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Il caso
08 Agosto 2023 - 07:45
Concita De Gregorio
Non ho mai visto un ragazzo autistico, una persona Down o qualsivoglia altra tipologia di disabile vandalizzare un monumento o sfregiare un’opera d’arte. Chi è un professionista della comunicazione e del linguaggio dovrebbe valutare e considerare bene le parole e le frasi, prima di pronunciarle, e più ancora, quando sono messe per iscritto, prima di dare il “visto, si stampi”.
Poi, quando si commette un errore, specie se in buona fede, lo si ammette, invece di ricercare fumosi, improbabili, offensivi artifici dialettici. Come ha fatto Concita De Gregorio, che per deprecare il comportamento dei sedicenti “influencer” che hanno distrutto allegramente una statua per ricavarne un video e qualche scatto acchiappa-click ha pubblicato su Repubblica un infelicissimo articolo nel quale li definisce affetti da deficit cognitivo, “decerebrati assoluti che in un tempo non così remoto sarebbero stati alle differenziali, seguiti da un insegnante di sostegno che diceva loro vieni tesoro, sillabiamo insieme, pulisciti però prima la bocca”. Riuscendo in poche righe ad offendere pesantemente i disabili, gli insegnanti di sostegno, le politiche di inclusione, con una volgarità e violenza che ha pochi riscontri.
Fra le altre cose, ed è grave per chi ha il dovere professionale e deontologico di documentarsi, De Gregorio appalesa di non sapere che le differenziali, come le chiama lei, sono state soppresse nel 1977; e che proprio nel 1977 nasce l’insegnante che sarà in seguito definito “di sostegno”, un docente a pieno titolo e specializzato che ha il compito di favorire, agendo su tutta la classe, l’integrazione di alunni con disabilità. Oltre ad offendere i disabili, De Gregorio offende anche la professionalità degli insegnanti di sostegno ed il loro certamente difficile ruolo.
Investita da accese critiche, De Gregorio cerca il giorno dopo di svicolare buttandola sul contesto delle sue frasi, che sarebbe stato ignorato. Poteva limitarsi a chiedere scusa e ad ammettere che, come capita a qualsiasi essere umano, aveva sbagliato. E invece no. La sua protervia la spinge a reiterare le offese, coinvolgendo nel disprezzo anche i lettori. Inaccettabile. Come è inaccettabile che Repubblica le abbia pubblicato i due “articoli”.
Che poi, se proprio voleva esprimere una (condivisibile) aspra condanna per gli “influencer” devastatori, poteva sempre chiamarli, con più proprietà di linguaggio, “lanzichenecchi”. Alain non le avrebbe chiesto i diritti d’autore.
No, non sono i disabili i violenti. E’ lei che ha disabilitato il cuore.
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