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Antonio Gozzi presidente Federacciai
11 Gennaio 2024 - 11:02
La rottura tra Stato e Mittal “era ampiamente annunciato e prevedibile. Lo dissi a maggio 2023 all’assemblea di Federacciai e l’ho sempre ripetuto anche in questi mesi”
Antonio Gozzi, tra i protagonisti dell’economia produttiva italiana, guida la Duferco, un grande gruppo multinazionale nel settore siderurgico.
In una recente celebrazione della fondazione dell’azienda ha rivendicato il tratto essenziale del pionierismo: “non siamo nati ricchi e famosi ma, al contrario, da famiglie comuni di artigiani, commercianti e professionisti e proprio per questo desiderosi di cimentarsi in nuove attività più grandi e importanti”
Presidente di Federacciai ha espresso spesso posizioni forti nei confronti dei diversi governi e dei protagonisti dell’eterna vicenda dell’ex Ilva.
La sua è la diagnosi da medico impietoso e realista dello stato di Acciaierie italiane, definita “ai limiti dell’insolvenza”, e di cui ha chiesto allo Stato di prendere il controllo. Nessuna fisima di industriale che vuol dettare la linea ai politici, un riconoscimento del ruolo, estremo, dello Stato: “Il socio privato, aveva detto poco più di un mese fa, non sta facendo la sua parte, deve decider cosa fare, altrimenti si rischia di andare sugli scogli”.
Duro il suo giudizio nei confronti dei “re indiani dell’acciaio”: “Hanno in tutto questo tempo deconsolidato Ilva, creato una struttura commerciale parallela, non sostenuto da soci di maggioranza un’azienda che aveva bisogno di liquidità, costringendo il management a fare i salti mortali nell’approvvigionamento di materie prime, determinando di fatto accensioni e spegnimenti degli altiforni a seconda dei momenti. Dobbiamo ringraziare scelte scellerate passate, a partire da quella del governo Conte, con patti parasociali mai del tutto chiariti, nei quali al socio privato è stato riconosciuto il diritto di governare anche se va in minoranza, con annesse clausole di indennizzi, sulle quali infatti ora Mittal fa leva minacciando azioni legali”.
Mittal ha fatto sapere di essere favorevole al versamento da parte di Invitalia al versamento di 320 milioni di capitale e quindi alla conseguente diluizione delle quote al 34%, a condizione di mantenere il controllo sulla governance della fabbrica.
Ma per rendere possibile una nuova fase occorre, come abbiamo scritto più volte e in tempi non sospetti sulle pagine di Buonasera Sud, garantire, attraverso un’apposita Legge, un volano di risorse, per un arco temporale di quattro – cinque anni, pari globalmente a 4 – 5 miliardi di euro rendendo possibile un processo pianificatorio organico capace di reinserire la suderurgia italiana nel mosaico produttivo internazionale. Occorre quindi che lo Stato annulli il rapporto contrattuale con Arcelor Mittal per inadempienze degli impegni contrattuali e subentri integralmente nella gestione dell’impianto assicurando le adeguate risorse pari ad una quota annuale di 1,2 miliardi di euro per un arco temporale di almeno quattro anni.
Sui conti e sullo condizioni impiantistiche dello stabilimento il presidente Gozzi ritiene che la perdurante assenza di un’adeguata manutenzione costituisce un pregiudizio nei confronti della qualità della produzione e della sicurezza dei lavoratori: “non possono essere i privati che entrano a farsi carico dell’ammontare dei debiti, generati negli ultimi anni di gestione”. Lo Stato quindi dovrà provvedere.
“L’idea che in certi settori di produzione industriale qualificata come quello siderurgico, non abbia valore una proprietà italiana, rappresenta un’imbecillità dell’ideologia del turbocapitalismo. Sono assolutamente convinto che l’Italia non possa abbandonare un asset strategico come quello dell’Ilva di Taranto. Ma servono alcune condizioni. La prima è una grande operazione verità”.
“L’obiettivo dev’essere arrivare al 2028-2029 con uno stabilimento decarbonizzato e un potenziale di produzione di circa cinque-sei milioni di tonnellate l’anno di acciaio. Così si raggiunge il break even. Ma servono risposte su molti punti per arrivare lì. A partire da quegli anni non si potranno più avere Co2 gratuite. Se devo pagarle, subirò extracosti di produzione (sono circa 200 dollari a tonnellata) che spiazzeranno completamente le produzioni europee a ciclo integrale. Su questo l’Unione Europea e gli Stati devono aiutare i privati”.
I privati quindi sarebbero pronti a fare la loro parte nel rilancio dello stabilimento siderurgico di Taranto, ma serve un’operazione verità sui conti, sui patti parasociali con Mittal e sullo stato degli impianti, certezza su piano finanziario e industriale. Il ruolo dello Stato come socio di maggioranza può essere transitorio ma i privati, per entrare in campo, hanno bisogno di risposte chiare.
Risposte, che in via di principio, espresse alcuni mesi fa il presidente Giorgia Meloni intervistata dal nostro direttore, Enzo Ferrari https://www.youtube.com/watch?v=uGKqRPOlIaw: “La linea del governo è trovare una soluzione strutturale e industriale. Lavoriamo a mantenere la presenza dello Stato. Attenzione però a credere che il problema industriale si risolva banalmente affidando la questione allo Stato perché vorrebbe dire rimandare il problema. Quello che vorrei fare è trovare una soluzione industriale che mi consenta di sviluppare il ruolo dell’Ilva in una dimensione nazionale ed europea di acciaio di qualità". Peccato, però che i suoi ministri abbiano espresso posizioni non omogenee che hanno fatto perdere tempo. C’era chi da mesi premeva perché lo Stato prendesse il controllo e chi riteneva possibile un accordo con Mittal. Noi abbiamo sempre sostenuto che la seconda posizione fosse sbagliata, perché lo scenario era chiaro. Tuttavia non si può dimenticare che i problemi vengono da lontano. In particolare la revisione dei patti voluta dal secondo governo Conte. Pur di sventolare la bandierina della revoca dello scudo penale, vennero concesse nei patti parasociali condizioni che oggi potrebbero diventare guai seri…
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Testata: Buonasera
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