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IL COMMERCIALISTA

Associazioni, chi risponde dei debiti?

Dalle associazioni riconosciute a quelle non riconosciute: una guida chiara ai rischi legali e fiscali per soci e amministratori

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La Corte di Cassazione nel 2009 ha emesso una sentenza importante, la numero 19486

E' consuetudine diffusa organizzare molte attività economiche in forma associativa, commettendo un errore di fondo, ma che tuttavia in qualche modo la legge consente anche sotto il profilo fiscale.

L’abuso di questo strumento provoca conseguenze non sempre facili da gestire specie quando l’economia generata dalla associazione non è di modesta entità.

Le conseguenze sono a carico dei soci e del legale rappresentante e soprattutto in ambito fiscale, con la riduzione dei termini da parte di Agenzia Entrate e Riscossione delle attività di recupero, i rischi sono piuttosto concreti.

In un recente passato il mondo associativo che si organizzava per realizzare profitti in favore degli associati o meno, non aveva obblighi dichiarativi a fini fiscali.
Paradossalmente l’introduzione della fatturazione elettronica ha reso quasi sempre obbligatoria l’apertura di una posizione IVA e di conseguenza l’esercizio di forme di dichiarazione fiscale, come era giusto che fosse.

L’abuso di questo strumento per eludere il fisco ha sostanzialmente raggiunto un punto di non ritorno ma il principale problema resta quello della responsabilità di associati e legale rappresentante di fronte al pagamento dei debiti.

Distinguiamo intanto l’esistenza di due tipi di associazione, quella più diffusa prende il nome di associazione non riconosciuta, è costituita tramite semplice registrazione presso gli uffici di Agenzia Entrate ma non ha un riconoscimento da parte di un ente pubblico preposto (regioni, ministeri o capo dello Stato). È il soggetto associativo più diffuso in assoluto nel nostro ordinamento per facilità di costituzione.

Il secondo tipo è invece qualificato come associazione riconosciuta, perché riceve un riconoscimento pubblico da parte di un ente preposto e con esso una sorta di autonomia patrimoniale che l’assimila ad una società di capitali, a certe condizioni.

L’articolo 38 del codice civile stabilisce che delle obbligazioni sociali risponde il rappresentante legale della associazione personalmente e solidalmente ma anche in concorrenza con l’associazione e le persone che hanno agito in nome e per conto del sodalizio.
Il rappresentante legale della associazione non è pertanto il solo soggetto responsabile verso i terzi del soddisfacimento delle obbligazioni sociali.

La catena di funzionamento del processo di assunzione delle responsabilità partirà quindi dal ruolo del legale rappresentante in concorrenza con il patrimonio della associazione e in via solidale, che significa che l’escussione dei debiti può avvenire in danno sia del legale rappresentante che in danno del patrimonio associativo per l’intero importo dovuto e non parzialmente. La norma tuttavia riconosce una porzione di responsabilità anche a coloro i quali, non necessariamente nell’esercizio della funzione di legale rappresentante, compiono atti in nome e per conto della associazione.

La Corte di Cassazione nel 2009 ha emesso una sentenza importante, la numero 19486, nella quale afferma che occorre verificare sempre quale sia stata l’attività negoziale svolta per conto della associazione e da chi.

Rispetto alla responsabilità primaria della associazione con il suo patrimonio, risponde dei debiti contratti chi ha agito per conto della stessa ed è onere di questo ultimo soggetto dimostrare che ha agito per conto dell’ente e non per se stesso.

Il carattere solidaristico della responsabilità, sancito per legge, permette sempre al terzo di rivalersi verso colui che ha intrapreso l’azione senza fare riferimento diretto al patrimonio della associazione.

Spetta al soggetto aggredito, il legale rappresentante appunto o colui che ha agito per conto della associazione, rimandare al patrimonio sociale l’escussione dei debiti, come spetta a quest’ultimo anche dimostrare di aver agito per conto della associazione e non per se stesso.

Il caso dei debiti fiscali non discende da un atto contrattuale ma dalla legge. Questo significa che per i debiti fiscali non possibile discernere tra rappresentante legale e colui che ha amministrato di fatto la società.

Questo limite comporta che la responsabilità per i debiti fiscali ricade sempre sulla associazione e sul legale rappresentante che era in carica al momento in cui il debito è sorto.

La responsabilità anche in questo caso è solidale. Compete in toto su ciascuno dei due soggetti salvo la possibilità per entrambi di rivalersi sull’altro.

Se è possibile esprimere un suggerimento certamente quello dell’uso indiscriminato del tipo associativo per svolgere attività economiche con l’idea di eludere il fisco è una scelta assai sbagliata, nel merito, sotto il profilo della legalità e anche nei risultati che finiscono spesso per ritorcersi contro chi intende proseguire per questa strada.

Attenzione inoltre alle associazioni nelle quale la gestione è demandata ad un consiglio direttivo o di amministrazione perché all’interno di essi la responsabilità legale può essere suddivisa e plurima.

*Dottore Commercialista - Revisore Legale

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