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Lavoriamo per il fisco 156 giorni l’anno, a causa di circa 2,5 milioni di evasori

CGIA di Mestre e ISTAT fotografano il peso della pressione fiscale in Italia: tra record storici, tax freedom day e milioni di lavoratori irregolari

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Il peso dei comportamenti elusivi o omissivi è scaricato sul numero di contribuenti onesti, mentre tutti chiedono di poter fruire dei servizi pubblici

E' ancora una volta il centro studi CGIA di Mestre a dare i numeri del rapporto tra pressione fiscale in Italia ed evasione fiscale, informando, tra l’altro, che dal 1995 ad oggi, la pressione fiscale più bassa si è registrata con il Governo Berlusconi II. Da quel momento in poi, purtroppo, è diventato incessante l’aumento del carico fiscale per i cittadini anche per effetto dell’elevato numero di persone che eludono il pagamento delle imposte.

Lavoriamo per il fisco fino al 6 giugno di ogni anno, secondo CGIA di Mestre, e da quel momento in poi possiamo pensare alla nostra vita ed a quella dei nostri familiari. Questo a causa dell’incessante numero di scadenze fiscali previste per persone fisiche e giuridiche e che servono a garantire la retribuzione dei dipendenti pubblici, la cura nelle strutture ospedaliere, il funzionamento della scuola e dell’Università, l’efficienza vera o presunta dei trasporti e la sicurezza sul territorio garantita dalle forze dell’ordine. Il calcolo fornito dall’istituto di ricerca veneto segue questo processo.

La stima del Pil nazionale 2025 è di 2.256 miliardi di euro; tale importo è stato suddiviso per 365 giorni, ottenendo così un dato medio giornaliero di 6,2 miliardi di euro. Dopodiché, sono state estrapolate le previsioni relative alle entrate tributarie e contributive che i percettori di reddito verseranno quest’anno che, si stima, dovrebbero ammontare a 962,2 miliardi di euro. Infine, quest’ultimo dato è stato frazionato al Pil giornaliero. Pertanto, queste operazioni hanno consentito all’Ufficio studi CGIA di determinare il cosiddetto tax freedom day dopo 156 giorni dall’inizio dell’anno, vale a dire il 6 giugno ultimo scorso.

Il dato del numero di cittadini estranei al rapporto con il Fisco è invece fornito da ISTAT.

Il peso dei comportamenti elusivi o omissivi è scaricato sul numero di contribuenti onesti, mentre tutti chiedono di poter fruire dei servizi pubblici. Secondo le ultime stime dell’Istat riferite al 2022, infatti, sono quasi 2,5 milioni le persone fisiche presenti in Italia che sono occupate irregolarmente. Sono uomini e donne che lavorano completamente in nero o quasi; quando operano in qualità di subordinati non sono sottoposti ad alcun contratto nazionale di lavoro. Se, invece, lavorano in proprio, ovviamente non possiedono la partita Iva o se la possiedono non versano le imposte o non lo fanno correttamente.

In valore assoluto il numero più elevato è concentrato in Lombardia con 379.800 unità. Seguono i 319.400 residenti nel Lazio e i 270.200 abitanti della Campania. Se, invece, calcoliamo il tasso di irregolarità, dato dal rapporto tra il numero di occupati irregolari e il totale degli occupati di ciascuna regione, in Calabria registriamo il tasso più elevato pari al 17,1%. Seguono la Campania con il 14,2%, la Sicilia con il 13,6% e la Puglia con il 12,6%. La media italiana è del 9,7%.

Secondo l’istituto di ricerca, analizzando l’andamento della pressione fiscale registrato negli ultimi trent’anni, si evidenzia come il 2005 sia stato l’anno in cui il carico tributario è risultato più contenuto. Sotto la guida dell’allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, la pressione fiscale in Italia si attestò al 38,9% del Pil, 3,8 punti in meno rispetto alla percentuale prevista nel 2025. Allora furono necessari 142 giorni per “liberarci” dal giogo fiscale, ben 14 giorni prima della scadenza prevista nel 2025. Si segnala, inoltre, che anche gli altri quattro anni di quella legislatura furono caratterizzati da livelli di pressione fiscale relativamente bassi; soglie che, purtroppo, in tutto quest’ultimo trentennio abbiamo sempre superato.

Il picco massimo di tassazione fu raggiunto nel 2013 durante il governo Monti, quando il carico fiscale complessivo sul Pil arrivò a toccare il 43,4%, record negativo di sempre.

L’impatto della pressione fiscale tuttavia non si misura solo a causa di nuove tasse ma anche e soprattutto per effetto di incentivi fiscali e sistemi di decontribuzione che producono, a carico della fiscalità generale, un impatto indiretto, sempre a carico dei cittadini.

E negli altri Paesi UE?

Nel 2024 la Danimarca ha registrato la pressione fiscale più elevata dell’UE, con un valore pari al 45,4% del Pil. Seguono la Francia con il 45,2%, il Belgio con il 45,1%, l’Austria con il 44,8% e il Lussemburgo con il 43%. L’Italia si è posizionata al sesto posto con un tasso del 42,6% del Pil. Rispetto ai nostri principali partner economici, abbiamo una pressione fiscale superiore a quella tedesca di 1,8 punti e a quella spagnola addirittura di 5,4 punti. Solo la Francia sta peggio di noi: la pressione fiscale a Parigi è superiore alla nostra di 2,6 punti. La media UE è inferiore a quella italiana di 2,2 punti.

*Dottore Commercialista - Revisore Legale

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