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Il commercialista

Nuove regole per la riscossione, 1.153 miliardi da recuperare

Ci sono circa 23 milioni di debitori

Tasse

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Sono circa 1.153 miliardi di euro i crediti incagliati che lo Stato non riesce a recuperare, quasi la metà del debito pubblico per circa 23 milioni di debitori, lo certifica l’Agenzia Entrate Riscossione e nella delega fiscale si cercano nuovi sistemi per recuperare una massa di denaro fondamentale per il funzionamento dei servizi pubblici.

E’ un problema non solo di tenuta finanziaria ma anche di credibilità del sistema. Secondo le fonti della Riscossione, al netto di tutte le procedure già attivate, comprese rottamazioni, saldo e stralcio, debitori falliti, deceduti e nullatenenti, al 31 dicembre 2022 sono irrecuperabili totalmente 114,18 miliardi di euro. Nella Delega Fiscale sono previste dieci mosse specifiche per migliorare questo sistema. Si inizia da un principio generale che sarà quello di mettere in comunicazione banche dati e sistemi informatici di tutte le Agenzie Fiscali italiane per ridurre i costi. Già oggi questo processo è attivo tra il funzionamento del MEPA e quello della Riscossione. Secondo step riguarderà il rapporto con i contribuenti prevedendo la stabilizzazione della rateazione massima a 120 rate per tutti i debiti fiscali gestiti dalla Riscossione. Sarà poi annualmente il MEF ad indicare alla Agenzia della Riscossione le procedure di recupero da effettuare per ogni contribuente in relazione al valore economico delle cartelle esistenti. Stando alla delega fiscale inoltre ogni anno l’Agenzia della Riscossione procederà al discarico automatico dei ruoli inesigibili escludendo quelle per le quali sono in corso procedure esecutive, concorsuali, transazioni fiscali o rateizzazioni. Una volta che il credito fiscale sarà automaticamente cancellato l’ente creditore potrà riaffidare sempre all’Agenzia della Riscossione il recupero delle somme ammesso che ci siano nuovi elementi reddituali o patrimoniali a suggerirne la procedura o rivolgersi a concessionari privati, con una procedura di gara ad evidenza pubblica, ma con le stesse regole della riscossione coattiva.

Per spingere al massimo sulla riscossione pubblica, l’Agenzia della Riscossione dovrà notificare entro nove mesi dalla ricezione del ruolo, la cartella esattoriale e sempre secondo i piani annuali concordati con il MEF definire gli atti interruttori della prescrizione. Altre tre mosse saranno messe in campo per regolare i tempi della riscossione. In conformità con la pianificazione concordata con il MEF saranno standardizzati i tempi di recupero, la trasmissione telematica delle informazioni relative alla attività di recupero svolta e verrà disciplinata una attività transitoria rispetto ai tempi di recupero di quanto è già stato affidato alla Agenzia della Riscossione. Si pongono poi limiti al contenzioso tributario rivolto contro l’Agente della Riscossione. La responsabilità dell’agente della riscossione sarà contestabile solo in presenza di dolo o per colpa grave con riferimento alle regole di salvaguardia del credito - come per esempio il tentativo tempestivo di notifica della cartella - da cui scaturisca la decadenza o la prescrizione del credito stesso. Il tema resta comunque di profonda attualità e preoccupazione.

Sempre stando alle stime dell’Agenzia della Riscossione sono circa 300 mila gli italiani che devono al Fisco oltre 500 mila euro ciascuno per un totale di 795 miliardi di euro. C’è il tema delle società fallite o ormai estinte sul cui recupero è quasi impossibile attendersi risposte. C’è il tema dei nullatenenti, almeno sulla carta, che però operano spesso attraverso intestazioni fittizie di beni e redditi. C’è il tema delle risposte che dovremmo dare alla Unione Europea in materia di recupero delle imposte laddove parte di questa vicenda si lega ai finanziamenti del PNRR. C’è un tema culturale e civico inoltre che riguarda la generale riluttanza degli italiani verso il rispetto delle regole anche e soprattutto in materia fiscale e c’è pure il tema del costo dello Stato che scoraggia gli investitori quando circa la metà dei propri redditi viene assorbita dal carico fiscale, sia quello diretto che quello indiretto. Perché anche sulla tassazione indiretta - l’IVA specificamente - ci sarebbe tanto da approfondire. Le fasce dei consumatori più povere, quando anche non riescano a contribuire nella dimensione della produzione dei redditi, lo fanno certamente attraverso i consumi pagando l’IVA ogni volta che effettuano un acquisto.

Come tale IVA viene versata nelle mani delle imprese che poi devono riposizionare i pagamenti verso lo Stato. C’è ancora il tema dell’IRAP, abolita per le imprese individuali ed i professionisti ma rimasta in essere per le società e gli enti non commerciali. Con essa si finanzia la sanità regionale e di conseguenza dove ci sono più imprese e più società, maggiore sarà l’incasso di queste risorse salvo un meccanismo di perequazione nazionale che dovrebbe aiutare le regioni più povere. In altri termini la riforma fiscale che si avvicina è una riforma che deve fare i conti necessariamente con il costo dello Stato. Necessariamente.

Francesco Andrea Falcone
Dottore Commercialista - Revisore Legale

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