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Il commercialista

Con il caldo record, si può chiedere la cassa integrazione. Ecco come

Sostegno ai lavoratori esposti a condizioni atmosferiche proibitive

Troppo caldo per lavorare

Troppo caldo per lavorare

Tema diffuso in questi giorni riguarda il caldo record e la condizione dei lavoratori esposti a condizioni atmosferiche troppo complicate per consentire loro di operare dignitosamente. L’INPS ha risposto immediatamente alle polemiche sorte sulla stampa nazionale, garantendo che gli istituti della Cassa Integrazione sono operativi in favore di queste categorie esposte di persone e indicando le modalità operative di accesso alla misura. Contestualmente anche l’Ispettorato Nazionale del Lavoro è intervenuto per fornire indicazioni.

Con la nota 5056 dello scorso 13 luglio 2023 infatti, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito le indicazioni per lavoratori e datori di lavoro sul rischio caldo. L’informazione e la prevenzione sono i primi interventi per limitare al massimo le conseguenze negative delle temperature estreme negli ambienti di lavoro. Ulteriori interventi a tutela dei lavoratori devono tenere in considerazione gli orari, le mansioni, il luogo di lavoro e le caratteristiche del singolo lavoratore. Nel caso di temperature superiori a 35° è possibile richiedere la cassa integrazione guadagni ordinaria, con causale “eventi meteo”. Con il messaggio 2729 del 20 luglio, l’INPS ha fornito precisazioni sui fattori che incidono sulla “temperatura percepita”, a cui bisogna fare riferimento per la richiesta. L’INAIL indica anche quali sono le attività maggiormente a rischio, ovvero quelle che comportano attività non occasionali all’aperto. I settori coinvolti maggiormente sono: l’edilizia civile e stradale, in particolare i cantieri e i siti industriali; il comparto estrattivo; il settore agricolo e della manutenzione del verde; il comparto marittimo e balneare.

Le valutazioni di rischio per l’individuazione e l’adozione da parte del datore di lavoro di misure di prevenzione e protezione, in linea con l’art. 28 del d.lgs. n. 81/2008, devono tenere conto dei seguenti fattori: gli orari di lavoro che comprendono le ore più calde, specialmente la fascia compresa tra le 14.00 e le 17.00; le mansioni, specialmente quelle che richiedono un intenso sforzo fisico e l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale; il luogo di lavoro; la dimensione aziendale; le caratteristiche del singolo lavoratore, ad esempio l’età, la salute lo status socioeconomico e il genere. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro tra l’altro non trascura di prendere in considerazione le linee guida dell’INAIL sul tema e i dieci interventi principali suggeriti dall’Istituto assicurativo: designare una persona che sovrintenda al piano di sorveglianza per la prevenzione degli effetti dello stress da caldo sulla salute e sulla sicurezza e l’adeguata risposta; identificazione dei pericoli e valutazione del rischio; formazione; strategie di prevenzione e protezioni individuali per i lavoratori; riorganizzazione dei turni di lavoro; rendere disponibili e accessibili aree ombreggiate per le pause; favorire l’acclimatazione dei lavoratori; realizzazione del “sistema del compagno”; pianificazione e risposta alle emergenze; misure specifiche per i luoghi di lavoro in ambienti chiusi.

I suggerimenti dell’Ispettorato Nazionale di Lavoro in ogni caso rimarcano la necessità prima di informare i lavoratori e poi di ricorrere alla cassa integrazione in caso di continuativa esposizione al rischio. Nel caso di temperature elevate registrate dai bollettini meteo o percepite in virtù della particolare tipologia di attività, si può chiedere la CIGO con causale “eventi meteo”. La richiesta può essere effettuata nel caso in cui si rilevino temperature superiori a 35°. Nella domanda e nella relazione tecnica, l’azienda deve indicare le giornate di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. Dovrà essere specificato il tipo di lavorazione in atto nelle giornate in questione ma non è necessario fornire dichiarazioni che attestino la temperatura o bollettini meteo. L’INL ribadisce, inoltre che: “Indipendentemente dalle temperature rilevate, la CIGO è riconosciuta in tutti i casi in cui il responsabile della sicurezza dell’azienda dispone la sospensione delle lavorazioni in quanto ritiene sussistano rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i casi in cui le sospensioni siano dovete a temperature eccessive (circolare Inps n. 139/2016 e messaggio Hermes Inps n. 1856/2017).”

La richiesta di cassa integrazione ordinaria può essere effettuata anche nel caso in cui la temperatura non sia superiore a 35°. Lo spiega l’INPS nel messaggio numero 2729 dell’INPS del 20 luglio. L’Istituto specifica, infatti, quanto di seguito riportato: “Va, tuttavia, ricordato che anche temperature inferiori a 35° centigradi possono determinare l’accoglimento della domanda di accesso al trattamento ordinario qualora entri in considerazione la valutazione anche della temperatura c.d. “percepita”, che è più elevata di quella reale.” Nella determinazione della “temperatura percepita” incidono due fattori: la temperatura; il tasso di umidità. La richiesta di cassa integrazione può essere inoltre presentata anche in presenza di temperature inferiori a 35°, la valutazione deve infatti tenere conto anche: della tipologia di lavorazione in atto; delle modalità con le quali la stessa viene svolta l’attività stessa.

Francesco Andrea Falcone
Dottore Commercialista - Revisore Legale

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