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L'intervento
02 Agosto 2023 - 12:00
Pinuccio Stea
Recensire un corposo volume come quello di Pino Stea, “Taranto: l’industria del mar piccolo. Molluschicoltura e ostricoltura da Filippo Cacace alla Co.Mi.Os (1861-1966)”, Scorpione Editrice, 2023, pp.379, è impresa intellettuale non facile. Si rischia, infatti, di omettere passaggi importanti che potrebbero indurre in errore i lettori e, dunque, si rischierebbe di perdere il senso storico del volume di Stea e così si tradirebbe l’intento dell’Autore che è molto chiaro sin dalla quarta di copertina: “Taranto ha avuto, nei millenni, nelle attività economiche legate al mare una delle sue caratteristiche fondamentali; di assoluto rilievo quelle legate alla mitilicoltura ed ostricoltura […].
La ricerca sviluppata si muove lungo alcune direttrici principali […] l’aspetto economico e politico, l’impatto del settore con i cambiamenti industriali e le due guerre mondiali, il permanere del problema dell’inquinamento […]: L’opera prende le mosse dall’Unità d’Italia per concludersi nel 1996 con la fine dell’esperienza della Comios (Cooperativa Mitilicoltori e Ostricoltori)”. Come si vede, è un ben preciso percorso storico che intreccia economia e politica e Stea come “storico è un profeta che guarda all’indietro” (F. Schiller) perché dall’esperienze passate ricava lezioni per l’oggi e per il futuro. Ripercorriamo il tracciato storico di Stea. Il volume si apre con fatti risalenti all’indomani del 1861, ovvero con il passaggio della proprietà del Mar Piccolo dai vecchi feudatari al Demanio del Regno d’Italia. A Filippo Cacace furono attribuiti i diritti di coltivazione dei mitili fino al 1872 per 35.000 mila lire l’anno, una cifra significativa per quei tempi. Sin da subito, la coltivazione dei mitili nel Mar Piccolo presentò difficoltà per le pessime condizioni igieniche dello stesso, reso praticamente una latrina pubblica.
Stea si sofferma sulla relazione del comandante Sartorio, il quale senza mezzi termini avverte che era necessario intervenire con urgenza per far sì che il Mar Piccolo potesse ridiventare un’industria fertile per l’Italia intera. L’Autore ci fa dono di interessanti pagine di scontro politico sulle sorti del Mar Piccolo e acutamente si sofferma sulle decisioni della “commissione consultiva per la pesca” che spinse poi il governo ad affidare la concessione ad una società privata, successivamente individuata nella “Società conduttrice del Mar Piccolo” che avrebbe avuto durata trentennale, cioè fino al 1914. Stea a questo punto introduce una riflessione sull’intrecciarsi delle vicende del Mar Piccolo con la Storia con la S maiuscola. E sì, il Parlamento italiano con la L.833 del 29 giugno 1882 decise di costruire a Taranto un importante Arsenale militare. Da questo momento per Taranto ha inizio un’altra storia che, tuttavia, s’interseca con le note vicende delle condizioni precarie sul piano igienico del Mar Piccolo.
La situazione difficile delle condizioni igieniche fu portata all’attenzione del Parlamento e solo il 18 agosto 1912 un decreto del Ministro delle Finanze stabiliva tutta una serie di misure in favore del Mar Piccolo che portò ad un disegno di Legge approvato dalla Camera dei deputati il 3 maggio 1913 con il quale si attribuivano al Comune di Taranto i diritti di pesca e coltivazione nelle acque del Mar Piccolo. Stea sottolinea come la situazione d’arrivo fosse solo l’inizio di nuovi problemi che nascevano dal difficile confronto tra Comune e cooperative che avrebbero gestito la coltivazione. Mentre lo scontro infuriava, altri problemi si paventavano all’orizzonte. La stampa locale criticava l’annuncio dell’insediamento dello stabilimento dei cantieri navali a Taranto e, altresì, metteva in evidenza l’accondiscendenza verso tale iniziativa da parte di molti e soprattutto della politica. I Cantieri Tosi s’insediarono a Taranto presso la contrada Leggiadrezza. il Consiglio comunale di Taranto, nel frattempo, approva un “Capitolato per il sub affitto del Mar Piccolo”, un atto amministrativo importante, ma che assolutamente non interrompeva le difficoltà per procedere con le coltivazioni pregiate. Stea riporta documentazione della stampa locale dell’epoca che avviava una riflessio ne sulla questione “Mar Piccolo”.
