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Il ricordo

Fonseca, un intellettuale europeo

L'eredità di "don Cosimo"

Addio a Cosimo Damiano Fonseca

Fonseca, un intellettuale europeo

Ci sono notizie che non vorresti mai ricevere e dare, anche se sono inevitabili; come quella della scomparsa di mons. Cosimo Damiano Fonseca, spentosi nella sua abitazione-biblioteca di Massafra pochi giorni dopo aver compiuto 93 anni. Certo, una bella età, raggiunta peraltro in piena lucidità intellettuale, anche se da anno circa col fisico estremamente debilitato: ma ci sono persone che vorremmo fossero eterne.

“Don Cosimo”, come lo chiamavano familiarmente in tanti, era una di queste. Uomo di Chiesa (ordinato sacerdote a 22 anni con dispensa papale rispetto all’età canonica di 24), uomo dell’Università ma anche uomo delle istituzioni, Accademico dei Lincei, principe dei medievisti non solo italiani, docente universitario (Storia medievale, alla Cattolica di Milano, a Lecce, a Bari e in Basilicata, e Storia del cristianesimo a Bari), preside di Facoltà a Lecce, Magnifico Rettore fondatore del’Università degli Studi di Basilicata, vicepresidente della Conferenza dei Rettori delle Università italiane, membro del Consiglio universitario nazionale, fondatore di importanti istituzioni culturali e deciso assertore di una definizione inizialmente molto contrastata e poi accolta nel mondo scientifico, quella di “civiltà rupestre”, apparente ossimoro perché al vivere in grotta si associava ancora una visione di primitiva barbarie...

Non è facile per me ricordarne la figura, per una amicizia familiare e personale di antichissima data (peraltro eravamo anche alla lontana imparentati), quando da bambini lui, mia madre ed altri ragazzini giocavano per i vicoli di Massafra. E non è facile anche perché ricondurre a sintesi l’opera di questo gigante della cultura internazionale è pressoché impossibile. Ma ci proverò egualmente.

Le tappe accademiche di Fonseca sono sicuramente importanti (in Basilicata è tuttora venerato, perché fu con la fondazione dell’Ateneo – i lucani, e per loro il gran padre politico della Basilicata, Emilio Colombo, avevano la vista lunga... – che iniziò la ricostruzione non solo edilizia ed economica ma culturale della Regione, dopo il devastante sisma del novembre 1980), come fondamentali sono le istituzioni culturali da lui volute, dal Centro internazionale di studi gioachimiti (sulle opere di Gioacchino da Fiore), del quale è stato direttore scientifico e poi presidente del comitato d’onore dal 1984 al 2021, all’Istituto Internazionale di Studi Federiciani del CNR dedicato allo studio dei monumenti di Federico II di Svevia al Centro Studi Melitensi, con sede in Taranto, che si occupa di studi sull’Ordine dei Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, più noto in breve come Ordine di Malta, alla  Scuola di specializzazione in Archeologia classica e medievale di Matera, che ha diretto per alcuni anni. E’ stato ideatore e condirettore dell’Enciclopedia Fridericiana della Treccani, vicepresidente del Centro di studi normanno-svevi dell’Università di Bari e vicepresidente del Comitato nazionale per le celebrazioni dell’ottavo centenario della nascita di Federico II.

Per quel che riguarda incarichi istituzionali, ha presieduto il Consorzio universitario jonico di Taranto, non riuscendo però purtroppo a garantire lo sviluppo dei corsi universitari che avrebbe voluto. Ma il nostro resterà eterno, fra i più importanti intellettuali della seconda metà del XX secolo, per i suoi studi sulla “civiltà rupestre”: compresa la stessa definizione violentemente avversata e poi accolta universalmente dalla comunità scientifica: dozzine di volumi, centinaia di saggi e di articoli, e la fondazione di quei Convegni internazionali di studi sulla civiltà rupestre che hanno gettato luce su quel vivere in grotta che non era solo degli eremiti e su quelle pitture nelle chiese rupestri che non erano tutte dovute ai monaci basiliani. Una prima sintesi, divulgativa, di questi temi, illustrata da un ricchissimo corpus fotografico di quel mago dell’obiettivo che è stato Ciro De Vincentis, è nello splendido volume “Civiltà rupestre in Terra jonica” (con prefazione del suo Maestro Cinzio Violante), che fa parte del trittico, sontuosamente stampato da Carlo Bestetti per la Provincia di Taranto, allora presieduta da Franco Muschio Schiavone, che comprende “In terra di Taranto” di Adriano Prandi e “Il tesoro di Taras (il museo nazionale di Taranto” di Carlo Belli. A quel pionieristico volume han fatto seguito numerosi libri e saggi, e gli Atti dei Convegni internazionali di studi sulla civiltà rupestre: un monumento cartaceo “perenne più del bronzo”.

Di lui ci resta quindi una ingente produzione scientifica, una carriera accademica che ha prodotto, tra l’altro, sviluppo dei territori ed allievi di valore, ma anche il ricordo di un uomo di profonda umanità, alieno, come tutti i veri, grandi Maestri, da qualsiasi boria e supponenza: cordiale, disponibile al rapporto con gli studenti come con un pubblico generalista, generoso; con in più una grande capacità comunicativa che gli consentiva di divulgare anche argomenti di altissima cultura parlando un linguaggio facilmente comprensibile anche ai non addetti ai lavori.

Fra i simboli di questa disponibilità mi piace ricordare come accettò di slancio di tenere la prolusione 11 anni fa al convegno semiserio “Le tradizioni degli Universitari dal Medio Evo ad oggi. La Goliardia”, organizzato da alcuni club service e da Ordini goliardici, cantando insieme coi goliardi, coi quali – nei loro parodistici paramenti –  sedeva al tavolo di presidenza, il Gaudeamus, l’inno internazionale degli universitari; e come avesse accettato quest’anno, per la seconda edizione di quel convegno, nell’impossibilità di presenziare, di inviare un beneaugurante saluto.

Perché, come i grandi della cultura, il grande Fonseca sapeva sorridere anche di se stesso.

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