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La storia
01 Settembre 2023 - 09:30
Palazzo del Governo, sede della Provincia di Taranto
Il 2 settembre 1923 nasce la Provincia del Jonio, che dal 1951 si chiamerà di Taranto. Fino ad allora il circondario di Taranto aveva fatto parte della Provincia di Lecce, anche denominata Terra d’Otranto. E ogni tanto qualcuno ci riprova, con velleità annessionistiche, a riportare Taranto in provincia di Lecce, sotto le mutate spoglie di un sedicente “Grande Salento”.
Chiariamo le cose: Taranto non è in Salento. Il Salento propriamente detto era una striscia della attuale Provincia di Lecce, abitata dai Sallentini (la maggiorparte degli abitanti di quel lembo di Iapigia era definita dall’etnico Calabri, e come Calabria era definita dai Greci, e poi dai Romani, la terra a Sud-Est dell’istmo da Taranto a Brindisi). Il Salento propriamente detto, come gran parte della Calabria antica, non fu mai sotto dominio tarantino (anche se taluni ritengono di fondazione, o di rifondazione tarantina Gallipoli ed Otranto); meno che mai Taranto fu sotto dominio di Sallentini o Calabri.
La fondazione di Taranto greca si situa, con notevole precisione, nel 706 a.C.; la penetrazione nel territorio interno è limitata; quella costiera si rivolge soprattutto verso la Lucania. Grosso modo la chòra (territorio) tarantina si spinge verso Est fino alla citta messapica di Mandonion, odierna Manduria.
Taras resta una città-stato indipendente fino alla disfatta nella guerra annibalica, nel 209 a.C.; semi-indipendente, al limite, dopo la sconfitta nella guerra cosiddetta di Pirro, quando nel 272 la pòlis greca si arrende ai Romani e deve accettare di diventare sua alleata. Dopo il 209 a.C. Taras entità autonoma scompare; nel 123 a.C. vi viene dedotta una colonia romana, Neptunia, che poi si fonde con quel che resta dell’antica città greca nel municipium di Tarantum, incantevole località di villeggiatura. Con la riforma augustea, Tarentum fa parte della Regio II, Apulia et Calabria (molto più ampia della Puglia attuale), ma già dall’89 a.C., a conclusione della guerra sociale, gli antichi etnici sono assorbiti nella cittadinanza romana estesa a tutti gli antichi popoli assoggettati o a vario titolo associati. Nonostante le ripetute immissioni di coloni non greci (e le deportazioni dei tarantini), a Tarentum molti parlano ancora in Greco, o sono bilingui. Dediche di templi e iscrizioni funerarie in Greco coesistono con quelle in Latino. Resta insomma un’area a sé rispetto al “tacco d’Italia”.
Quando inizia la disintegrazione dell’Impero Romano d’Occidente anche “politicamente” Taranto si distacca nettamente dal “Salento”. All’inizio del VI secolo d.C. Giustiniano tenta la riconquista dell’Italia: scoppia la guerra gotica, e Taranto è contesa fra Goti e Bizantini. Quando, all’inizio del VII secolo, arrivano i Longobardi la frattura si fa netta: il territorio di Taranto longobarda arriva più o meno a lambire Sava e Manduria (come l’antica chòra della greca Taras), e stavolta a stare “dall’altra parte” sono i Greci: o meglio, quelli che noi chiamiamo Bizantini, che parlavano il Greco ma continuavano a definire sé stessi come “Romani”. E’ in quest’epoca che comincia a sorgere, a tratti, il cosiddetto “Limitone dei Greci” (in alcune fonti definito “paretone”): un muro a secco con qualche “torre” che, sulla traccia dell’antico confine fra Taras e i Messapi, marca adesso il confine fra Taranto longobarda e il Salento bizantino. Ci sarà poi la parentesi del (presunto) Emirato di Taranto, giuridicamente incerto; certo è che il dominio saraceno su Taranto (840 – 880) fu più lungo di quello su Bari (847/871), che fu invece Emirato a pieno titolo, più volte difeso proprio da Taranto saracena (e a Taranto saracena si rifugiò l’ultimo emiro di Bari, Sawdan, dopo 5 anni di prigionia beneventana).
Poi arrivano i Normanni. Siamo nell’XI secolo, Roberto il Guiscardo conquista il Mezzogiorno d’Italia e suo fratello Ruggero la Sicilia. La disputa che oppone il figlio di primo letto del Guiscardo, Boemondo, al fratellastro (ed erede designato) Ruggero Borsa si risolve con la cessione a Boemondo (che sarà poi uno dei protagonisti della I Crociata e sarà principe di Antiochia) di numerosi territori e città; principale delle quali Taranto. Boemondo di Taranto è considerato quindi – anche se impropriamente: fu signore di Taranto e fu principe, ma di Antiochia – il “fondatore” del Principato di Taranto, perché nei suoi domini tarantini si costituirà appunto il Principato. La contea di Lecce non ne fece parte fino a quando la contessa di Lecce, Maria d’Enghien, andò sposa a Raimondo Del Balzo Orsini, principe di Taranto. Come un immenso territorio che si estendeva per quasi tutta la Puglia, la Basilicata e parte della Campania, Lecce fu soggetta a Raimondo ma non fu parte organica del Principato. Il loro figlio Giovanni Antonio fu l’ultimo principe di Taranto. Dopo la sua morte, nel 1463, quello che Gennaro Maria Monti aveva definito con un po’ di enfasi “un Regno nel Regno” e che aveva vissuto per quasi quattro secoli cessò di esistere come entità giuridica, e Taranto diventò città demaniale, incorporata nel demanio regio napoletano. Solo a partire dalla fine del XV secolo, quindi, si può parlare di Taranto amministrativamente legata al territorio “salentino” della Terra d’Otranto. Per quattro secoli e mezzo, a fronte di oltre 2700 anni di storia, Taranto ha fatto parte di questo ipotetico Grande Salento. E da 100 anni se ne è distaccata.
Questo per la storia politica. Linguisticamente Taranto è un’isola a sé (con influenza sui dialetti di Leporano, Crispiano, Statte, Massafra, Palagiano), e se le parlate dei Comuni orientali della Provincia sono imparentate con il salentino settentrionale, che fa parte dei dialetti meridionali estremi, al salentino sono assolutamente estranei i dialetti del versante settentrionale ed occidentale della Provincia.
Culturalmente, a Taranto ci sono dipartimenti e corsi di laurea decentrati dall’Università di Bari e dal Politecnico di Bari (e della Lumsa di Roma).
Per quanto riguarda la cucina, un solo esempio: scendendo da Nord a Sud, l’aglio cede il posto alla cipolla. A Taranto e nel Tarantino si usa l’aglio. Nel Leccese la cipolla.
Geograficamente, infine, il Salento comincia dove finiscono le ultime propaggini della Murgia tarantina, dove termina l’Appennino meridionale: comincia cioè “dopo” Grottaglie ed Avetrana, che invece linguisticamente (e in parte storicamente, come abbiamo visto) hanno affinità col Salento.
No, Taranto non è in Salento. Forse, come scriveva Cosimo Argentina con solo apparente tautologia, molto semplicemente “Taranto è a Taranto”.
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