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Le tre battaglie civiche cruciali
02 Febbraio 2024 - 10:59
La teoria dei cerchi concentrici è usata per lo più per spiegare come cose distinte possono interagire, convergere, sovrapporsi, pur rimanendo ambiti separati e al limite senza nemmeno appartenere alla stessa specie, ma creando nessi che ne rafforzano le ragioni per cui sono separatamente in vita.
Le cose buone ne traggono ovviamente benefici. Le cose non buone aumentano la loro influenza negativa.
In molti casi in cui si fa riferimento a questa teoria parlando di fenomeni negativi, sempre constatando piani distinti e connessi, si vede che si producono effetti che vanificano soluzioni, lasciando tutto nella stagnazione silente. Non si producono colpevoli, rare le spiegazioni, retoriche le iniziative per debellarle.
Pensando all’agenda che dovrebbe caratterizzare il civismo politicamente responsabilizzato mi sono trovato di recente ad accostare questioni che finora ho trattato in modo prevalentemente separato.
Sono tre immense nuvole sul nostro capo che vedo sorvolarci con cupa minaccia. Appunto talvolta sovrapponendosi, pesino un po’ intrecciandosi, per poi distinguersi e uscire dalla nostra percezione critica. Ma poi riapparire, tenebrose, mai seriamente prese di mira, mai dissolte.
Ho provato di recente a esporre l’argomento in un podcast1, sostenuto dalla parola al vivo, e ho avuto più riscontri del solito. Qualcuno ha considerato un merito avere accostato i tre temi, qualcuno si è avventurato fino a dire che i tre temi formano “la questione civica italiana”.
Riprendo pertanto qui in forma scritta l’argomento.
Il primo è il tema dell’astensione elettorale. Che ha raggiunto in forma inaudita alle ultime elezioni suppletive in Italia in un collegio elettorale per il Parlamento di una provincia popolosa e ricca come Monza la quota dell’81%, ma che in realtà si staglia tra il 40% e il 50%, sommando cause tecniche-logistiche, cause di disagio e povertà, cause soprattutto di disaffezione e sfiducia e quindi anche di polemica antipolitica. La questione seria è che i partiti politici anziché mostrare sconcerto e disagio, rifilano il terribile dato - così come lo fanno spesso i media – in una noterella a corpo 8 in fondo ai risultati, con l’intento di tenere in considerazione solo il voto valido e reputare come “istanze” dell’elettorato solo i voti espressi. Si dividono quella percentuale, facendo finta che sia l’opinione degli italiani. E quindi si governa ormai sistematicamente rappresentando minoranze dei cittadini.
Il secondo è il tema dell’evasione fiscale che viene stimata attualmente attorno ai 90 miliardi, sommando 68/70 miliardi di IRPEF, 11 di contributi non pagati e 10 di imposte locali evase. Rispetto ai 600 miliardi di gettito complessivo che si registra in Italia farebbe il 15% ma ci sono ambiti di tributo e ambiti di territorio in cui la percentuale supera il doppio e il tutto si iscrive soprattutto in una sottostima di reddito reale che riguarda numeri elevati di contribuenti. C’è infatti da indagare meglio i reconditi del fenomeno complementare dell’evasione, cioè quello dell’elusione. Basti pensare che “quasi 20 milioni di italiani non fanno neppure la dichiarazione” (Corriere della Sera, 16.1.2024), che il 54% dei dichiaranti denuncia redditi inferiori a 10 mila euro all’anno e che il 50% delle partite IVA dichiara un reddito inferiore alla soglia tassabile. Siamo, anche qui, con un mezzo paese tendenziale che non c’è. Che non collabora. Che non tira la carretta insieme agli altri.
Il terzo è un tema che assume un significato in parte oggettivo (causato da forti agenti esterni) e in parte soggettivo (causato da responsabilità personali). Ma costituisce un vulnus preoccupante per l’Italia tanto da farne un paese di bassa, bassissima classifica in Europa. Parlo dell’analfabetismo funzionale. Quello per cui non si sa più leggere una pagina di giornale. Si comprendono male le parole che accompagnano una notizia in video. Soprattutto la comprensione dei nessi tra le notizie rasenta lo zero. Tullio De Mauro stimava altissima questa condizione una ventina di anni fa. Tenetevi forte: 47%. Più di recente l’OCSE ha fatto dei riconteggi scorporando alcune voci. E credo arrivi al 33%. Anche siamo da un terzo a un quarto del paese che poco sa, poco interpreta, niente capisce.
