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Pensioni 2024
11 Settembre 2024 - 06:40
Manovra Fiscale
Ancora poche settimane al varo della manovra fiscale per il 2025 e si susseguono gli aggiornamenti sulle possibili modifiche al sistema contributivo che rappresenta uno dei perni centrali del Bilancio dello Stato. Il primo capitolo riguarda i dipendenti pubblici che potrebbero restare a lavoro su base volontaria oltre i 67 anni di età senza dover fare apposita richiesta. In pratica la permanenza sarà automatica a meno di fare apposita richiesta di pensione in uscita.
La ragione di questa scelta dipende essenzialmente dall’elevato numero di richieste di pensionamento che stanno lasciando sguarniti gli uffici pubblici di personale ad alta competenza per via dei diversi incentivi all’esodo. La tempistica della emissione di nuovi bandi assunzionali richiede molto tempo e le nuove assunzioni non avrebbero la formazione apicale richiesta a copertura di diverse funzioni. Secondo fonti giornalistiche romane, la misura in questione dovrebbe entrare in manovra o essere addirittura anticipata in base alle necessità. Si tratta di un intervento riservato ai dipendenti del pubblico impiego e non aperto alla sfera dei lavoratori del settore privato.
Secondo tema di discussione riguarda la copertura previdenziale delle giovani generazioni che, secondo le intenzioni del Governo, dovrebbe essere assicurata attraverso un massiccio uso della previdenza integrativa in aggiunta a quella obbligatoria. In quest’ottica l’esecutivo sta pensando di far scattare un nuovo intervento sul TFR, che nel caso dei neoassunti per una fetta (del 20-25%) verrebbe destinato obbligatoriamente ai fondi pensione, sulla falsariga della proposta lanciata dalla Lega nelle scorse settimane. Per tutti gli altri lavoratori verrebbe invece dato il via a una nuova fase di “silenzio-assenso” (probabilmente di 6 mesi) per destinare su base volontaria il TFR alla previdenza complementare, così come suggerito anche dal ministro del Lavoro, Marina Calderone.
La questione riveste temi di legittimità in quanto tecnicamente il TFR è nella disponibilità esclusiva del lavoratore per legge e non esiste alcuna forma costituzionalmente rilevante che possa superare questo diritto del lavoratore. Imporre per legge la destinazione ai fondi della previdenza integrativa è una questione complessa sebbene ci sia da dire che molti di essi raggiungono livelli di efficienza nei rendimenti molto superiore alla sola giacenza presso il lavoratore. Le preoccupazioni del Governo tuttavia non sono infondate perché la continuità contributiva per molte nuove generazioni di cittadini non è assicurabile, il sistema di contribuzione non assicurerà una pensione dignitosa nel futuro e il peso del costo delle pensioni sul Bilancio dello Stato è ancora assai rilevante rispetto alle entrate contributive. In altri termini sono ancora molte le risorse prelevate dalla fiscalità generale a copertura delle uscite per pensioni.
Quanto agli altri temi, dovrebbe non subire alcuna variazione l’uscita anticipata dei lavoratori contributivi. Sempre sul versante “giovani” potrebbe arrivare qualche altra misura pensionistica. Ma sul canale di uscita anticipata per i lavoratori contributivi (quelli che sono in attività dal 1° gennaio 1996) con 64 anni e 20 di versamenti non ci dovrebbero essere novità: l’importo “soglia” del trattamento, previsto per utilizzare questa via, dovrebbe rimanere fissato a 3 volte l’assegno sociale (2,8 volte per le donne e 2,6 per quelle con 2 o più figli), come stabilito dall’ultima legge di bilancio. Il governo è orientato anche a confermare nel 2025 il meccanismo di rivalutazione delle pensioni per fasce, introdotto per il biennio 2023-24, senza quindi tornare a quello a “scaglioni”. In questo caso sembra però destinata a scattare una nuova stretta sulle pensioni d’importo più elevato: l’indicizzazione piena continuerà ad essere garantita solo per i trattamenti fino a 4 volte il minimo.
Per le pensioni basse si andrà avanti con la super-rivalutazione assicurata quest’anno e, se ci saranno risorse disponibili, non è escluso qualche ulteriore ritocco. La decisione sulla flessibilità in uscita sarà presa soltanto dopo la presentazione del Piano strutturale di bilancio, attesa a metà settembre. Con la prossima legge di bilancio non ci saranno interventi a vasto raggio, ma il governo non ha rinunciato all’idea di una complessiva riorganizzazione del sistema previdenziale.
Al momento, l’ipotesi più gettonata è di confermare anche nel 2025 gli strumenti in funzione quest’anno nell’attuale versione, come Quota 103 e Ape sociale, magari con alcune piccole rivisitazioni. Qualsiasi misura sui pensionamenti anticipati sarà in ogni caso vincolata all’adozione del metodo di calcolo contributivo. Seguiremo l’evoluzione delle scelte che il Governo intenderà adottare anche se il clima politico sulla materia si fa piuttosto complesso con tensioni in seno alla maggioranza per via di diverse vedute sulla materia.
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