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Taranto e la siderurgia
28 Aprile 2024 - 08:01
“Ripartiamo dalla siderurgia, stiamo recuperando quello che sembra del tutto compromesso, cioè lo stabilimento siderurgico più importante d’Europa. Io sono convinto che saremo in condizioni già quest’anno di delineare un piano di rilancio della siderurgia italiana che è alla base dell’industria manifatturiera del nostro Paese”, è quanto assicura il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso
Parlando della politica industriale del Governo, il Ministro ha detto che “Lunedì abbiamo diverse riunioni convocate a Palazzo Chigi, in particolare quella relativa allo sviluppo del risanamento e rilancio degli stabilimenti dell’ex Ilva. In quella sede presenteremo il piano industriale e finanziario per il rilancio dello stabilimento”.
La nomina dei tre Commissari di altissimo livello, apprezzate su scala nazionale ed internazionale, di per se non costituisce la soluzione di un fenomeno industriale che rimarrà nella storia del Paese come il dramma sociale, ambientale e territoriale, pregno di gravi responsabilità, da addebitare ai Governi Conte 1, Conte 2 e Draghi.
Il centro siderurgico di Taranto era il primo impianto d’Europa con una potenzialità di 10 milioni di tonnellate di acciaio all’anno; oggi ci siamo ridotti ad una soglia di appena 1,3 milioni di tonnellate. Un impianto con una occupazione diretta ed indiretta che aveva raggiunto circa le 25.000 unità lavorative ed oggi, invece, assistiamo all’assurda presenza di circa 20.000 disoccupati.
Il mondo della informazione parla di tutto, si interessa a tutto, segue le campagne elettorali e gli scandali regionali ormai diffusi sull’intero territorio nazionale (Puglia, Piemonte, Sicilia), ma di questa emergenza, che più volte ho definito la “bomba sociale”, se ne occupano solo i quotidiani locali.
Pochi giorni fa abbiamo appreso, attraverso vari comunicati, che le condizioni in cui versa Acciaierie d’Italia sono molto complicate ed in particolare il centro opera con un ritmo produttivo che, proiettato sull’anno, porterebbe ad una produzione, al massimo, di 1,3 milioni di tonnellate di acciaio, l’equivalente di appena il 20% di quei 6 milioni di tonnellate con cui la ex ILVA raggiungerebbe l’equilibrio.
Devo riconoscere che l’unico primo atto significativo è quello prodotto dai tre Commissari Giancarlo Quaranta, Giovanni Fiori e Davide Tabarelli. Dopo anni di irresponsabile vuoto, in poco tempo, hanno elaborato un Piano di azione che, a mio avviso, si configura come il primo Piano industriale. Un Piano che potrebbe sbloccare il famoso prestito ponte da 320 milioni di euro. Poi ne servono, per evitare la stasi dell’impianto, almeno altri 600 milioni. Le banche, si legge in un ultimo comunicato, sono in attesa che fra Roma e Bruxelles si sblocchi il prestito ponte che insieme ai 120 – 130 milioni di euro di crediti in dote all’ex ILVA, rappresentano la disponibilità di risorse da cui tentare di ripartire.
Parliamo di questi importi: 120 milioni di euro, 130 milioni di euro, 320 milioni di euro, 600 milioni di euro... sono cifre lontanissime dai 4 – 5 miliardi da mettere a disposizione subito da parte dello Stato e da parte della Unione Europea. Evitiamo di illuderci e di illudere l’intero sistema economico ed evitiamo di vivere, ormai per sempre, utilizzando la Cassa integrazione.
I tre Commissari sanno bene che non è possibile superare questa emergenza senza un impegno immediato e certo di risorse pubbliche, sanno benissimo che senza una garanzia piena da parte del Governo, già nell’assestamento di bilancio, cioè entro il prossimo 30 giugno, ci si avvia verso un processo irreversibile di triste sopravvivenza di qualcosa che non ha neppure più senso definire centro siderurgico.
Torniamo di corsa a parlare di questa emergenza perché è una emergenza che non coinvolge solo Taranto e la Regione Puglia. E’ un dramma socio economico che coinvolge il Paese e, sicuramente, i tre Commissari potranno elevare questa loro esperienza a scala comunitaria. Dopo la scandalosa esperienza di questi passati cinque anni, sarà bene che si costruisca un vero Piano dell’acciaio a scala comunitaria.
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