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Innovazione. L'inchiesta

I mestieri che non temono l’intelligenza artificiale

L’impatto dell’IA sul mondo del lavoro rischia di avere serie ripercussioni ma non per tutti

L'allarme del Fondo Monetario Internazionale: «L'intelligenza artificiale avrà un impatto sul 60% dei posti di lavoro»

L'allarme del Fondo Monetario Internazionale: «L'intelligenza artificiale avrà un impatto sul 60% dei posti di lavoro»

L’impatto dell’intelligenza artificiale potrebbe avere serie ripercussioni sul mondo del lavoro. Ci sono mestieri che, però, non temono la nuova era.

Recentemente, infatti, uno studio condotto dall’Università della Pennsylvania ha analizzato l’impatto delle tecnologie Gpt sul mercato del lavoro.

«I nostri risultati indicano che circa l’80% della forza lavoro statunitense potrebbe subire l’impatto dell’introduzione dei Gpt su almeno il 10% delle proprie mansioni lavorative, mentre circa il 19% dei lavoratori potrebbe subire l’impatto di almeno il 50% delle proprie mansioni - si legge nella ricerca - L’influenza si estende a tutti i livelli salariali, con i lavori a più alto reddito potenzialmente più esposti». Ma, viene evidenziato nello studio «considerando ogni lavoro come un insieme di mansioni, sarebbe raro trovare un’occupazione per la quale gli strumenti di IA potrebbero svolgere quasi tutto il lavoro».

Ad essere più al sicuro, sempre secondo questo studio, sono i lavori manuali: idraulici, elettricisti, meccanici, macellai e chef (solo per citarne alcuni). Sarebbero queste le attività lavorative meno esposte all’avvento dell’intelligenza artificiale.

Incontriamo Vincenzo Vitti, fabbro, nella sua bottega di piazzetta San Francesco, nel cuore della Città Vecchia, a pochi passi dalla sede dell’Università. «Ho ereditato questa passione da mio padre, anche lui era fabbro. Anzi, a dirla tutta, mio nonno faceva il carpentiere in Arsenale». La sua attività è cambiata nel corso degli anni, adeguandosi alle esigenze del momento. «La richiesta di “carpenteria leggera” è diminuita parecchio dopo la pandemia. Le lavorazioni per la realizzazione di porte, cancelli e scale a chiocciola, ad esempio, hanno subito una flessione a causa dell’aumento dei costi delle materie prime - osserva Vincenzo Vitti - Ovviamente bisogna considerare la concorrenza sleale degli abusivi, molti dei quali, fuoriusciti dalle grandi aziende a seguito di vertenze occupazionali. Loro realizzano un prodotto a prezzo inferiore perché non pagano le tasse».

Il fabbro Vincenzo Vitti nella sua bottega di piazzetta San Francesco, nel cuore della Città Vecchia

Le innovazioni tecnologiche hanno, giocoforza, modificato anche il lavoro dei fabbri. «La mia attività ha subìto una evoluzione. Quando ho iniziato, circa trent’anni fa, lavoravo il ferro battuto. Purtroppo è diventato un prodotto poco apprezzato perché costa troppo. Si deve assemblare. Oggi si utilizza lo “stampato”. Si possono realizzare disegni di qualsiasi tipo, magari con il taglio al plasma. Mi appoggio a grandi aziende in possesso di macchinari tecnologicamente avanzati per effettuare lavori di verniciatura e zincatura. Una cosa deve essere chiara - precisa Vincenzo - il taglio può farlo la macchina ma il lavoro fabbrile lo continua a fare la mano. Ma i fabbri sono diventati pochissimi. Mi chiamano a tutte le ore del giorno per l’apertura di serrature ma anche per ripristinare portoni e cerniere».

Non sarà solo l’intelligenza artificiale a fare selezione. Per capire se un mestiere avrà futuro bisognerà guardare anche... ai giovani.

«Ho due figli. Spero si affacceranno a questo mondo, ovviamente dopo aver studiato. Sarebbe bello che qualcuno portasse avanti la mia attività. È un mestiere che, se fatto bene, ti dà un notevole riscontro. Ci sono parecchie famiglie che mi chiedono: “puoi far venire mio figlio in bottega? Così impara il mestiere”. Purtroppo, con dispiacere, devo rispondere che non posso. Una mano mi farebbe comodo ma accogliere dei ragazzi comporta un costo elevato. Ecco perché credo che sarebbe necessario introdurre degli incentivi, degli aiuti economici, per permettere agli artigiani di prendere giovani in bottega. Solo così potremo garantire sopravvivenza ai mestieri più antichi».

