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L'Avvocato
20 Marzo 2024 - 08:05
Sequestro di crediti illeciti per Superbonus
In materia di frode derivante da indebita fruizione di bonus edilizi, serve un preciso nesso di pertinenzialità tra i crediti Superbonus (o altra agevolazione) incassati a seguito di condotta fraudolenta e le contestate condotte di falso, nel senso che non èx possibile sequestrare l’intero cassetto fiscale di un’impresa ma il sequestro deve essere ‘selettivo’, cioè riguardare solamente i crediti effettivamente illeciti.
Con questo principio, la Corte di Cassazione nella sentenza 7021/2024 ha accolto il ricorso di tre privati, soci di una società di impiantistica elettrica, contro la sentenza che aveva disposto il sequestro preventivo dei crediti di imposta di cui all’art. 119, DL 34/2020 ritenuti apparentemente ceduti alla società, per l’importo complessivo di euro 4.380.556,00 (l’intero cassetto fiscale) in funzione sia impeditiva del reato ravvisato, quanto meno, nella forma tentata, sia funzionale alla confisca diretta del profitto del reato, prevista dall’art. 322-ter cod. pen. Si tratta del caso di un Superbonus 110% per case unifamiliari (villette), quella per la quale vigeva la scadenza del 30 settembre 2022 per la realizzazione di almeno il 30% dei lavori. Si trattava dei lavori di efficientamento energetico su un complesso di case e i tecnici asseverarono il completamento della percentuale sopra indicata: dai controlli effettuati, però, si rilevava che al 30 settembre 2022 non era stata realizzata quella percentuale di completamento, e che quindi il Superbonus era stato fruito indebitamente. Come visto sopra, all’impresa era stato sequestrato tutto il cassetto fiscale, ma i ricorrenti lamentavano che nello stesso c’erano anche crediti ‘correttamente fruiti’, per alcuni effettivi lavori edilizi realizzati.
Si arrivava così in Cassazione, dove i Giudici di Legittimità, ricordando le regole del Superbonus e della cessione del credito/conto in fattura, arrivano poi nello specifico al Superbonus 110% per le villette ricordando che, a fronte delle incertezze interpretative sulla portata di tale norma e, soprattutto, sulle modalità di calcolo della soglia del 30% dei lavori, la Commissione di monitoraggio insediata presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha precisato che la possibilità di fruire, per gli edifici unifamiliari e unità funzionalmente indipendenti e con accesso autonomo dall’esterno, della detrazione del 110% relativa alle spese sostenute entro il 31 dicembre 2022 (poi spostato al 31 dicembre 2023) è subordinata alla condizione che, alla data del 30 settembre 2022, “siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo, nel cui computo possono essere compresi anche i lavori non agevolati ai sensi del presente articolo” (comma 8-bis, art. 119 del D.L. 34/2020). La Cassazione basa dunque l’accoglimento del ricorso sul fatto che i Giudici hanno fornito una motivazione carente e, a tratti, meramente apparente.
A fronte di una misura di sequestro che, senza una puntuale ricostruzione del meccanismo fraudolento addebitabile ai ricorrenti in relazione a ciascuna cessione, ha attinto tutti i crediti di imposta “accettati” dalla società, i Giudici di merito hanno, infatti, omesso di argomentare in ordine al nesso di pertinenzialità tra detti crediti e le contestate condotte di falso. Con motivazione sostanzialmente apparente, l’ordinanza impugnata si è limitata a considerare “assorbenti” rispetto alle questioni dedotte dai ricorrenti le circostanze emergenti dai verbali di sommarie informazioni di alcuni committenti in merito alla mancata esecuzione dei lavori nelle rispettive proprietà o, in ogni caso, al mancato bcompletamento del 30% delle opere alla data dei 30 settembre 2022. Dalle sintetiche argomentazioni del Tribunale - dalle quali sembrerebbe evincersi la falsità della documentazione attestante la realizzazione del 30% dei lavori commissionati - non emerge, tuttavia, alcun elemento che consenta di correlare causalmente tali dichiarazioni ai crediti fiscali oggetto di sequestro.
Inoltre, si è omesso di motivare sulle ragioni per cui il Giudice ha ritenuto che da tali dichiarazioni possa desumersi la falsità della totalità delle operazioni sottostanti ai crediti di imposta vantati dalla società, posto che, come affermato dalla stessa ordinanza impugnata, i proprietari escussi a sommarie informazioni rappresenterebbero solo una parte «dei cantieri» ove avrebbe dovuto operare la società (secondo i ricorrenti tali dichiarazioni riguardano il 25% del cassetto fiscale della società e sarebbero inidonei a documentare l’inesistenza dei lavori relativi ai 132 cantieri in cui opera).
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Testata: Buonasera
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