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La polemica
22 Agosto 2023 - 07:00
Turisti a Taranto
Ad infiammare il ferragosto tarantino ci hanno pensato due commenti: da una parte quello del sindaco Rinaldo Melucci, che ha esaltato il milione di presenze, in realtà riferito a tutta la provincia e non alla sola città. Un entusiamo, quello del sindaco, che tuttavia non ha trovato riscontri negli umori degli operatori del settore.
Dall’altro lato, una tipica recensione negativa, diventata virale, pubblicata da un turista straniero su TripAdvisor. La città si è spaccata, come è tipico nel “dibattito” sui social, in due fazioni: da una parte i sostenitori dell’amministrazione comunale che hanno accusato di disfattismo i contendenti, rei di contribuire a diffondere una immagine negativa della città facendo da sponda a quella recensione negativa.
Curioso che oggi tra quanti puntano il dito contro i disfattisti ci siano anche taluni che, in questi anni, nell’ansia di cavalcare l’onda ambientalista, hanno offerto il proprio contributo a diffondere all’esterno una percezione devastante della città.
D’altra parte c’è stato chi ha colto al volto quella recensione per sottolineare le manchevolezze attribuite all’amministrazione comunale e strapazzare la narrazione edulcorata che viene fatta della città.
Fin qui, però, si è rimasti nello scontro tra tifoserie.
Ora, vi è da dire innanzitutto che le recensioni negative su Taranto sono state più d’una spalmate nel tempo. Basta scorrere Tripadvisor per averne contezza. È vero che ce ne sono altre di tutt’altro tenore, ma per migliorare bisogna saper cogliere costruttivamente le critiche.
Bene, quasi tutte le opinioni negative sulla città sono fondate sostanzialmente su due aspetti: la sporcizia e il senso di abbandono che talvolta la città offre al visitatore. Un dato incontestabile è che oggi Taranto, persino al Borgo, è sporca e puzzolente come a memoria non si ricorda d’essere mai stata negli ultimi anni. E se i tarantini possono cadere nell’assuefazione visiva e olfattiva, un turista resta traumatizzato dai cassonetti traboccanti di rifiuti e dalle loro scie maleodoranti. Questo, quindi, è il primo problema che va affrontato. Che va affrontato, appunto, e che non può essere sottaciuto per equilibri interni alla maggioranza o per ragioni di sopravvivenza politica. Se non si è in grado di risolvere alla radice questo problema, nessuna economia seriamente turistica sarà possibile. Nessuno spenderebbe volentieri i propri soldi sapendo di dover convivere con cumuli di immondizia e disagi olfattivi che nulla hanno da individiare a quelli provenienti dalla zona industriale. Quello della mortificante condizione igienica della città è parte di un paradigma più ampio. Il mare cristallino, il fascino della Città Vecchia, l’icona del ponte girevole, la storia avvincente del Castello Aragonese, l’inestimabile ricchezza del Museo, le suggestioni del Mar Piccolo da soli rischiano di essere soltanto figurine autocelebrative da sparare sui social per dire che Taranto è la città più bella del mondo e amenità provinciali di questo tenore.
Ciò che fa la differenza è la qualità dell’accoglienza. E questo, è bene chiarirlo, non è solo un problema di amministrazione comunale. Una città è tanto più accogliente quanto più vi sia una partecipazione corale, tra istituzioni, operatori economici e semplici cittadini, al decoro urbano e alla qualità dei servizi offerti. Siamo sicuri di offrire ai turisti servizi di qualità professionale e a prezzi adeguati? Quanti sono, ad esempio, bar e ristoranti che abbiano personale in grado di parlare lingue straniere? E i prezzi, oggi, sono giustificati dalla qualità dell’offerta e dal contesto generale? Sono domande che val la pena porsi prima di parlare di turismo. Forse scopriremmo che i tarantini - bisogna fare una sana autocritica al di là delle melense autocelebrazioni - sono ancora molto lontani dall’offrire standard adeguati di accoglienza. Perché qui è ancora uso comune gettare rifiuti per strada, dal pacchetto di sigarette al sacchetto vero e proprio di spazzatura. E allora va sgomberato il campo anche da un altro luogo comune: una città non deve essere per i turisti. Una città deve essere vivibile innanzitutto per chi ci abita, per chi la vive ogni giorno, per chi vuole affacciarsi alla finestra della propria abitazione senza il timore di doverla richiudere un istante dopo per evitare di essere travolto dall’olezzo che arriva dal basso o disgustato dalla vista dei topi che sguazzano tra i cumuli di immondizia.
Una città pulita, respirabile, con un traffico ordinato e con un servizio di trasporto pubblico efficiente sarà molto più vivibile per chi ci vive e più accogliente per chi arriva da fuori. E non è detto che per arrivarci debba per forza esserci l’aeroporto sotto casa. Perché questo dell’aeroporto sta diventando un alibi, come per alcuni è un alibi l’assioma che la presenza industriale impedisca di fare cultura o turismo. Avere un aeroporto a quaranta minuti di distanza non è uno scandalo. Piuttosto bisognerebbe impegnarsi per linee di collegamento dalla città verso gli scali aeroportuali e viceversa. Bisognerebbe innanzitutto avere una stazione ferroviaria degna di questo nome. Oggi chi riesce ad arrivare a Taranto in treno resta folgorato dalla desolazione di uno scalo dove non esiste neppure un bar e da una piazza che offre una sensazione di squallore persino difficile da descrivere. Alla faccia dell’avveniristico progetto presentato in pompa magna a Palazzo di Città e che prevedeva una rivoluzione estetica e funzionale della stazione entro il 2025.
Ma alla fin fine, c’è una domanda di fondo che bisogna porsi: quale turismo vogliamo? Pensare a frotte di turisti che prendono d’assalto Taranto a bordo d’aerei e navi da crociera significa avere come visione di futuro una città di pizzettari e camerieri sottopagati. Se transizione deve essere, allora anche il turismo deve essere sostenibile. Di qualità, non di massa. Di quella qualità culturale che contribuisce all’evoluzione complessiva di un territorio non solo al suo arricchimento predatorio. Del resto, la bolla del turismo selvaggio altrove si sta già sgonfiando presentando il conto. Quello è un turismo che abbrutisce e non eleva e oggi è in piena crisi di rigetto.
Pensare a lungo termine, non al mordi e fuggi. Soprattutto, pensare in una prospettiva territoriale ampia che vada da Laterza ad Avetrana, con il capoluogo che recuperi la sua centralità, abbandonando ogni miope visione municipalistica. E per fare questo non c’è bisogno di trasformare Taranto in un luna park.
Commenti all'articolo
Giuseppecampo
22 Agosto 2023 - 12:48
Buongiorno, sono una signora spagnola che vive a taranto ormai da 2 anni. Sono d'accordo con il suo articolo e ci tengo a ribadire che Taranto per gli stranieri sarebbe una città bellissima se fosse amata dai cittadini stessi che sono i primi a maltrattarla.Città industriali come Bilbao sono rinate nonostante la realtà industriale, basta avere chiaro un progetto e non procedere con interventi spot
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