Incentivi per la formazione ma anche lotta all’abusivismo. «Come mai gli abusivi lavorano e gli artigiani lavorano meno? Ve lo dico io: dobbiamo fatturare al 22%. Poi ci si lamenta che la gente evade le tasse. Bisogna ridurre drasticamente l’Iva per poter permettere a tutti di pagare. Ecco come si combatte l’abusivismo».

Non meno di due mesi fa, ad intervenire nel dibattito sull’influenza dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro è stato il Fondo Monetario Internazionale. «L’intelligenza artificiale avrà un impatto sul 60% dei posti di lavoro nelle economie avanzate - ha dichiarato Georgieva Kristalina, direttrice generale del Fmi - Siamo sull’orlo di una rivoluzione tecnologica che potrebbe far ripartire produttività, stimolare la crescita globale e aumentare i redditi in tutto il mondo e che potrebbe anche sostituire i posti di lavoro e approfondire le disuguaglianze».

Georgieva Kristalina, direttrice generale del Fmi

«Il rapido progresso dell’intelligenza artificiale ha affascinato il mondo, suscitando sia eccitazione che allarme, e sollevando importanti domande sul suo potenziale impatto sull’economia globale. L’effetto netto è difficile da prevedere, poiché l’IA si diffonderà attraverso le economie in modi complessi. Quello che possiamo dire con una certa sicurezza è che avremo bisogno di elaborare una serie di politiche per sfruttare in modo sicuro il vasto potenziale dell’IA a vantaggio umanità».

Sull’argomento abbiamo ascoltato anche il parere di Fabio Paolillo, segretario provinciale di Confartigianato Taranto.

«E’ importante essere subito chiari: gli imprenditori non devono temere l’intelligenza artificiale, ma sfruttarne le tante potenzialità. Va creato un ponte flessibile e intelligente, basato sulla consapevolezza che il valore e lo spirito artigiani, e la creatività e l’energia dei suoi imprenditori, sono un capitale fondamentale per il territorio, che ne costituiscono pietra angolare della sua identità e piattaforma per il suo futuro, nel quale l’intelligenza artificiale sarà un elemento imprescindibile. L’impatto dell’intelligenza artificiale sarà presto pari, se non superiore, a quello del digitale con tempi di penetrazione in ogni ambito della nostra esistenza straordinariamente più rapidi - evidenzia Paolillo - Ora il compito principale, anche nostro oltre che del mondo scientifico, deve essere quello di spiegare cos’è l’intelligenza artificiale, di cui si è parlato molto in questi mesi nei media, e ragionare, consapevoli che tutto si muove molto velocemente, sulle sue prospettive e implicazioni per gli artigiani, come cittadini e come portatori e creatori di valore. Il quadro che emerge è, non poteva essere altrimenti, straordinariamente complesso e variegato, come complessi e mutevoli sono i sentimenti che queste tecnologie così potenti e pervasive suscitano».

Fabio Paolillo, segretario provinciale Confartigianato

«C’è la curiosità e le aspettative, legate a quello che una potenza di calcolo ed elaborazione di mole umanamente inconcepibili di conoscenza potrà fare per contribuire a risolvere problemi della complessità che ormai sfuggono ai normali processi “umani” di gestione della conoscenza: dalla scoperta di nuove molecole e di nuovi vaccini alla soluzione di grandi problemi epocali come il cambiamento climatico. C’è il panico verso scenari millenaristici, troppo spesso evocati con eccessiva leggerezza, in cui le macchine diventeranno più intelligenti degli umani e ci si ribelleranno. Scenari che continuiamo a pensare stiano meglio nei libri di fantascienza che nel dibattito pubblico sulla tecnologia, che ha bisogno di molta razionalità e sangue freddo».

«Non neghiamo che c’è la preoccupazione verso gli impatti di tecnologie tanto più rapide e pervasive delle precedenti sui nostri sistemi economici e sociali, a partire dal lavoro – osserva il segretario di Confartigianato - Ma non è tempo per rimuginare, è tempo di conoscere, riflettere ed agire».

