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Taranto
16 Marzo 2025 - 10:00
Le parole di Vito Crisanti, responsabile della sezione di Taranto dell’Anta
Sono oltre 4.000 le firme raccolte a Taranto e provincia dalla sezione locale dell’Anta, Associazione nazionale per la tutela dell’ambiente, per scongiurare la realizzazione di un dissalatore sul fiume Tara, un progetto mastodontico da 100 milioni di euro, che potrebbe causare l’ennesimo scempio ambientale in un territorio già fortemente deturpato da scelte rivelatesi nel corso degli anni improvvide e sconsiderate.
Un vero e proprio grido di allarme per far comprendere ai tarantini che la proposta, partorita dall’Aqp e sino ad ora apertamente appoggiata dalla Regione Puglia, comporterebbe una drastica riduzione della portata del fiume Tara, con conseguente distrazione delle risorse idriche a scopi estranei allo sviluppo agricolo del comparto jonico. Il responsabile della sezione di Taranto dell’Anta, Vito Crisanti, è impegnato in questi giorni insieme ad un gruppo di volontari, a sensibilizzare l’opinione pubblica su quella che viene ritenuta una scellerata deriva amministrativa, sostenuta da forti interessi politici ed economici. L’ultima parola, infatti, per l’avvio operativo del progetto, resta ancorata al volere della Regione, detentrice della maggioranza delle quote societarie dell’Aqp. Con spirito di servizio e animati dalla ferma volontà di contribuire a salvaguardare il futuro delle nuove generazioni, gli attivisti dell’Anta, con un proprio banchetto, saranno presenti sino a fine mese in via D’Aquino nel capoluogo, e poi in provincia a Mottola, Palagiano, Massafra, Crispiano e Montemesola.
Il dottor Crisanti sta spendendo le sue energie e le sue competenze per spingere un numero sempre maggiore di cittadini a manifestare il dissenso al progetto, portando argomentazioni non solo tecnico-scientifiche, ma basate anche sulla profonda conoscenza del territorio e delle sue criticità.
“Realizzare un nuovo dissalatatore sul fiume Tara ci sembra una scelta inappropriata perché, spiega, il territorio è già costellato di piccoli e medi invasi per i quali è stato speso denaro pubblico senza che le opere fossero ultimate; mi riferisco all’invaso del Pappadai, tra Fragnagnano e Carosino, terminato nel 1984 e mai collaudato, a quello di Monte Castello del comune di Montemesola, e ad altri situati tra Massafra, Mottola e Castellaneta”. Come associazione riteniamo più opportuno riparare le grandi condotte di acqua potabile esistenti e di competenza dell’Aqp, utilizzando moderne tecnologie non invasive, e come tali dal peso economico più contenuto, e raccogliere con invasi e bacini di laminazione le acque piovane e delle dei canali del bacino idrografico del Mar Piccolo”. Un esempio di spreco è rappresentato dall’impianto di sollevamento delle acque alla sorgente del Fiume Galeso, realizzato a fine degli anni ‘50 e tutt’ora in stato di abbandono, che avrebbe potuto integrare le risorse idriche canalizzate dall’AQP per il 30 per cento a fini irrigui e non solo.Il progetto del dissalatore sul Tara, invece, prevede la realizzazione di imponenti strutture, canalizzazioni per oltre 14 chilometri, l’abbattimento di centinaia di ulivi secolari e la produzione di grandi quantitativi di rifiuti. L’impatto per l’ambiente sarebbe disastroso. Crisanti, dottore in Scienze forestali, progettista del Parco letterario del Fiume Galeso, che ha richiesto una messa in sicurezza e la bonifica dello stato dei luoghi, ricorda anche la realizzazione, circa 40 anni fa, di un altro dissalatore alla foce del Fiume Chidro, mai entrato in funzione e ridotto ad uno scheletro di ruggine che ha irrimediabilmente deturpato uno dei siti più belli e caratteristici della costa jonica occidentale. Tutti questi dati dovrebbero suggerire all’ente Regione di fare un passo indietro. Se le posizioni non accennano a subire variazioni, sebbene prima del commissariamento, il Comune di Taranto avesse espresso un “no” secco alla realizzazione del dissalatore sul Tara, la motivazione reale sarebbe da ricercare nel peso degli interessi in gioco.
Il pensiero va agli “stakeholder” francesi, intenzionati a espandere la propria influenza non solo all’agroalimentare italiano, ma anche al settore impiantistico correlato. La proposta sostenuta da Acquedotto Pugliese, per cui sono stati messi a disposizione fondi in parte provenienti dal Pnrr, prevede la costruzione di un impianto capace di dissalare mille di acqua al secondo, destinati a potabilizzare le acque salmastre del fiume, ma, nonostante siano contemplate misure di compensazione ambientale, le quaranta associazioni ambientaliste contrarie, tra cui Anta, Legambiente e “Giustizia per Taranto”, continuano a mantenere una posizione fortemente critica e scettica.
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