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Quel 19 gennaio di ventiquattro anni fa

il mio ricordo di quei giorni

Quando si sa guardare lontano, il tempo ci attraversa, ci viene accanto, non ci lascia mai indietro e Bettino, al di là della damnatio memoriae che sembra ora diradarsi, parla a noi del presente come una voce ricca di lezioni, di riflessioni di premonizioni.

il mio ricordo di quei giorni

“Pare che Bettino sia morto” mio fratello Plinio è il primo a parlarmene; mi chiede di fare qualche telefonata. Angosciato chiamo Claudio Signorile. E' vero Craxi “non farà più ritorno”. E' morto stroncato da un infarto poco dopo le 17.

Come raggiungere Hammammet? Con Plinio vorremmo assicurarci un volo. Sia l’Alitalia che la Tunis Air li hanno raddoppiati: da Milano, sono stati organizzati tre charter che decolleranno in mattinata ma sono completi ed ogni tentativo d'imbarcarsi è inutile

Seguo tutto avidamente e quasi intontito. Mi tornarono in mente le parole di Bettino dette a Donato Robilotta rifiutando sdegnosamente l'offerta di arresti domiciliari per il suo grave stato di salute: "Dillo a quelli là, che io in Italia ci torno soltanto da uomo libero... Piuttosto muoio qui, in Tunisia. Non chiedo carità pelose non sono né un latitante né un fuggiasco, sono un esule politico e se non posso tornare a casa mia da uomo libero, preferisco rimanere qui, anche da morto".

Lacrime scendono tracciandomi il volto, non sono lacrime di debolezza, sono lacrime di rabbia e di sfida. Quell'omaccione, tutto avrei pensato tranne che riuscisse a farmi piangere. Per Plinio è la stessa cosa. Soffriamo come se avessimo perso un nostro familiare e il Partito socialista è la nostra famiglia! Noi non siamo mai stati “craxiani” ma le persecuzioni subite dal leader socialista ci renderanno tali per quel che ci resta da vivere...

L'hanno ammazzato! Hanno ucciso un uomo che ha lavorato quarant’anni per l’Italia. E’ stato infangato, calpestato, trattato come un ladro, mandato in esilio.

C'è un primo “lancio” dell'Ansa e poi via via le anticipazioni delle testate dei quotidiani, delle edizioni serali dei TG. La stampa internazionale. Metto insieme frasi, ricordi e dichiarazioni che ho conservato nel mio hard disk. Alcune formali, dovute, imbarazzate. Molte altre sincere e “autentiche”. C'è persino chi non perde l'occasione per confermare la propria infamante spudoratezza. Molti coccodrilli versano lacrime di circostanza...

“L’ha ucciso l'odio politico. Sono delle iene. Ho gli occhi pieni di pianto”. Sono le parole di un affranto vecchio Giacomo Mancini. Donato Robilotta che lo ha sentito spesso negli ultimi giorni è convinto che sia morto di crepacuore, ammazzato da quella che lui definiva la falsa rivoluzione giudiziaria. La classe dirigente di questa cosiddetta seconda repubblica dovrebbe vergognarsi per non aver saputo e voluto trovare una soluzione al rientro in Italia di Craxi da vivo e da uomo libero, obbligando così uno dei pochi statisti di livello che l'Italia abbia avuto in questo secolo a riparare e a morire in esilio. I Socialisti lo ricorderanno sempre come loro leader e si batteranno più di prima per quella campagna di verità in grado di ridare al capo del Psi e ai socialisti tutti quel posto che merita nella storia del nostro paese.

Kamel Marzouk è un berbero, il custode della tomba di Bettino Craxi. “Grazie a papà Bettino - dice - lui mi ha dato da magiare da vivo e da morto. Grazie alla sua famiglia e agli italiani liberi”. Habib Atia un “ignoto tunisino” rivendica con orgoglio: “Voi in Italia non lo sapete ma era l’uomo più popolare di Hammamet tra i poveri, soprattutto tra i più vecchi”. Per tutti i Tunisini Craxi fu quello che aiutò il paese, sarà per questo che ancora oggi continuano a chiamarlo 'Monsieur le president'.

