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La storia

I tempi gloriosi dell'edicola Fucci

Un vero cenacolo politico-culturale

Una immagine d'epoca di Taranto

Una immagine d'epoca di Taranto

Quella mattina d’estate del 2003, in un androne di via D’Aquino, nelle immediate vicinanze di via Acclavio, veniva abbassata definitivamente la saracinesca dell’edicola Fucci, che vide l’assidua frequentazione di esponenti dell’ambiente culturale e politico cittadino. Così accadeva dal 1951 in poi, quando la proprietà della rinomata rivendita di giornali passò a “zi’ Luigi” Fucci, fino ad allora cuoco, mestiere esercitato anche alle dipendenze del “re di maggio”, Umberto di Savoia. Nel ’78, alla sua scomparsa, l’edicola passò ai figli Tommaso e Giancarlo. “Papà – ricorda quest’ultimo - era uno spirito libero nonché grande burlone. Indimenticabili erano le sue fragorose pernacchie nonché gli scherzi fatti assieme all’amico di sempre, l’avvocato Egidio Pignatelli, che abitava dirimpetto”.

“Non  chiudevamo mai prima dell’una di notte – racconta – per quanto consistente era l’afflusso della clientela, ospitando anche chi semplicemente voleva chiacchierare un po’. Tanti coloro che si fermavano solo per una lettura a scrocco, non pochi nella zona “hot”, giungendo anche a lacerare il cellophan delle riviste pur di soffermarsi sulle pagine proibite”.

Si rammentano i dibattiti culturali che vi avvenivano, grazie alla presenza di una titolata clientela, non tralasciando  spunti di cronaca e politica cittadina nonchè gli avvenimenti musicali. “Una volta chiuse le pagine del ‘Corriere del Giorno’ – dice – venivano in edicola il direttore Giannino Acquaviva, Peppino Tripaldi, Franco Cigliola, Riccardo Catacchio e Clemente Salvaggio, che non lesinavano gustose anteprime di quello sarebbe uscito il giorno dopo, talvolta portando le prime copie del giornale, ancora fresche di stampa. E come dimenticare la famosa poetessa Alda Merini che, sposato Michele Pierri, andò ad abitare nelle vicinanze: qualche volte, con molta disinvoltura, veniva a ritirare la ‘mazzetta’ dei giornali in vestaglia e con un turbante che le avvolgeva i capelli. E c’era Antonio Rizzo, ideatore del Premio Taranto di pittura e letteratura, che Giuseppe Ungaretti definì ‘il più bel premio d’Italia’”. L’elenco dell’illustre clientela nel campo della cultura è abbastanza nutrito, nel quale spiccano, tra gli altri, Franco Zoppo, Piero Mandrillo, Franco Sossi, Giacomo Battino, Nicola Carrino, Vittorio Del Piano

Fra i politici, Giancarlo Fucci ricorda esponenti dei diversi schieramenti, quali Giovanni Battafarano, Roberto Traversa, Salvatore Fallone, ma soprattutto il vulcanico Filippo Di Lorenzo, sempre pronto alle battute pungenti. 

Affezionato frequentatore dell’edicola negli anni sessanta era anche Mario Guadagnolo (già nostro sindaco) allora studente universitario e dirigente del Cupj (Circolo universitario professionistico jonico) e poi dell’Università popolare jonica. “Assieme a me c’erano altri giovani di belle speranze, divenuti noti professionisti e anche amministratori, come Franco De Feis, che fu mio assessore alla cultura. E ancora: Pino Albenzio, Arnaldo De Feis, Elio Spani, Mimmo Carone, Rocco Tancredi e tanti altri ancora–racconto Guadagnolo – Con Luigi Fucci, iscritto all’allora Psiup, noi socialisti intavolavamo fervorose discussioni politiche, non tralasciando le vicende cittadine, come in una sorta di cenacolo culturale. Fra l’altro, fu in quell’edicola che si dette vita alla battaglia, assieme ad Antonio Rizzo e Aldo Perrone, per salvare la Città vecchia, che l’allora giunta Curci-Ladaga voleva radere al suolo per costruire grattacieli. Il primo passo in tale deprecata direzione fu la demolizione del seicentesco palazzo Bellando-Randone, sulla ‘ringhiera’ (purtroppo avvenuta) che avrebbe dovuto far posto a un albergo di otto piani: il progetto per fortuna fu bloccato grazie alla protesta di tutta la città. E da lì nacque il piano Blandino per la rivitalizzazione del centro storico”.

L’edicola era anche il ritrovo dei patiti della Settimana Santa, in cui si facevano e disfacevano le “squadre” per la processione dei Misteri. Le tradizioni venivano vissute anche alle prime ore del giorno di Santa Cecilia, con i fratelli Fucci che, sostenuti da un nutrito gruppo di amici, davanti all’edicola, offrivano pettole (preparate anche dall’avvocato Pignatelli) e altre prelibatezze tipiche della ricorrenza, con l’intervento della banda musicale per le pastorali natalizie. E la mattina della chiusura dell’edicola un complesso bandistico cittadino fu invitato a suonare “fuori stagione” marce funebri per salutare anni felici e pieni di speranza che non sarebbero più tornati.

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