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L'Avvocato
05 Novembre 2023 - 06:42
Divorzio
Negli scorsi giorni grande spazio ha ottenuto sulla stampa di settore, ma anche attraverso i media ordinari, la notizia del via libera al cosiddetto “divorzio istantaneo”, riassunzione giornalistica che trova il suo fondamento giuridico nella recente innovazione, introdotta con la riforma Cartabia, che concede la facoltà di richiedere, con una unica domanda introduttiva, sia la separazione che il divorzio. Un po’ diverso dall’idea resa attraverso i media del “divorzio istantaneo”, ma comunque una innovazione reale, introdotta come detto attraverso la recente rivisitazione del codice di procedura civile.
Tra le novità della recente riforma del codice di procedura civile c’è dunque il tentativo di velocizzare il contenzioso giudiziale in tema di separazione e divorzio, che rafforza l’intento già da tempo espresso dalla Corte di Cassazione, che aveva indicato nella pronuncia e passaggio in giudicato della sentenza non definitiva di separazione la via di fuga per il coniuge che avesse fretta di divorziare, seppure la causa di separazione fosse ancora pendente. Con il meccanismo del tutto nuovo contenuto nell’art.473 bis 49 cpc ora ci si può rivolgere unilateralmente al Tribunale, introducendo cumulativamente la domanda di separazione e di divorzio.
Nei prossimi tempi vedremo come questo nuovo istituto si comporterà alla prova dei fatti, ma è indubbio che la ratio dell’istituto risponde ad un’esigenza sentita e la struttura è coerente con i principi dell’Ordinamento giuridico. Diverso discorso vale invece per l’estensione del medesimo meccanismo ai procedimenti non contenziosi, ovvero al caso in cui i coniugi abbiano concluso un accordo che implica l’espressione della contestuale volontà di separarsi e divorziare, regolando definitivamente tutti i loro rapporti. Molti avvocati matrimonialisti hanno già espresso in proposito notevole perplessità, in particolare con riferimento alla posizione del coniuge economicamente più debole. Il primo argomento contrario riguarda il fatto puro e semplice che la Riforma non prevede questo istituto, che invece è dettagliatamente regolato con riferimento al solo procedimento contenzioso, ma molte altre considerazioni si aggiungono. In particolare viene osservato il contrasto con la previsione dell’art.160 c.c. sulla nullità dei patti stipulati in vista del divorzio; il principio di improcedibilità di domande il cui accoglimento è subordinato al verificarsi di condizioni non ancora avveratesi; gli imprevedibili effetti della revoca del consenso o dell’impossibilità di confermarlo; l’improcedibilità, fino alla pronuncia definitiva, di eventuali istanze per la modifica delle condizioni indicate nel ricorso.
La Sentenza n. 4311 del 16.10.2023 della Suprema Corte, emessa su rinvio pregiudiziale ex art.363 bis cpc, affronta molti di questi temi, tuttavia non sempre risolvendoli in modo convincente. Ciò che appare ben chiaro è che la Corte di Cassazione ancora una volta privilegia il favor libertatis ed il risparmio tendenziale di energie processuali, al contempo valorizzando l’autonomia negoziale dei coniugi. Occorre però che, nel consolidamento della prassi, tale autonomia concretamente sussista e non accada invece che taluni divorzi eccessivamente “rapidi” finiscano col divenire dei contratti per adesione, in cui la forza contrattuale di un coniuge rende fittizio il consenso dell’altro. Fino ad oggi questo rischio era parzialmente scongiurato dall’ art.160 del codice civile che commina la nullità, tra gli altri, dei patti aventi ad oggetto la futura regolamentazione del divorzio, ed anche dal tempo necessario per la procedibilità del divorzio. Dunque il prossimo futuro sarà la cartina tornasole dei reali effetti della riforma e della sua eventuale applicazione de plano, anche sulle domande congiunte. Una innovazione che, se da un lato rispecchia il principio ispiratore di tutta la “Cartabia”, che è intervenuta (disperatamente), anche sulla scorta di diversi rilievi che nel corso degli anni sono stati mossi dall’unione europea, sulla durata dei processi e dei contenziosi, nel caso di specie presta il fianco alla possibilità che le differenze sociali e la disparità di condizione economica tra i coniugi restringa il piano dei diritti e delle capacità di tutela delle parti più deboli.
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