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CONNESSIONI EMOTIVE

Talsano, il tempo ritrovato tra le bancarelle del mercatino

Dai vinili anni ’70 alle radio a valvole, dai giocattoli di latta ai telefoni a disco, ogni oggetto racconta una storia

Il giornale dell'estate

Nell’area mercatale della zona industriale, la città si dà appuntamento per scovare memorie e piccoli tesori

C’è un’aria speciale che si respira tra le bancarelle del mercatino delle pulci di Talsano, ed è un’aria che sa di tempo. Non solo il tempo meteorologico, che scandisce le ore sotto il sole o all’ombra di un capannone. Ma il tempo che torna, quello che si può tenere in mano, annusare, accarezzare, comprare. Un tempo fatto di oggetti dimenticati e riscoperti, di memorie che riaffiorano tra una copertina sgualcita e una macchina fotografica analogica.

Nell’area mercatale della zona industriale di Talsano, una folla variegata si è data appuntamento per immergersi in questo piccolo universo parallelo dove il nuovo non è cercato, e il valore non è quello dei codici a barre. C’erano famiglie, coppie, appassionati, collezionisti e semplici curiosi. Centinaia di persone hanno affollato la zona fin dalle prime ore del mattino, trasformando lo spazio grigio dell’asfalto in un arcipelago di storie, nostalgie e occasioni.

Lì dove oggi si poggiano bancarelle e teli, un tempo c’erano silenzi e serrande chiuse. Ora, invece, si cammina tra radio a valvole e giradischi, pentole di rame e posacenere d’epoca, francobolli e macchine da scrivere, e si riscopre quanto possa essere prezioso un oggetto che ha già vissuto.

C’è chi cerca l’occasione da rivendere, certo. Ma c’è anche chi passa le dita tra le copertine dei dischi con rispetto, sperando di ritrovare quel 45 giri che girava sul piatto della casa d’infanzia, o chi guarda una fotocamera Instamatic e si ferma, improvvisamente, come se avesse intravisto un parente lontano tra la folla. Ogni banco è una finestra aperta su una memoria personale, un esercizio di archeologia quotidiana.

Sotto il sole, si sentono le trattative a bassa voce. “Quanto vuoi per questo?”, “È originale?”, “Funziona ancora?”. Domande che non cercano solo risposte tecniche, ma cercano connessioni emotive, brecce nella linea del tempo che separa ciò che è stato da ciò che può ancora essere.

Il fascino del mercatino delle pulci non sta solo negli oggetti, ma nella possibilità di raccontare e ascoltare storie. Il venditore che spiega l’origine di un grammofono restaurato. L’anziano che mostra a un bambino come funzionava un telefono a rotella. Il padre che compra un vecchio robot di latta identico a quello con cui giocava da piccolo. Piccoli riti di passaggio tra generazioni, che avvengono tra i banchi, senza cerimonie ma con grande intensità.

Tra le meraviglie di questo mercato c’è anche l’umanità che lo abita. Nessuno è di troppo. Ogni visitatore è parte di un movimento collettivo che ha scelto di resistere alla logica dell’usa e getta, di dare una seconda vita agli oggetti, e in fondo, anche a se stesso.

Ci sono quelli che hanno fatto della ricerca dell’insolito una filosofia. Gli appassionati del vintage, che riconoscono al volo un pezzo autentico, che sanno leggere il valore nelle giunture di una sedia, nel peso di un bicchiere, nell’usura di una copertina. Ma ci sono anche quelli che arrivano senza sapere cosa cercano, e che escono con un sorriso e un oggetto impensabile sotto braccio. Una lampada a olio, un libro anni ’50, una bottiglia serigrafata. Non serviva, forse, ma ora è casa.

E poi c’è la componente viscerale, quella che lega Taranto al suo passato con un filo di rame e polvere. Perché, in fondo, questo mercatino è anche una terapia collettiva, un modo per toccare con mano una città che ha vissuto mille vite, che ha avuto stabilimenti e periferie, grandi sogni industriali e angoli dimenticati.

Recuperare un oggetto significa, a volte, recuperare un’identità, dare un nome a un ricordo, prendersi cura di qualcosa che qualcun altro aveva messo da parte.

Nel vociare che si alza tra un banco e l’altro, tra la musica che proviene da una cassa impolverata e lo sfrigolio di una padella su un fornellino da campeggio, c’è una vitalità che somiglia a una rinascita.

Non quella gridata a suon di eventi o grandi opere, ma quella silenziosa, fatta di piccoli gesti, di presenza, di desiderio di esserci.

Il mercatino delle pulci di Talsano è un luogo che si muove tra resistenza e poesia, tra consumo e memoria, tra passato e riscatto. Non è solo un evento commerciale: è una dichiarazione di affetto per il tempo che passa e per quello che resta.

Perché, come sa bene chi si ferma a rovistare in una scatola di bottoni o in un cassetto di cianfrusaglie, a volte la bellezza non sta nell’oggetto in sé, ma nel gesto di cercarlo.

E forse è proprio questo il segreto: qui non si viene per comprare, ma per incontrare qualcosa che ci somiglia, qualcosa che abbiamo dimenticato di desiderare.

Una città che ritrova se stessa tra le mani di chi sa ancora dare valore a ciò che è stato. E che, in silenzio, continua a raccontarsi senza mai smettere di sorprendere.

Le foto sono a firma di Carmine La Fratta che si ringrazia.

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