una strada rientrante nell’ambito applicativo del codice della strada - il gip di Milano ha esaminato la questione della posizione di garanzia del padre ai sensi dell’art. 40 c.p.
Il gip, accogliendo la richiesta di archiviazione del pm, seguendo i canoni ermeneutici, ha ribadito che, affinché possa configurarsi una responsabilità penale omissiva, è necessario dimostrare non solo l’esistenza di un obbligo giuridico di vigilanza, ma anche la concreta possibilità di intervenire per evitare l’evento.
Nel caso di specie, nel decreto in commento è stato sottolineato come il padre, pur trovandosi accanto al figlio, non avesse alcun margine per prevedere o prevenire lo sbandamento repentino della bicicletta. Di talché, alla luce della giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., Sez. IV, n. 38624/2019), secondo cui la posizione di garanzia deve essere valutata alla luce delle circostanze concrete, escludendo responsabilità penali basate su mere presunzioni, è stato rilevato come non possa sussistere alcuna responsabilità, laddove non fosse prevedibile la possibilità di un impatto di qualsiasi tipo.
In particolare, è stato osservato che “il padre, accortosi dello sbandamento del minore, non è riuscito a porre in essere la condotta che avrebbe evitato il verificarsi dell’impatto letale tra la bicicletta guidata dal figlio e la sig.ra, pur trovandosi a fianco del bambino, come espressamente afferma la stessa sig.ra. Una tale circostanza è sintomatica della repentinità dello sbandamento che si è verificato in modo improvviso, non prevedibile né prevenibile”.
Allo stesso modo, non sono state ritenute costituenti prova di eventuali responsabilità le dichiarazioni dello stesso imputato, escusso in sede di sommarie informazioni, il quale ha affermato di aver fatto più volte il giro del parco insieme al figlio e di aver più volte “affiancato” l’anziana signora. Il gip, senza neanche entrare nel merito del contenuto di dichiarazioni che, in un certo senso, potevano avere un contenuto autoindiziante - perché dimostrerebbero la consapevolezza della presenza di una persona anziana che avrebbe dovuto prevedere una particolare prudenza - ha infatti ritenuto inutilizzabili tali dichiarazioni ai sensi dell’art. 63 c.p.p., poiché ottenute senza le dovute garanzie procedurali.
Si tratta di un passaggio di cruciale importanza nel decreto di archiviazione - emesso, è doveroso sottolinearlo, in assenza di opposizione da parte degli eredi della vittima - poiché in essa si evidenzia come l’esame dell’odierno imputato sarebbe dovuto essere interrotto, in presenza di dichiarazioni anche solo potenzialmente autoindizianti, per consentire la prosecuzione in presenza di un difensore nelle forme dell’art. 63 c.p.p.
Osservando, in ogni caso, che, anche qualora le dichiarazioni fossero state utilizzabili, non avrebbero comunque dimostrato una negligenza tale da integrare gli estremi del reato in quanto la condotta finale posta in essere dal bambino non sarebbe comunque potuta essere preventivabile.
In conclusione, si tratta di una decisione che, sulla scorta delle coordinate ermeneutiche tracciate dalla giurisprudenza di legittimità, delinea una corretta scissione tra la responsabilità penale dei genitori ex art. 40 c.p. e quella di natura civilistica a titolo di culpa in educando, operando un giusto bilanciamento tra la tutela della sicurezza collettiva e la ragionevolezza delle aspettative verso i genitori per quanto attiene alla configurabilità di condotte penalmente rilevanti.
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