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Resistenza contro il Green Deal

La protesta degli agricoltori si allarga

La protesta degli agricoltori si allarga

In Italia arriva nella capitale. La mobilitazione, cominciata sull’onda di analoghe proteste a livello europeo, nasce dalle crescenti difficoltà del settore agricolo, dove i margini di profitto per i produttori sono sempre più ridotti.

Temono i riflessi dell’intesa definita nel 2019, ma non ancora firmata, dell’Unione europea con il Mercosur, l’unione doganale tra Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay. Permetterebbe alla Ue di garantirsi le materie prime e di esportare prodotti e macchinari nei mercati del Sud America ma inonderebbe l’Europa di prodotti dell’allevamento e dell’agricoltura a un costo molto più basso di quello attuale, mettendo in difficoltà i produttori dell’Ue.

La protesta nei giorni scorsi si è imposta al vertice straordinario dei capi di stato e di governo europei, riuniti per discutere del nuovo pacchetto di aiuti all’Ucraina.

1300 trattori hanno raggiunto la sede del Parlamento europeo e i leader europei si sono ritrovati a parlare di agevolazioni fiscali sui carburanti agricoli, limitazioni ai prodotti alimentari di importazione e sostenibilità ambientale nelle colture e negli allevamenti.

I blocchi stradali, che hanno paralizzato la capitale belga, sono stati rimossi solo dopo che i 27 hanno promesso di rivedere le norme ambientali, ridurre la burocrazia e ripensare la parte del Green Deal relativa al comparto, chiedendo ai ministri dell’Agricoltura di presentare un piano per il 26 febbraio.

In Francia, il primo ministro ha annunciato una serie di misure, tra cui l’impegno a riconsiderare le limitazioni sui pesticidi e un possibile divieto di importazione per frutta e verdura trattate con insetticidi vietati dalla normativa nazionale. La Francia è il principale produttore agricolo dell’Ue e il maggior beneficiario di sussidi provenienti dalla Politica Agricola Comune (Pac), pari a quasi 60 miliardi di euro annuali.

Nel mirino degli agricoltori, ci sono le normative nazionali e quelle dell’Unione Europea, in particolare la cosiddetta ‘Farm to fork’, del Green Deal, che mira a rendere il blocco dei 27 climaticamente neutro entro il 2050. Prevede, tra le altre cose, di dimezzare i pesticidi, ridurre di un quinto l’uso di fertilizzanti, aumentare i terreni ad uso non agricolo – ad esempio lasciandolo a riposo o piantando alberi non produttivi – e raddoppiare la produzione biologica portandola al 25% di tutti i terreni agricoli dell’Ue. Se le preoccupazioni variano da paese a paese – dalle proteste tedesche contro i tagli ai sussidi per il gasolio a quelle francesi contro gli accordi di libero scambio – ci sono anche lamentele comuni: l’aumento dei prezzi dell’energia e dei fattori di produzione, combinato con il crescente divario tra i margini di profitto dei produttori e quelli dei grandi colossi dell’agro-industria e delle catene di supermercati. Fra i bersagli delle proteste degli ultimi giorni figurano le sedi di diversi colossi agroalimentari.

Non sarebbe corretto, però, ridurre la battaglia degli agricoltori europei a una lotta di resistenza contro il Green Deal e le misure volte a favorire la transizione ecologica del continente. Il settore agricolo, che causa appena l’11% delle emissioni di gas serra dell’Ue, è il primo a pagare il prezzo degli eventi meteorologici estremi dovuti ai cambiamenti climatici, che negli ultimi anni hanno influenzato sempre più la produzione. Tanti agricoltori sono costretti a cambiare le colture a causa di periodi prolungati di siccità, mentre altri, che vorrebbero preservare quelle tradizionali, reclamano nuovi bacini e infrastrutture di raccolta dell’acqua a cui i governi non sempre danno la giusta priorità.

I critici delle proteste, tuttavia, sottolineano che nonostante l’alto livello di sussidi – pari a un terzo del bilancio dell’Ue – il settore agricolo opponga una forte resistenza ad ogni forma di cambiamento strutturale e c’è chi lamenta l’influenza che la lobby agricola già esercita sul processo decisionale a Bruxelles e nelle capitali europee in vista delle prossime elezioni, dato che gli agricoltori ricevono sempre più sostegno dai partiti di estrema destra . Il cambiamento è significativo: mentre un tempo l’indignazione degli agricoltori trovava la sua voce nella sinistra che prendeva di mira gli accordi di libero scambio e le multinazionali – questa volta a cercare di cavalcarla sono i partiti di destra, intenzionati a far crollare l’attuale maggioranza a Bruxelles e il suo Green Deal.

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