La gratitudine è ricorrente in chi lo conosceva davvero e riesce a sfuggire al condizionamento mediatico di quegli anni. La stessa opinione la ritroviamo fra i compagni palestinesi, cileni, argentini, sudamericani. Bettino era un leader politico internazionale apprezzato nel mondo soprattutto da chi, dovendo battersi per conquistare o riconquistare la libertà, aveva bisogno d'aiuti reali e in Craxi trovò sempre una porta aperta. Di quelle tangenti che lui aveva «girato» negli anni a partiti e movimenti di liberazione in giro per il mondo, parlava soltanto con i figli, e con i compagni di una vita. “Per molto tempo aiutammo i socialisti spagnoli in clandestinità, i portoghesi, «aiutai alcuni compagni cileni a salvarsi dalle grinfie della dittatura. Una parte del finanziamento illegale andò a movimenti e a personalità che lottavano per la libertà, ma certo non attraverso la Banca d’Italia; per trasmettere loro del denaro, non veniva emessa regolare fattura...”. Cossiga nel suo libro “Italiani sono sempre gli altri” ricorda: “ebbero aiuti Solidarnosc, gli esuli cecoslovacchi, il radicale argentino Alfonsin, il brasiliano Lula, il peruviano Garcia, l’uruguagio Sanguinetti, Perez in Venezuela, i movimenti guerriglieri dell’America Latina come i Sandinisti o il Farabundo Martí”. Antonio Ghirelli una volta chiese ad un compagno argentino: “Come mai fate tanta festa a Craxi?”. E lui: “Come mai? Ma sono dieci anni che questo ci aiuta politicamente e finanziariamente”. Bobo che gli chiese di parlarne pubblicamente ma Bettino non volle: “Non ho detto nulla di quei soldi, quando li ho dati per cause di libertà: vorresti che lo rivelassi adesso, per farmi bello e difendermi?”.

Per questo Craxi tanto odiato in Italia era tanto amato nel mondo. La sua presenza, per quanto lontana, continuava ad essere ingombrante e fastidiosa.

Quel “cuore spezzato” aveva tolto l'incomodo a molti ipocriti superstiti. Furono persino disponibili a concedergli i funerali di Stato. Ma sarebbe stata una contraddizione porgere l'ultimo solenne saluto ad un “latitante ricercato”. Qualcuno spudoratamente ammise: “con lui si chiude un epoca e scompaiono definitivamente i socialisti”. Ma chi è socialista lo sarà per sempre!

Il rifiuto della famiglia risponde alle sue volontà di tenace garibaldino: “meglio la morte all'umiliazione”. E così, lontano dalla sua amata Patria, lui che ha alto il senso dello Stato ed il rispetto delle Istituzioni, porta con se tutto lo sdegno verso una terra ingrata ma che gli resta cara.

Particolarmente toccante il comunicato che diffusero i Radicali: Molti in Italia in questi anni hanno aderito allo slogan “Nessuno tocchi Caino”, per dire ‘no’ ad una giustizia violenta e infamante verso la persona. A livello politico e di opinione pubblica l’Italia si è caratterizzata in ambito internazionale nella battaglia per l’abolizione della pena di morte. Ma contemporaneamente è cresciuta un’opinione diffusa a vari livelli che, spesso, ha identificato Craxi in quello che nei paesi della pena di morte è visto come il Caino di turno. Una contraddizione culturale prima ancora che politica che andava risolta prima e che resta aperta.. A volte abbiamo detto in questi anni che sarebbe stato opportuno lanciare lo slogan “Nessuno tocchi Bettino” e oggi sentiamo di dire di fronte alla tragica conclusione della vicenda personale e umana - sicuramente non politica - di Bettino Craxi che il leader socialista è stato vittima di una forma di “pena di morte” tutta italiana. Abolita nelle nostre leggi, da abolire - come vuole l’Italia - nel mondo, essa rimane purtroppo nella cultura giustizialista e generatrice di mostri del nostro paese.

La Storia andrà riscritta bene con tutti i suoi falsi eroi e falsi miti, è l’unica cosa che posso fare, ma la partita della storia non gliela faccio vincere”. E la sua battaglia Craxi l’ha vinta. E' vivo e presente come un tarlo per chi è appassionato di storia. “Io non conosco la felicità. La mia vita è stata una corsa ad ostacoli, e non mi sono mai fermato per dire a me stesso ora sei un uomo felice”. Gli anni passano. Passa il tempo inesorabile...e Bettino resta un autentico, coraggioso “riformista”. Lo è stato quando per gli intellettuali alla moda esserlo era una colpa. Oggi riformisti si dicono tutti, ma fu sua l’intuizione della Grande Riforma del sistema politico che snellisse la struttura barocca e ripetitiva del funzionamento dello Stato. Fu fermato dall’immobilismo interessato delle tante corporazioni conservatrici che ancora oggi si nascondono sotto il rispettabile mantello dei parrucconi, sacerdoti della sacralità costituzionale. Fu travolto dal ludibrio delle monetine ma la sua colpa più grave, per la sinistra intellettuale, goffa e inconcludente, del tutto imperdonabile, fu quella di aver avuto ragione, la ragione che attribuisce solo la Storia.

Volevano che stesse zitto. Che smettesse di parlare. Molti vorrebbero che fosse un ricordo. Una foto ingiallita. Un peso sulle proprie coscienze che si allevia col tempo... e invece è vivo.

Quando si sa guardare lontano, il tempo ci attraversa, ci viene accanto, non ci lascia mai indietro e Bettino, al di là della damnatio memoriae che sembra ora diradarsi, parla a noi del presente come una voce ricca di lezioni, di riflessioni di premonizioni. "Io parlo e continuerò a parlare" è il monito alla tremenda ingiustizia che lasciò morire in esilio un leader fra i più importanti del nostro tempo...

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