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La crisi del Siderurgico
09 Gennaio 2024 - 06:45
Acciaierie d'Italia
Doveva essere l’incontro sul quale costruire il futuro di Acciaierie d’Italia. E’ stato, invece, il momento della rottura che si annuncia definitiva tra governo italiano ed ArcelorMittal. E il futuro diventa “una terra incognita”, per usare un’espressione dell’ex premier Mario Draghi. Un altro ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, proprio in merito all’Ilva adombrò la possibilità della “causa del secolo”. Solo che a dover gestire questa causa rischia di essere ora l’esecutivo di Giorgia Meloni - che ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Il Siderurgico di Taranto
I fatti: all’incontro romano la multinazionale francoindiana era presente con una delegazione ai massimi livelli, guidata dal ceo Aditya Mittal; per Invitalia c’era l’ad Bernardo Mattarella, con il governo rappresentato dai ministri Giorgetti, Fitto, Urso, Calderone. Lo scenario perfetto per la firma di un nuovo accordo. E invece. E invece, a sentire Palazzo Chigi che ha diffuso una nota, da ArcelorMittal è arrivato un atteggiamento di chiusura assoluta, smentendo tutte le indiscrezioni che davano la “stretta di mano” ad un passo. Dice, il governo, che «la delegazione» dell’esecutivo «ha proposto ai vertici dell’azienda la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico Invitalia, unitamente a quanto necessario per garantire la continuità produttiva. Il Governo ha preso atto della indisponibilità di ArcelorMittal ad assumere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza, e ha incaricato Invitalia di assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale». Le ultime due parole sono più che eloquenti. All’orizzonte si profila un contenzioso: pesante, difficile, lungo.
E nel frattempo? La temutissima ipotesi dell’amministrazione straordinaria torna prepotentemente d’attualità. Una lettura prova ad offrirla Angelo Bonelli, deputato di Verdi e Sinistra e co-portavoce di Europa Verde: «Quello a cui sta andando incontro lo Stato italiano, sará una esposizione economica di centinaia e centinaia di milioni di euro che rischierà di dover versare ad ArcerolMittal, ed è quello che la multinazionale ha sempre avuto in testa in questo contenzioso legale, che si sta delineando in tutta la sua drammaticità. Intanto e soprattutto la questione della tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini e quella ambientale sono completamente scomparse».
Ad ogni buon conto, la politica già litiga.
«Il disastroso esito dell’incontro certifica il primo colossale fallimento del 2024 per il Governo Meloni. Un epilogo che purtroppo avevamo ampiamente previsto da tempo, visto l’atteggiamento di costante e cocciuta chiusura che il socio privato ha sempre tenuto rispetto ai destini dell’acciaieria, dei lavoratori e della comunità tarantina. Questo ennesimo rifiuto, infatti, per quanto inaccettabile, non stupisce affatto, perché è perfettamente coerente con la strategia di graduale smantellamento che ArcelorMittal ha portato avanti finora» dicono i deputati pugliesi del Partito Democratico, Ubaldo Pagano, Claudio Stefanazzi e Marco Lacarra. «Sono assolutamente ridicole le dichiarazioni degli esponenti del Pd e della sinistra che si sono affrettati a commentare la situazione dell’ex Ilva. Sono loro ad avere determinato questo stato di cose ed oggi non possono accollare colpe a questo Governo che si è assunto la responsabilità di dare una soluzione alla vertenza che, ribadisco, loro stessi hanno determinato» le replica di Dario Iaia (FdI).
Dal sindacato si prova a guardare al futuro: in una nota di Fim, Fiom e Uilm, che saranno a Roma giorno 11, si sottolinea «la necessità di un controllo pubblico e la mancanza di volontà del socio privato di voler investire risorse sul futuro dell’ex Ilva. L’indisponibilità di Mittal, manifestata nell’incontro con il Governo, è gravissima, soprattutto di fronte alla urgente situazione in cui versano oramai i lavoratori e gli stabilimenti, e conferma la volontà di chiudere la storia della siderurgia nel nostro Paese. Nell’incontro di giovedì ci aspettiamo dal Governo una soluzione che metta in sicurezza tutti i lavoratori, compreso quelli dell’indotto, e garantisca il controllo pubblico, la salvaguardia occupazionale, la salute e la sicurezza, il risanamento ambientale e il rilancio industriale».
«Ora è chiaro che serve subito un confronto per capire come Meloni ed i Ministri del suo Governo intendano agire per garantire a questo Paese un futuro in un settore strategico come quello dell’acciaio. Questo futuro oggi passa soprattutto per Ex Ilva, soprattutto per Taranto» dice Usb.
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