«Innanzitutto fissiamo bene la situazione: l’intelligenza artificiale è un mezzo, non è il fine. Non va temuta, ma va governata dall’intelligenza artigiana per farne uno strumento capace di esaltare la creatività e le competenze, inimitabili, dei nostri imprenditori. Non c’è robot o algoritmo che possano copiare il sapere artigiano e simulare l’anima dei prodotti e dei servizi belli e ben fatti che rendono unico nel mondo il Made in Italy. Di fronte a questi cambiamenti, i protagonisti del valore artigiano devono innanzitutto rivendicare con orgoglio la loro identità. Proprio l’identità, infatti, sarà un valore sempre più raro e prezioso nel mondo che l’intelligenza artificiale renderà ancora più standardizzato in termini di prodotti e servizi. Per questo dobbiamo essere sempre vigili e farci ascoltare ogni qualvolta questa standardizzazione, e la violenza della tecnologia, mettono in dubbio i valori e l’economia che si fonda sull’impresa diffusa e sul saper fare e la creatività umane, anche predisponendo, e questa è la proposta di Confartigianato, un marchio che contraddistingua i beni e i servizi “Human Made”.  I nostri artigiani devono essere consapevoli, non solo delle sfide, ma di loro stessi e del loro valore, imparando la lezione fondamentale del digitale: la conoscenza è una risorsa straordinaria. Il saper fare artigiano è un sistema di conoscenza straordinario, troppo spesso dato per scontato».

«Ogni processo, ogni esperienza, ogni pezzetto di sapere aziendale conta e non deve essere sprecato, questa è la grande lezione del digitale prima e dell’intelligenza artificiale oggi. Per questo conta come lo si gestisce e contano così tanto i suoi portatori, le persone, oggi diventate merce straordinariamente rara. La conoscenza non deve solo essere raccolta, deve essere condivisa laddove serve a creare cose nuove, a comunicare meglio il proprio valore, ad andare più lontano, anche partecipando alla rivoluzione dell’intelligenza artificiale attraverso le sue piattaforme. Sempre però senza perdere la consapevolezza. Quindi – prosegue Fabio Paolillo - abbiamo un tema culturale non da poco, come quello del rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza artigiana. Gli artigiani sono da sempre i pionieri del nuovo, l’intelligenza artificiale deve essere al servizio dell’estro artigiano, che ci rende unici in tutto il mondo. La strada più virtuosa deve quindi essere l’integrazione tra le due: sfruttare l’innovazione tecnologica per ottimizzare l’estro e la creatività degli imprenditori artigiani. Crediamo che questa integrazione possa essere una grande opportunità per l’artigianato anche in ordine alla possibilità di creare nuovi posti di lavoro. Il fenomeno va quindi governato, perché l’artigianalità è il più grande patrimonio di cui disponiamo in Italia, non di meno a Taranto. Abbiamo già vissuto analogo epocale processo con la globalizzazione, che a molti fece paura ma che ha garantito molte opportunità a chi l’ha saputo sfruttare. Internazionalizzazione, formazione e mancanza di lavoratori, occorre quindi lavorare in squadra: imprese e istituzioni. Occorre sapere da dove veniamo, per tramandarlo e creare sempre di più una consapevolezza culturale sul valore dell’artigianato. Gli artigiani saranno ancora una volta protagonisti delle grandi transizioni in corso, perché l’intelligenza artificiale è strettamente connessa con quella artigiana».

Sono oltre 125 mila le imprese artigiane (fonte Centro studi Confartigianato) che hanno già introdotto l’intelligenza artificiale nelle loro attività. «Seguiremo ed approfondiremo con estrema attenzione come si evolve la situazione sul nostro territorio, nella convinzione che questo mezzo è utilissimo perché supporta l’artigianato e aiuta il rendimento produttivo. Ma, ripetiamo, non ci sarà mai un robot che potrà sostituire l’estro che fa del Made in Italy un’eccellenza mondiale. Senza l’artigianato l’Italia non sarebbe leader globale in alcuni settori strategici. Per cui l’introduzione dell’IA nei processi produttivi va vista come “un mezzo, non come un fine”. In questo un ruolo chiave è rivestito dalla formazione e dalla scuola che deve essere sempre più integrata con il mondo produttivo. Anche per avvalorare il fatto che l’artigianato è un mestiere per giovani. Quei giovani per i quali si auspica un ingresso nelle pmi artigiane, in modo da sopperire alla forte mancanza di manodopera. Il ruolo della formazione e delle associazioni di categoria nella diffusione delle potenzialità dell’IA nelle aziende è fondamentale. Perché l’intelligenza artificiale ha tantissime possibilità di essere impiegata in modo virtuoso nei cicli produttivi delle Pmi. L’Italia è artigiana ed è dotata di strumenti sensoriali, raccolti nell’intelligenza umana, che non hanno eguali. L’intelligenza umana, insomma, è l’antidoto alla standardizzazione. L’importante è che l’intelligenza umana - conclude il segretario provinciale della Confartigianato - conservi qualcosa da dire su ciò che accade, in modo tale da rendere sempre di più l’Intelligenza artificiale un farmaco: a beneficio dell’uomo e dell’artigiano. Per farlo, soprattutto a Taranto, serve uscire dal provincialismo, a passo spedito verso il futuro».

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