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01 Agosto 2025 - 08:21
ogni grande storia estiva non inizia con un bacio al tramonto, ma con lui: un singolo, minuscolo granello di sabbia
“Legandoti a un granello di sabbia...”.
Forse Gino Paoli, quando scrisse queste parole, non parlava solo d’amore. Parlava di una verità universale che ogni reduce delle vacanze conosce bene
Di una prigionia dolce e inevitabile. Perché ogni grande storia estiva non inizia con un bacio al tramonto, ma con lui: un singolo, minuscolo granello di sabbia
All’inizio è innocente. Ti entra nella ciabatta mentre cammini sul bagnasciuga. Sorridi. Poi lo ritrovi nella borsa, appiccicato alla crema solare. Pazienza.
Ma è solo l’avanguardia di un’invasione silenziosa e inarrestabile. Poche ore dopo, quel granello ha chiamato rinforzi. Te li ritrovi nel letto, nel cruscotto dell’auto, persino dentro il caricatore del cellulare. In un attimo, sei fregato. Da quel momento in poi, è sabbia ovunque.
E non importa quanto tu combatta. Non importa quanto tu abbia sbattuto gli asciugamani con la foga di un domatore di leoni, o scrollato via ogni granello dalla pelle con la precisione di un chirurgo. Hai messo in piedi rituali di decontaminazione prima di salire in macchina che farebbero invidia alla NASA, ma è tutto inutile. La sabbia vince sempre.
Eppure, la sua è una trappola romantica. All’inizio ti seduce. È calda sotto i piedi, dorata, morbida. Soprattutto se è pugliese, con quella sua luce che brilla tra il bianco e l’oro, come una promessa di felicità. È il palcoscenico perfetto: i bambini ci costruiscono castelli, le coppie ci disegnano cuori.
È la materia prima dei sogni. Ma il suo vero obiettivo non è restare lì. La sabbia ha un piano: colonizzare la tua quotidianità. Trasformare la tua borsa mare in un suo avamposto permanente. Insinuarsi nelle cuciture dei costumi, anche dopo tre lavaggi.
E poi c’è l’auto, la sua fortezza inespugnabile. Si annida nei tappetini e sotto i sedili con una tenacia leggendaria. Alcuni sostengono che l’industria automobilistica dovrebbe usare la sabbia delle vacanze del 2012 come test di resistenza per gli aspirapolvere.
Poi, un giorno d’autunno, capisci. La guerra è finita, e hai perso. Ma non ti senti sconfitto.
Capisci che quel granello non è un intruso. È un’ancora.
Ogni particella che ritrovi è un fossile di un momento felice: il sapore di un panino mangiato in fretta, il calore del sole sulla pelle, una risata che il vento ha portato via. È la prova fisica di un tempo in cui ti bastava poco per sentirti libero.
È la memoria che si fa materia.
E così, quando settimane dopo infili una mano nella tasca di un jeans e la senti, o quando la ritrovi a sorpresa tra le lenzuola pulite, non imprechi più. Sorridi.
Quel sorriso non è solo per il ricordo. È un atto di resa, ma una resa dolce, consapevole. È la comprensione che la vera battaglia non è mai stata contro la sabbia, ma contro il tempo che passa. E in questa battaglia, la sabbia è diventata la nostra alleata più fedele.
Abbiamo capito che tentare di eliminarla del tutto sarebbe come tentare di cancellare una cicatrice felice, come lavare via l’inchiostro di un bel ricordo.
Ogni granello non è più un fastidio, ma un frammento di eternità tascabile. Una reliquia di un tempo sospeso in cui le nostre uniche preoccupazioni erano la marea e la giusta dose di crema solare.
Quell’invasione che all’inizio ci sembravauna seccatura si è rivelata per quello che era in realtà: un modo per l’estate di non lasciarci mai del tutto. La sabbia non si è infiltrata solo nelle nostre case e nelle nostre auto. Si è fatta strada più in profondità.
Non è più un promemoria. È diventata parte di noi. Un tatuaggio dell’anima, invisibile eppure percepibile, che scricchiola piano quando la vita di tutti i giorni si fa troppo silenziosa, ricordandoci il suono del mare.
Gino Paoli aveva ragione. Siamo stati legati a un granello di sabbia. E abbiamo scoperto che è il legame più libero che ci sia.
Un piccolo granello per ricordarci quanto è grande il mare che ci portiamo dentro.
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