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Il commercialista

"Rottamazione Quater", rate non pagate per 5,4 miliardi di euro

La fotografia della Corte dei Conti certificata con una relazione pubblicata il 28 giugno scorso

La sede della Corte dei Conti a Roma

La sede della Corte dei Conti a Roma

Ammonta a 5,4 miliardi di euro il valore delle rate scadute e non pagate della rottamazione fiscale nel 2023, lo certifica la Corte dei Conti, con una relazione pubblicata il 28 giugno scorso che, tra le altre cose avverte che solo il 20% degli accertamenti dell’Agenzia Entrate viene realmente riscosso. Il restante 80% non viene pagato e probabilmente non lo sarà mai.

Divertente pensare che gli investimenti per l’applicazione della intelligenza artificiale al fisco italiano, che già ammontano a diversi milioni di euro, non cambiano di una virgola i problemi della riscossione, anzi li peggiorano, alimentando un vizioso circuito di presunti crediti da riscuotere che non recupereremo mai. La buona notizia è che nel 2023, quantomeno, risono ridotti gli atti di accertamento. Probabilmente dopo la sbornia post covid ci si è resi conto che non ci sia più nulla da accertare. La Corte dei Conti, nella relazione generale sui conti dello Stato fa presente che la riscossione dei ruoli demandata alla Agenzia Entrate Riscossione - ex Equitalia - ha comportato un recupero straordinario di 14,8 miliardi di euro, un importo eccezionalmente elevato derivato dalla attività ordinaria e dal recupero delle prime due rate della nuova definizione agevolata - rottamazione quater.

A fronte di questo incasso superiore alla media, sembra però che lo strumento non sia completamente efficace. In troppi casi parrebbe, a parere della Corte dei Conti, che la rottamazione si sia configurata come uno strumento per “prendere tempo” rispetto al recupero di somme sostanzialmente impossibili da portare nelle casse dello Stato. In sostanza, ritiene la Corte di giustizia contabile, 5,4 miliardi di rate scadute nel 2023 non sono state versate e probabilmente una grande parte della adesione alla rottamazione è stata finalizzata a ritardare le azioni esecutive che generalmente l’Agenzia delle Riscossione mette in atto. La crescita principale delle entrate tributarie relative ai controlli deriverebbe essenzialmente dalle lettere di compliance inviate ai cittadini - si tratta di inviti alla adesione spontanea rispetto a errori o omissioni dichiarative e tributarie. Preoccupa invece il fatto che le azioni di recupero generali della evasione fiscale inizino a diventare particolarmente inefficienti. Gli strumenti per sfuggire al fisco restano numerosi per ovvietà e rispetto al valore complessivo dei maggiori accertamenti, solo il 20% finisce nelle casse dello Stato.

Per fare un paragone rispetto al passato, la Corte dei Conti fornisce i dati della riscossione per esempio sulle comunicazioni di irregolarità, rispetto al passato: nel solo periodo 2018, il recupero da comunicazioni di irregolarità è stato di 3,1 miliardi di euro. Nel 2019 il recupero da comunicazioni di irregolarità è stato di 4,3 miliardi di euro. Nel 2020 di soli 1,4 miliardi di euro. Tra i tanti strumenti di verifica fiscale, le comunicazioni di irregolarità sono semplici lettere indirizzate ai contribuenti nelle quali si segnalano orrori nelle dichiarazioni fiscali o omissioni di versamento delle imposte già dichiarate. Anche in questo caso, la media di recupero delle imposte da comunicazioni di irregolarità non supera il 20%. Le motivazioni sono diverse e andrebbero indagate, secondo la Corte dei Conti. La prima riguarda la possibile aspettativa che prima o poi intervengano nuove rottamazioni. La seconda, più realistica, è che semplicemente i contribuenti abbiano dato fondo alle proprie risorse anche a seguito degli esiti economici della Pandemia da Covid19 e attendano la riscossione ordinaria pagando rate più piccole. La terza è che desistano completamente dalla possibilità di pagare decidendo di restare debitori a vita, spesso perché privi di redditi o di beni patrimoniali da aggredire. Gli accertamenti fiscali nel 2023 in ogni caso scendono. Da 267 mila registrati nel 2019 a 175 mila nel 2023.

Per accertamento fiscale si intende un procedimento di verifica fiscale a tutti gli effetti, non preceduto da lettere di compliance o da avvisi bonari. La riduzione si deve probabilmente alle difficoltà di organico della Agenzia Entrate, che in effetti ha dovuto provvedere in questi ultimi mesi a reclutare, in tutta Italia, circa 4 mila nuove unità. La Corte dei Conti fa anche presente che rispetto alla enorme mole di dati fiscali raccolti dai cittadini, l’integrazione degli stessi nelle fasi di accertamento fiscale non si è mai completamente realizzata e questo comporta che i costi sostenuti per la gestione di questi sistemi non siano ripagati dal maggior recupero dovuto alle verifiche realizzate.

Uno spaccato complesso quello che viene delineato dalla Corte dei Conti che si somma a problemi più generali nel Bilancio dello Stato, come più volte si è accennato anche da queste pagine. La questione paradossale è che gli accertamenti non riscossi finiscono per gonfiare il Bilancio dello Stato dal lato dei crediti da incassare oltre a costituire somme non certe ed esigibili. Un ripensamento generale del sistema era affidato alla riforma fiscale in atto. Ancora purtroppo con scarsi esiti.

*Dottore Commercialista
Revisore Legale

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