Penso che sia legittimo chiedersi se queste tre cose hanno davvero a che fare l’una con l’altra. E anche se sono espressione delle stesse persone.
La mia risposta – stando sulle generali – è sì e no. Infatti, le tre forme di cancro sociale possono colludere e per una parte non esigua di popolazione le sovrapposizioni corrispondono alle analisi sociologiche. Sono i cerchi concentrici. Si sovrappongono per parti sociali, per segmenti delle motivazioni, per elementi di reciproca alimentazione. Si combinano esattamente come le nuvolaglie nei cieli gravidi di malrovesci.
L’analfabetismo funzionale è un collante pernicioso. È la base umorale di un disagio cognitivo e quindi valutativo che si traduce in un voto dato a chi grida di più non a chi ragiona di più, ma poi anche rinunciando a diritti e a doveri perché non percepiti come tali.
L’evasione fiscale è l’estrema risposta egocentrica (fatti salvi casi di disagio grave di cui sono studiate le dimensioni) al rapporto tra costi e servizi della comunità.
L’astensione elettorale (anche qui al netto di situazioni altamente motivanti) è un rifiuto ad accettare l’ipotesi che l’opzione di un solo cittadino conti nel migliorare o peggiorare le scelte collettive e dunque in grado di pesare nel controllo sociale sulla condizione di governo.
È chiaro il nesso.
Anche se la dinamica dei centri concentrici unisce e separa, converge e distingue, i nessi ci sono. Tralascio qui di illustrare il senso politico di aggredire, occupandoci di questi tre argomenti, gli ambiti politici – noti e visibili – che agiscono in prevalente copertura di questi fenomeni o che da essi traggono opportunità elettorali.
Ma c’è anche un argomento di critica all’intero sistema della politica rappresentata, forse regolando un po’ gli accenti da caso a caso. Un fattore di intreccio di queste tre partite è causato dal fatto che la politica oggi, al governo e all’opposizione, le affronta in generale poco e male. E questo per un eccesso di energie che costerebbe l’occuparsene – energie di ascolto, di analisi, di fatica relazionale – e anche per le soluzioni a tempi lunghi delle correzioni possibili di rotta. Qualche risposta verrebbe da ambiti istituzionali coraggiosi e responsabili. Ma senza sollecitazione della cosiddetta autorità politica la pubblica amministrazione è raramente proattiva. Ne è un esempio la ricognizione sulla rimozione delle cause tecniche dell’astensione elettorale avviata dal governo Draghi con un tavolo di tante responsabilità amministrative implicate che è finita nei cassetti appena avvenuto il cambio di governo. Nessuno in tutti gli schieramenti – a quanto si capisce – l’ha rimessa sui tavoli per ragionevole continuità delle buone pratiche.
Dunque, o la soglia di accettabilità viene stabilita con vincolo comunitario (ecco un altro argomento non banale per il potenziamento della sovranità europea) oppure qui si staglia lo spazio per una grande battaglia civica nazionale, in cui soggetti del civismo politico e del civismo sociale e valoriale, avrebbero la possibilità di legittimare il ruolo di difesa concreta della qualità democratica.
Non credo di parlare di fantascienza, ma di organizzazione sociale con larga implicazione dei territori e cercando un po’ di sintonia mediatica.
Per queste ragioni propongo di iscrivere la battaglia ai nessi di queste tre malattie che vengono ricondotte al deficit di civismo in Italia (materia studiata dagli anni ’70 come fattore di disunità del Paese dal sociologo americano Robert Putnam e divenuta di aggravato spessore) come la tesi-cornice del programma di analisi, di elaborazione politica e di seria sollecitazione delle istituzioni, della politica e del sistema dei decisori da parte di tutti gli insediamenti che si richiamano al civismo progressista.
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