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Costume e Società

La comitiva perfetta

Tra focaccia che profuma di casa, gite in barca improvvisate e l’amico che si perde sempre: manuale sentimentale di una tribù pugliese

Il giornale dell'estate

c’è il Sud in ogni gesto, la famiglia anche tra amici, il profumo di una terra che, quando ti abbraccia, non ti lascia più

C’è un momento dell’estate pugliese in cui il mare non è solo mare: diventa un salotto a cielo aperto.

La prima ad arrivare è sempre lei, la regina della teglia.

La focaccia la sforna alle sette, la benedice con un filo d’olio e origano e la posa in un contenitore grande come un bagagliaio. Dentro ci sono pomodori come rubini, le olive con ancora il profumo del frantoio, e quella base morbida che sa di casa anche a cento chilometri dalla cucina. Non c’è comitiva senza focaccia.

Poi arriva il capitano.

Non possiede davvero una barca, ma parla come se avesse varato la flotta. «Oggi vento da nord-ovest, prua verso l’insenatura dietro la punta!», e tutti annuiscono, felici di avere una rotta, anche se poi si finisce sempre dove c’è posto per tre ombrelloni, un frigo portatile e il cugino che non tollera la sabbia sotto i piedi.

Il capitano conosce ogni scoglio per nome e saluta i gabbiani come vicini di casa. Se c’è un gommone da noleggiare, lo fiuta a distanza; se non c’è spiega ai più piccoli come nuotare tra i flutti quando il maestrale tiene il ritmo.

A proposito di flutti: nella comitiva c’è sempre il meteorologo, laurea all’università delle chiacchiere da bar.

Prevede il tempo sfogliando il cielo: «Oggi scirocco, suda pure il pensiero», «Domani tramontana, asciuga pure la nostalgia». Qualche volta sbaglia, ma lo fa con stile. Quando la brezza cambia, lui lo capisce dal rumore dei teli che battono l’uno contro l’altro, come bandiere in una piccola parata.

C’è poi il DJ del lido, armato di cassa bluetooth e senso del ritmo incrollabile.

Conosce a memoria i tormentoni di ogni estate: dai juke-box in spiaggia degli anni ’80 alle playlist di adesso. Sa abbassare il volume quando passa la signora dell’ombrellone accanto e alzarlo al tramonto, quando il sole arrossisce di vergogna e la spiaggia diventa una pista improvvisata. Ogni canzone è un brindisi non detto, un «ti voglio bene» a tempo.

Tra i teli stesi c’è l’influencer dei tramonti, quello che fa alzare tutti: «Muovetevi, la golden hour non aspetta».

Organizza la foto di gruppo come un regista, distribuisce compiti («tu tieni la focaccia, tu il cappello di paglia, tu l’anguria»), pretende una scema, una seria, una con occhi chiusi e una con gli abbracci. Quando carica la foto scrive: «Family», e non è una posa - è la parola più vera della giornata.

La nonna sindaco dell’ombrellone governa il perimetro di sabbia con un’autorità dolcissima: «Metti la crema», «Bevi acqua», «Lascia stare quell’onda che ti mangia».

Ha la borsa dei rimedi: aghi e filo, salviettine, cerotti, caramelle alla menta, una foglia di alloro perché «non si sa mai», e una storia pronta per ogni bambino che si avvicina curioso. Se ai più giovani sembra una roccia, è perché lo è davvero: all’ombra della sua parola tutto si sistema.

In mezzo a tanta organizzazione, non può mancare l’anarchico della giornata: arriva in ciabatte spaiate, telo a fiori e occhiali dimenticati in macchina.

Si perde sempre. Ogni mare è un labirinto e ogni lido ha un’uscita segreta che lui imbocca puntualmente. Gli mandi la posizione e lui risponde con la posizione... di ieri. «Sto arrivando», scrive, mentre una famiglia sconosciuta gli offre gentilmente un posto sotto l’ombrellone. Ritorna ore dopo con un racconto epico: «Ho fatto amicizia con uno di Monopoli che ha una barchetta…». È l’eroe distratto che fa succedere le storie.

