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Il commercialista
13 Dicembre 2023 - 07:12
È atteso per il 18 dicembre prossimo l’incasso di circa 11 miliardi di euro in tutta Italia, quale saldo della imposizione IMU che colpisce il valore di seconde abitazioni, negozi e uffici.
L’imposta municipale, sebbene incassata dall’Erario viene devoluta direttamente ai Comuni, costituendo di fatto la spina dorsale principale del bilancio di tutti gli enti municipali del Paese. Rari sono i casi di variazione di aliquota, mentre per ormai quasi tutti i Comuni d’Italia la stessa resterà inalterata così come era alla precedente scadenza di giugno. Basterà quindi replicare l’importo già pagato con un nuovo modello F24 o un nuovo bollettino postale. Il dato negativo, che nella Città di Taranto sperimentiamo a dire il vero da molti anni, è che ormai l’aliquota ha raggiunto quasi ovunque il 10,6 per mille, addirittura 11,04 nelle comunità in cui l’IMU è stata addizionata alla TASI già a partire dal 2019. In numeri si tratta di circa l’1% del valore rivalutato delle rendite immobiliari di ogni cittadino.
In 10 anni significa devolvere alle amministrazioni municipali il 10% dello stesso valore e questo a prescindere dalle capacità di reddito dei cittadini e cioè dalle loro vere possibilità di sostenere questi oneri che non sono di poco conto. Se si pensa che il Governo Draghi da tempo lavorava su una rivalutazione delle rendite catastali per avvicinarle ai valori di mercato, tendenzialmente questo effetto non potrà che produrre un incremento della base imponibile e conseguentemente un ulteriore aggravio delle imposte per tutti i proprietari di immobili ulteriori rispetto alla abitazione principale. E’ un tema che pesa notevolmente sul mercato immobiliare in tutta Italia ma in particolare modo nelle città il cui mercato è meno attivo per effetto della contrazione della popolazione. Ne è scaturita una straordinaria competizione tra Comuni in cui quelli più attrattivi dal punto di vista delle opportunità economiche sono anche quelli in cui il mercato corre rapidamente e consente di coprire anche gli oneri fiscali. Al contrario i Comuni in forte contrazione di popolazione in tutta Italia, Taranto è tra questi con una stima al 2032 di riduzione della popolazione a circa 150 mila cittadini secondo ISTAT, corrono il rischio a breve di non poter fare pienamente affidamento sul prelievo derivante dalla proprietà immobiliare per tenere in piedi il Bilancio e i servizi. Le motivazioni alla base della rivalutazione delle rendite risiede anche in questa prospettiva.
L’alternativa, in verità già suggerita dalla UE ma per mere ragioni di bilancio, sarebbe aprire la tassazione anche alle abitazioni principali. Da tempo in ogni caso la contrazione degli investimenti nel mercato immobiliare si accompagna alla fine di un modello di investimenti. Investire nel mattone nella prospettiva di non essere in grado nel lungo periodo di gestire le spese di mantenimento e anche quelle fiscali non è più una priorità degli italiani - sul punto è utile ricordare che oltre l’IMU il carico fiscale per i cittadini è accompagnato anche dal peso della TARI che tra le altre cose non ha importanti vincoli di aliquota marginale e cioè può essere innalzata di volta in volta asseconda delle esigenze di bilancio dei Comuni diversamente da quanto avviene per l’IMU la cui soglia massima (il 10,6 per mille) è fissata da una legge dello Stato. Tornando in ogni caso a tema delle aliquote, dal sito delle Finanze - l’unico ad avere valore legale - risultano oltre 6.600 Comuni che hanno approvato delibere Imu per il 2023, quasi tutti al rialzo. Il riscontro va fatto caso per caso, perché prevalgono le conferme o i piccoli ritocchi, ad esempio in tema di abitazioni locate o determinazione del valore delle aree fabbricabili.
Attenzione, poi, ai circa 200 municipi che hanno pubblicato la delibera dopo il 28 ottobre: in questo caso la decisione non è valida. Le delibere di quest’anno, comunque, sono ancora a schema libero, perché il debutto della “griglia” ministeriale è stato ulteriormente rinviato all’anno d’imposta 2025. Dal 2025 infatti i Comuni non saranno completamente liberi di definire le delibere di approvazione, che va rammentato sono di competenza dei Consigli Comunali e non delle Giunte Municipali, ma dovranno adattarle ad un modello ministeriale preciso. Lo scorso anno gli incassi dei Comuni italiani sono stati di circa 17,9 miliardi di euro, tra acconto e saldo ai quali va aggiunta la quota riservata all’Erario per gli immobili di categoria D, circa 3,7 miliardi di euro su 1,7 milioni di immobili censiti. La stima per il 2023 è portata a 22 miliardi a seguito dell’incremento delle aliquote deliberate, per una soglia di 11 miliardi solo nella occasione del saldo di dicembre. Ancora fuori imposizione restano 19,8 milioni di prime case e 13,9 milioni di pertinenze. Pagano invece i possessori di abitazioni sfitte, circa 5,7 milioni, di case affittate, circa 3,6 milioni e di uffici e negozi per circa 2,7 milioni. Non versano i proprietari di casa occupate abusivamente. Dal 2023 almeno loro, se hanno denunciato il reato, saranno esentati.
*Dottore Commercialista - Revisore Legale
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