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Nuovo Ente per riscuotere i tributi locali

Obiettivo: semplificare il sistema, ridurre gli arretrati e rafforzare l’autonomia finanziaria dei Comuni, tra opposizioni e criticità operative

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Il nuovo Ente dovrebbe avere a disposizione sia la tecnologia già presente a livello nazione in campo informatico, sia quella messa a disposizione da SOGEI

Un nuovo Ente per la riscossione dei tributi locali è quanto in previsione del Governo e del Ministro Giorgetti che, nel corso di una audizione in Commissione Parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, sottolinea quanto il tema del recupero di IMU, TARI ed altri tributi locali sia diventato una urgenza nazionale.

Le nuove modalità di riscossione potrebbero passare o per una riorganizzazione dell’Agenzia Entrate Riscossione o per l’istituzione di un Ente ad hoc dedicato esclusivamente a questa funzione e con personale specializzato in materia.

Il nuovo Ente dovrebbe avere a disposizione sia la tecnologia già presente a livello nazione in campo informatico, sia quella messa a disposizione da SOGEI, rafforzando l’interoperabilità delle banche dati.

Il decreto sui tributi locali approvato a maggio tuttavia non prevede la costituzione di un Ente specifico e i Comuni, attraverso l’ANCI, fanno sapere di non essere d’accordo ad una centralizzazione di questi processi.

E tuttavia le intenzioni del Governo sono esattamente di segno opposto, partendo dal fatto che dal prossimo anno, l’autonomia regolamentare dei Comuni in materia di IMU scomparirà e la normativa sarà esclusivamente nazionale. Cosicché non ci saranno più aliquote differenziate a seconda delle scelte dei singoli consigli comunali ma una unica normativa in tutto il Paese, che regoli il sistema di funzionamento di una imposta che pesa enormemente sui bilanci dei Comuni. E questo tema è ben noto sia alle amministrazioni locali, sia al Ministero dell’Economia e delle Finanze e potrebbe sottendere l’intenzione del Governo di rendere autonome le finanze comunali in dipendenza di quei tributi, senza più il sostegno dell’IRPEF.

Allo stato attuale, secondo Giorgetti, il complesso dei ruoli comunali che sono affidati all’Agenzia della Riscossione ammonta a 25 miliardi di arretrati. Di questi solo 6 miliardi sono esigibili. La restante parte si reputa irrecuperabile. E secondo le sue stesse affermazioni, l’incapacità di riscuotere è spesso il preludio al dissesto dei conti e di conseguenza, non essere più in grado di svolgere le proprie funzioni ed erogare servizi indispensabili ai cittadini.

La proposta tuttavia del Ministro Giorgetti, di integrare i sistemi di recupero fiscale nazionali con quelli concessi agli enti locali non è nuova. È già dal 2020 che gli enti locali hanno accesso ai dati dell’anagrafe dei conti correnti in modo da poter avviare eventualmente azioni di recupero nei tempi previsti.

Secondo le parole di Giorgetti, “la normativa che si riferiva ad una situazione di 20 o 30 anni fa oggi non è più fattuale. O c’è l’incapacità dei Comuni di gestirsi in casa loro o l’Agenzia delle Entrate Riscossione tra perseguire 250 euro di Tari e 250.000 di Irpef probabilmente dedica energie da un’altra parte. Come è adesso, abbiamo chi funziona benissimo e chi non funziona affatto, non è più accettabile perché crea discriminazione non solo tra enti ma anche tra cittadini”.
Intanto il decreto approvato a maggio già anticipa qualcosa; è consentito agli enti locali di introdurre autonomamente forme di definizione agevolata con eventuale esclusione o riduzione di interessi e sanzioni e di inviare lettere di compliance e avvisi bonari per facilitare l’adempimento spontaneo, proponendo anche sconti su aliquote e tariffe in caso di versamento con addebito diretto sul conto corrente. Prevista anche una maggiore proporzionalità nelle sanzioni su Imu, Tari, imposta di soggiorno e contributo di sbarco e semplificazione degli adempimenti Imu.

Perché tuttavia il sistema non regge?

Perché le imposte locali sono di fatto delle imposte patrimoniali, che determinano la base imponibile essenzialmente in relazione alla proprietà immobiliare e non sempre la proprietà immobiliare è sinonimo di capacità contributiva.

Quando il tema si sposta sulla TARI non è la proprietà immobiliare a determinare la base imponibile ma il possesso dell’immobile e così in questa platea rientrano tutti coloro i quali abitano o usano una abitazione o un bene immobile, senza esserne necessariamente proprietari.

Così nella ipotesi di mancato pagamento del tributo da parte degli utilizzatori, si dovrebbe risalire ai proprietari per avviare il recupero delle imposte. E questo dilata enormemente i tempi di accertamento e di riscossione.

Stesso tema è nel caso di cittadini che vivono in abitazioni di proprietà pubblica.

E ancora il possesso di un bene immobile non dà certezza della volontà del cittadino di pagare le imposte, sia esso incolpevole o meno, e anche in termini di riscossione il problema diventa piuttosto complesso.

Una azione esecutiva su beni immobili per il valore di una annualità IMU o TARI è pressoché impraticabile e molto più onerosa del valore del recupero in sé per sé.

Si deve attendere che il valore complessivo dell’indebitamento del cittadino superi una certa soglia per arrivare a ragioni di intervento e intanto i tempi di prescrizione sono dietro l’angolo.

Probabilmente la ratio della riforma fiscale, che voleva mettere fine a questo sistema riportando la tassazione nell’alveo della progressività impositiva, era la soluzione da praticare.

*Dottore Commercialista - Revisore Legale

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