C’è il campione dei racchettoni, quello che usa la spiaggia come palestra filosofica: «Il segreto è il polso, non la forza». Suda con eleganza e porta a casa il torneo inesistente delle 12:30.

Di fianco a lui, il sindacalista della pennichella difende il diritto al riposo: «Dalle due alle quattro non parlate con me, dialogo con il mare». A volte riesce a dormire anche con la battigia che gli massaggia i talloni; altre volte finge, giusto per dare l’esempio.

Nel grande cerchio delle risate, qualcuno tira fuori la frisella: pane duro, pomodoro, olio, sale e un’idea di cielo nel morso. La comitiva si fa taverna: i cugini aggiungono i taralli, la zia porta le olive schiacciate, il compare apre la schiscetta dei panzerotti che non dovevano esserci ma «come fai a dirgli di no?». Qualcuno sussurra «anguria & sale» e gli scettici, com’è giusto, poi si ricredono.

Il caffè leccese chiude il pranzo con un sorriso freddo di latte di mandorla.

Nel pomeriggio, quando la luce diventa burro e i bambini hanno il naso impanato di sabbia, si vedono figure leggere attraversare l’acqua: il nuotatore d’altura con la cuffia fluorescente e la bracciata regolare, il pescatore di storie che sa dov’è la secca «là, dopo quella roccia che somiglia a una balena», il poeta del lungomare che scrive titoli immaginari per ogni nuvola.

Ognuno è un pezzo di Puglia in cammino: chi verso Torre dell’Orso, chi sogna Gallipoli pur stando fermo, chi ricorda una sera a Polignano in cui l’aria profumava di fritto e futuro.

Verso le cinque si materializza il corriere della granita: due braccia, quattro bustine di zucchero, sei bicchieri di carta, dieci sorrisi. È stanco ma fiero: «Le ho prese tutte al gusto che volevate», e ovviamente ha sbagliato tre ordinazioni, ma chi se ne importa. La comitiva lo saluta come un atleta in volata: «Grande!». Qualcuno promette di offrirgli una birra stasera, al chiosco, «dopo la doccia di sole».

Poi c’è l’addetto alle relazioni esterne, che nella vita quotidiana parla poco ma in spiaggia stringe amicizie tra un ombrellone e l’altro, organizzando partite di beach volley internazionali e coalizioni per difendere il lato ombra quando il sole si inclina. È lui a trattare con il bagnino per una sedia in più, un lettino “solo per oggi”, un posto barca “solo per un’oretta”. Non chiede, costruisce ponti.

Nel tardo pomeriggio, quando la sabbia scotta meno e gli aquiloni smettono di essere spavaldi, arriva la regista dei saluti lunghi: «Dai, raccogliamo… no, aspetta, facciamo un ultimo tuffo».

Mettere via gli asciugamani è la sua tragedia greca; piegarli è un’arte che si ribella al desiderio di restare. Ogni minuto in più è una piccola vittoria di agosto contro il calendario.

E finalmente la barca. Non importa se è un gozzo amico o un gommone a noleggio: quando si sale, la comitiva diventa equipaggio. Il capitano fa finta di consultare mappe invisibili, l’economo del ghiaccio sposta il frigo di dieci centimetri «perché altrimenti sbandiamo», la nonna sindaco si siede a prua e, per un momento, è ragazza di nuovo, coi capelli al vento e gli occhi lucidi. Il DJ mette una canzone che parla di ritorni e promesse. Gli scogli guardano in silenzio. Qualcuno si tuffa, qualcuno resta a guardare, qualcuno conta le onde come fossero segni sul quaderno di scuola.

Quando il sole decide di calare, la comitiva torna a riva con l’allegria di chi ha fatto pace con il tempo. In fila indiana verso le docce, si sentono frasi che sono carezze: «Domani stessa ora?», «Ho ancora due teglie», «Porto io i piatti compostabili», «Uè, non perderti eh!». L’anarchico sorride, promette, e forse domani ce la farà.

Ecco cos’è la comitiva perfetta: c’è il Sud in ogni gesto, la famiglia anche tra amici, il profumo di una terra che, quando ti abbraccia, non ti lascia più.

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