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Gli intrecci oscuri
08 Agosto 2023 - 12:00
mambro e fioravanti
Un filo nero lega Taranto alle trame nebulose che avvolgono la strage di Bologna. In quei giorni in cui veniva scritta una delle pagine più tragiche e oscure della storia della Repubblica, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro soggiornarono a Gandoli, in una graziosa villetta in via dei Gelsomini.
Il tentativo di Marcello De Angelis di sconfessare la verità giudiziaria, oltre a sollevare il polverone che imbarazza governo e centrodestra in generale, riporta alla memoria alcune circostanze che videro Taranto palcoscenico di intrecci inquietanti.
«A Taranto io e Valerio stavamo in una bella casa, sul mare. Poi ci hanno raggiunto Pasquale Belsito, Stefano Soderini, Giorgio Vale e Dario Mariani»: parole di Francesca Mambro rilasciate cinque anni fa al processo culminato con la condanna all’ergastolo di Gilberto Cavallini, accusato di concorso nella strage.
Ma perché Mambro e Fioravanti in quella terribile estate italiana erano in quella graziosa casetta in via dei Gelsomini? L’obiettivo dei Nuclei Armati Rivoluzionari era quello di pianificare uno spettacolare assalto - mai andato in porto - durante le operazioni di trasferimento da Palermo al carcere di Taranto di Pierluigi Concutelli, il terrorista nero fondatore di Ordine Nuovo, responsabile del rapimento del banchiere leccese Luigi Mariano e dell’uccisione del magistrato Vittorio Occorsio. Secondo le sentenze passate in giudicato, invece, Fioravanti, Mambro e gli altri avrebbero pianificato, oltre alla evasione di Concutelli, proprio l’attentato alla stazione di Bologna.
La villetta di Gandoli era stata presa in affitto da Mauro Addis, personaggio della banda Vallanzasca poi passato nelle fila dell’estremismo di destra. «Il 28 luglio ’80 - dichiarò Addis al processo di primo grado per la strage, nel 1987 - scesi a Taranto da Milano e affittai l’appartamento. Il 30 luglio avevo appuntamento davanti alla Sip di Taranto con Mangiameli (neofascista di Terza Posizione, ndr), che mi presentò Fioravanti e Mambro come quelli che si dovevano occupare del piano di evasione. Andammo a vedere la casa e ricordo che Valerio (Fioravanti, ndr) rimase abbastanza contrariato perché il giardino non era come doveva essere». Era infatti un giardino condominiale e quindi poco adatto a sotterrare le armi che avrebbero dovuto essere utilizzate nel tentativo di liberazione di Concutelli. Quelle armi, frutto di una rapina ad una armeria di Roma, furono portate a Taranto il 6 agosto, quattro giorni dopo la strage di Bologna.
Le indagini sulla strage intanto stringono il cerchio intorno ai Nar e il 26 agosto la Procura di Bologna emette una raffica di ordini di cattura nei confornti di militanti dell’estrema destra. Nell’elenco dei destinatari ci sono anche Fioravanti e Mambro. È allora che i due decidono di prolungare il soggiorno a Gandoli. «Non sapevamo dove nasconderci, quello era il posto più sicuro», dirà Fioravanti ai giudici nel processo Cavallini. Mambro e Fioravanti si spacciano per studenti universitari giunti a Taranto per completare la loro tesi di laurea. Così inducono il proprietario dell’appartamento a prolungargli il contratto di affitto. I due resteranno nascosti in quella villetta fino alla fine dell’anno. Ai vicini di casa questi ragazzi appaiono come innocui studenti settentrionali con un solo difetto: il rumore dei loro zoccoli di legno.
Fioravanti si concederà una “escursione” almeno in una occasione: un viaggio a Roma per assassinare, il 6 settembre 1980, Francesco Mangiameli, accusato dai camerati di aver sottratto i soldi che avrebbero dovuto servire per finanziare l’evasione di Concutelli. Nella sentenza di Appello per l’attentato alla stazione di Bologna, si ravvisa tuttavia che Mangiameli potrebbe essere stato ucciso perché a conoscenza di «fatti e circostanze estremamente importanti in relazione alla strage».
Il soggiorno a Gandoli di Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e dei loro sodali si conclude nell’autunno di quel 1980, a causa di una circostanza imponderabile: Giorgio Vale smarrisce i suoi documenti e questo mette a rischio la loro permanenza a Taranto. I documenti di Vale verranno poi ritrovati sul treno Taranto-Milano, insieme a mitra ed esplosivo, dello stesso tipo utilizzato per la strage alla stazione. Con quei documenti erano stati acquistati due biglietti aerei intestati a cittadini stranieri, biglietti conservati nella valigia dove era nascosto l’esplosivo: un depistaggio per indirizzare le indagini sulla strage verso la pista internazionale. Una vicenda, quella dei depistaggi, nella quale entrano in gioco altri personsaggi come Francesco Pazienza e il generale del Sismi, Giuseppe Santovito: tutti e due tarantini. E a Taranto aveva prestato servizio il colonnello Giuseppe Belmonte, condannato per le azioni di depistaggio condotte proprio in merito alla strage di Bologna e per le quali avrebbe utilizzato anche il pregiudicato tarantino Peppino Monna, poi ucciso, sempre a Taranto, in un regolamento di conti nell’estate del 1981.
Una rete di oscure relazioni che fecero di Taranto uno dei più inquietanti teatri della strategia della tensione.
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