Come si sottolineava precedentemente, Stea da vero ricostruttore e interprete raffinato mai perde di vista il locale con il più vasto teatro della storia. Con l’ingresso dell’Italia nella 1a guerra mondiale, 1915, il Mar Piccolo divenne bacino privilegiato per le navi da guerra sia da parte della Regia Marina sia da parte dei Cantieri Tosi. La situazione igienica del Mar Piccolo peggiorò e le indagini batteriologiche negli anni successivi alla guerra lo attestarono inequivocabilmente. Riparte un complicato iter di legge che trovava esito in pieno regime fascista, 1927, che regolava l’esercizio della coltivazione nel Mar Piccolo. Come in una commedia dell’arte il racconto del Mar Piccolo ha un coup de théâtre con R.D.L. n. 1976 del 1934 (convertito in legge nel 1935) con il quale si toglieva al Comune di Taranto la concessione di esercizio della pesca in favore della “R. Azienda del Mar Piccolo”. Si deve attendere la caduta del fascismo per sentir riparlare della faccenda Mar Piccolo. Negli anni Quaranta il dibattito, le prese di posizione, i contrasti circa la gestione della coltivazione in Mar Piccolo occupò la politica locale, fu interpellata quella nazionale e non mancarono interventi sul governo.
È, senza dubbio, di rilievo il ruolo che in que gli anni e in quelli successivi ebbe la Co.Mi. Os. (Cooperativa Mitilicoltori e Ostricoltori), costituita il 2 marzo 1944, la quale con spirito imprenditoriale si prefiggeva l’obiettivo di raccogliere e allevare molluschi nel M. P. e non solo. Lasciamo ai lettori il piacere di ripercorrere l’avvincente e meticolosa ricostruzione fatta da Stea sulla diatriba perenne che caratterizzò la gestione della Co.Mi.Os. Le condizioni di salute del Mar Piccolo peggioravano sempre di più e si incominciò a parlare di bonifica con tutte le polemiche facilmente immaginabili. La costituzione nel 1956 (L.1589) del Ministero delle Partecipazioni Statali ebbe ripercussioni anche sulla gestione del Mar Piccolo. Infatti, con il D.M. 20 aprile 1957 si costituiva l’elenco delle Aziende patrimoniali statali del Ministero delle finanze e in questo elenco era compresa anche l’Azienda demaniale del Mar Piccolo. La Co.Mi.Os ottenne una proroga di sei anni. Ancora una volta le vicende del Mar Piccolo s’intrecciarono con la storia nazionale e soprattutto con l’insediamento del IV Centro Siderurgico (prima pietra il 9 luglio 1960). Il colpo mortale al Mar Piccolo era stato dato. Nel 1963 la Co.Mi.Os è estromessa dalla gestione del M. P. Ci furono da parte di quest’ultima decisioni che investivano il tribunale.
Lo scontro e la tensione diventarono sempre di tono più alto e aspro. Il passaggio della gestione dalla Co.Mi.Os al costituito Centro ittico tarantino campano segnò un passaggio decisivo per le sorti della Co.Mi.Os. A questo punto della ricostruzione Stea, con amarezza, constata che “la partita si chiude definitivamente”. L’esperienza cooperativistica della Co.Mi.Os. che, come afferma Stea, aveva cercato di rapportarsi alla società nel suo complesso non rinchiudendosi in un ruolo meramente produttivistico” (p. 254) lasciava il passo al Centro Ittico Tarantino Campano i cui risultati negli anni a venire furono “un vero e proprio disastro” (p. 255). Con la convenzione con la quale i dipendenti del Centro Ittico Tarantino Campano venivano collocati presso l’Italsider moriva un sogno, la coesistenza tra mitilicoltura, ostricoltura e acciaio, e si segnava il destino di Taranto, ovvero la monocultura dell’acciaio. La ricca documentazione, la corposa bibliografia, la scrittura scorrevole, ma mai semplicistica rendono questo libro di Stea godevole, ma altresì ne attestano la serietà storica, il tono duro da denuncia per una Taranto condannata ad essere subalterna economicamente e incapace di considerarsi veramente imprenditrice.
Riccardo Pagano
Direttore MUDIT e presidente provinciale ANPI Taranto
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Testata: Buonasera
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