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La storia di Alfonso Tomaselli

"La mia buona battaglia"

La capacità di rispondere all'handicap con coraggio e determinazione

"La mia buona battaglia"

Abbiamo scelto di raccontare le storie di persone che in momenti diversi della loro vita hanno incontrato la disabilità e hanno avuto la capacità di reagire con coraggio e determinazione.

Sono i racconti di chi è nato disabile, di chi lo è diventato nel corso della vita, e non si è posto limiti provando ad andare oltre. Di chi ha dovuto riscrivere il suo futuro da una nuova prospettiva.

Non è stato facile, eppure loro ce l’hanno fatta, trasformando i limiti in motivazione e hanno dimostrato al mondo che ‘si può fare’. Al mondo degli ‘abili’ che ancora troppo spesso li considera nel modo sbagliato, e al mondo dei disabili che possono trarre spunto ed energia dalle loro esperienze.

Vedere chi ce l’ha fatta rappresenta uno stimolo unico per l’intera società civile e spinge a riconsiderare l’idea stessa della disabilità. Infatti, anche se i termini linguistici sono stati adeguati e non si parla più di ‘handicappati’, permane una certa resistenza culturale nella considerazione della persona disabile. Si tende a concentrarsi sul limite piuttosto che sulla persona nella sua interezza e su quello che può offrire anche alla luce della sua esperienza.

Non tutte le persone con disabilità hanno avuto vicino persone speciali, dai parenti agli amici ai medici e agli infermieri. Chi ha avuto la fortuna di averli li considera angeli custodi indispensabili per superare quei momenti in cui le forze mancano e la volontà vacilla, momenti bui che a tutti capita di affrontare nel corso della vita.

E per molti di loro i genitori, la moglie o il marito, l’amico o l’amica speciale hanno rappresentato non solo l’ancora di salvezza emotiva, ma anche gli allenatori virtuali dell’anima o del corpo.

Sullo sfondo delle grandi imprese di cui parleremo compare sempre una figura più importante delle altre ed è importante sottolinearlo perché la persona con disabilità ha bisogno di motivazione, soprattutto da chi gli è più vicino. Lo sconforto e la sofferenza sono inevitabili, ma poi si deve reagire tutti insieme.

Conosco Alfonso Tomaselli da sempre. Erano amici i nostri genitori quando chiamarsi compagni, aveva un senso e un valore profondo che rappresentava non solo un’appartenenza politica alla “famiglia socialista” ma anche una condivisione della vita. Rino Tomaselli, suo padre, è stato terzino del Taranto, nella famosa formazione Tedeschi, Salvati, Tomaselli.

Rino, da militante socialista impegnato per la campagna referendaria sul Divorzio del 1974 la considerò un atto di civiltà: “Se i miei figli dovessero trovarsi in una situazione di necessità perché il matrimonio non è andato bene, devono poter ricrearsi una seconda famiglia”. Ci lasciò per un infarto; ricordo ancora la folla di amici, ex calciatori, sportivi e compagni di Partito che vennero a salutarlo, per l’ultima volta.

Alfonso Classe 1957, oggi in pensione, ha maturato una lunga e qualificata esperienza lavorativa e professionale all’estero come Company Project Control Manager presso la Saipem Group in Nigeria

Nel 1958, quando aveva solo un anno, nel corso di una vasto contagio che si ebbe in Italia per il ritardo nella diffusione del vaccino, fu colpito dal virus della poliomielite.

Non potevo correre, come tutti i ragazzi di quella età, per il resto non mi sono fatto mancar nulla. La claudicanza dovuta ai postumi della polio, le cure a cui ho dovuto sottopormi, non sono state “una barriera invalicabile: l’uso della bicicletta, il mare, il sole hanno fatto sì che crescessi al meglio e con il minimo dei problemi, nell’interfacciarmi con gli aspetti della vita quotidiana.

Diciamo che con la curva della crescita, del movimento, della giovane età, tutto è andato, più o meno per il meglio. Anzi, i problemi, sono sopraggiunti con il minor movimento che è cominciato con l’attività lavorativa, più statica, d’ufficio, ma nonostante tutto è stata particolarmente movimentata e soprattutto all’estero. Una scelta, una sfida, la mia, per andare oltre…”

Dopo una prima esperienza lavorativa nello stabilimento Belleli di Taranto, dove la mia diversa abilità, rappresentava, di fatto, un problema più che per me per l’azienda, che si ostinava a non favorire e riconosce la mia crescita professionale, decisi di guardarmi intorno e guardai talmente lontano da scegliere il mercato internazionale, in quegli anni particolarmente florido, soprattutto nell’impiantistica dell’energia, nel settore Oil and Gas, On shore and Off Shore. Belleli, FOCHI, ABB Sadelmi, Techint, Snamprogetti. Con Saipem ho speso i miei migliori anni, ricchi di soddisfazioni professionali e personali, che spero un giorno di poter descrivere in una sorta di diario".

"Come si dice ho girato il mondo: la Romania, la Malaysia, la Giordania, l’Egitto, la Nigeria, l’Indonesia, Singapore, per finire poi con Taiwan. Oggi sono tornato alle mie origini, nella città in cui sono nato"..

"La mia sfida l’ho vinta! Ho combattuto la mia buona battaglia, ho conservato la fede, ma non ho terminato la mia corsa. Voglio rendermi utile per abbattere ogni barriera. Ho visto in particolare che negli Emirati Arabi sono riusciti a farlo. E’ un segno di umano rispetto, di praticata dignità, di civiltà! Si può fare, si deve fare!"

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