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Il paradiso delle signore

La serie televisiva scopre il bisso ma dimentica Taranto

Documenti storici attestano come, nelle principali corti europee, nel ‘700 e nell’800, fossero ben conosciuti ed apprezzati i tessuti in bisso provenienti da Taranto.

La serie televisiva scopre il bisso ma dimentica Taranto

Nelle ultime puntate della seguitissima serie televisiva italiana, trasmessa su Rai 1, Botteri, lo stilista del “Il paradiso delle Signore”, nella competizione commerciale con il concorrente “Galleria Milano Moda” ha riscoperto il prezioso bisso, il tessuto, con cui saranno realizzati i ricami dell’abito di punta per la collezione Costa Smeralda.

Sarà forse quest’ultima ad aver indotto gli scrittori della trama ad attribuire la produzione del prezioso filato alla Sardegna dimenticando Taranto?

Tuttavia la lavorazione del bisso a Taranto è molto antica.

Taranto lega al mare e alle sue ricchezze la propria storia millenaria e non a caso la fama dei mitili tarantini era nota sin dall’epoca greco-romana. Fra questi, due in particolare, la Pinna nobilis ed il Murice sono più volte citati in testi classici come fonti per la produzione di tessuti pregiati e di una tintura preziosa, la porpora, derivata dalla tradizione fenicia. Con particolare riferimento al bisso marino si trovano notizie di tessuti realizzati molto probabilmente con questa fibra in Crisippo Solense, Quinto Settimio Florenzio Tertulliano e Panfilo Alessandrino. Aristotele, vissuto fra il 384 a.C. ed il 322 a.C., conosceva bene la “Pinna nobilis” al punto che nel suo trattato sulla Storia degli animali descrive con precisione il mollusco bivalve e il suo ciclo vitale. In varie altre fonti si narra che personaggi illustri di epoca romana solevano indossare toghe dall’aspetto aureo poiché, all’impatto con la luce solare o con riflessi di luci artificiali, la bruna e bronzea tonalità del tessuto si illuminava di riflessi dorati, caratteristica che è tipica del bisso.

Taranto, come le attribuiscono le fonti storiche, nell’Italia meridionale, è stata il centro di una fiorente lavorazione, al punto che in epoca classica era famosa per le tarantinidie.

Tarantinidion, fu una una veste impalpabile, filata con il bisso marino, e decantata in tutto il Mediterraneo durante i fasti della Magna Grecia. Documenti storici attestano come, nelle principali corti europee, nel ‘700 e nell’800, fossero ben conosciuti ed apprezzati i tessuti in bisso provenienti da Taranto.

Ciò che rimane oggi ad attestare la raffinata manifattura del bisso di Taranto è costituito da un centinaio di pezzi: alcuni custoditi in prestigiosi musei del mondo, mentre altri, la maggior parte, si trovano in Italia, ma in questo caso spesso mal custoditi e non fruibili dal pubblico. Possiamo ricordarne alcuni: al Museum für Naturkunde di Berlino si possono ammirare un paio di guanti prodotti dai ciuffi di Pinna Nobilis quale dono fatto dal vescovo di Taranto nel 1822 al re Federico Guglielmo II che visitò Napoli nello stesso anno. Al Field Museum of Natural History di Chicago è esposto un manicotto acquistato da Taranto nel 1893 per l’esposizione mondiale di Chicago. Si tratta di una lavorazione cosiddetta “a pelliccia” con i ciuffi di fibra cuciti interi, strato su strato, su di un tessuto di base, il cui risultato è una pelliccia che brilla dei dorati fili di bisso. Altri reperti molto più antichi si possono trovare in antiche chiese Europee o in esposizioni museali incamerati a seguito di fortuiti ritrovamenti in scavi archeologici.

Sarebbe doveroso che una citazione della nostra città, in tal senso, fosse recuperata nelle prossime puntate.

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