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L'analisi
31 Luglio 2023 - 06:30
Claudio Signorile
Gli stati generali del socialismo si svolgono in un momento nel quale sta avvenendo una rivoluzione di egemonie. Abbiamo vissuto, la sinistra ha vissuto, per colpa specifica del Pd, sotto l’egemonia culturale e strategica del neoliberismo, come ideologia naturale della globalizzazione finanziaria che ha segnato, per quasi trent’anni, i tempi del nostro pianeta registrando un importante rovesciamento di ruoli e strategie.
LA CRISI DELL’EGEMONIA NEOLIBERISTA E DELLA GLOBALIZZAZIONE Noi abbiamo vissuto la crisi di questa globalizzazione,stiamo vivendo la crisi di questa egemonia neoliberista e stiamo entrando nella globalizzazione della sopravvivenza, segnata da elementi diversi, complessi e drammatici: da quello ambientale e climatico, a quello delle nuove guerre che stanno attraversando il pianeta, a quello della povertà che ritorna ad essere una questione dominante come nei tempi lontani. Stiamo vivendo il passaggio da un neoliberismo nel quale eravamo subalterni; si pone una esigenza di ideologia nuova e diversa che sia capace di dare risposte a questa globalizzazione della sopravvivenza, che dia segnali di speranza per il superamento di quegli elementi che stanno indebolendo gli equilibri sociali nel mondo. E’ il compito di ciò che sta diventando, è diventato ormai il socialismo inteso come grandi valori di civiltà, attraverso i quali leggere la storia che stiamo vivendo.
Non più un socialismo classista e statalista, ma umanitario e civico. Credo che gli stati generali dei socialisti, che ho seguito con grande rispetto, debbano avere consapevolezza, con l’orgoglio che merita il ritorno del socialismo come ideologia vincente. Come civiltà nella quale riconoscersi. Come valori sui quali costruire il progetto politico. Non un remake del passato. Stiamo entrando in una stagione nella quale al neoliberismo si sostituisce il socialismo come civiltà come valori, progetti, strategia. E’ il modo con il quale dobbiamo lavorare, come deve lavorare il sistema d’interessi e di valori che intorno al socialismo si riconosce.
L’IMPEGNO DEL PARTITO SOCIALISTA NELLA COSTRUZIONE DELLA REPUBBLICA Noi siamo stati il Partito della Repubblica: dalla “Repubblica o il caos” (1946) di Pietro Nenni, alla fondazione e trasformazione dello Stato italiano, e via via a quelli che sono stati i passaggi di costruzione della Repubblica democratica; lo Statuto dei Lavoratori di Giacomo Brodolini, sul quale voglio ricordare che i comunisti si astennero; la legge di riforma ospedaliera e sanitaria di Luigi Mariotti; la scuola dell’obbligo di Tristano Codignola; la nazionalizzazione dell’energia elettrica di Riccardo Lombardi; le leggi di pianificazione e rifroma urbanistica di Giacomo Mancini; potrei continuare ricordando che chi oggi viaggia a 300 km orari con la freccia rossa può farlo perchè è stato pensato, voluto e realizzato daai socialisti. Senza mai dimenticare che il Partito Socialista, con Loris Fortuna, d’intesa con i Radicali di Marco Pannella impose, a un Partito Comunista recalcitrante, prima la legge sul divorzio e poi quella sull’aborto. Non è un autoesaltazione, ma una lettura criticamente attenta del fatto che si puo esprimere anche un consenso elettorare del 10/12%, com’era il Partito Socialista, e cambiare il Paese. Trasformare quello che era diventato il miracolo economico, in un miracolo sociale e civile.
LE CONQUISTE NON SI FANNO DA SOLI Ovviamente sono conquiste che non abbiamo fatto da soli. Siamo stati noi che abbiamo il merito di aver elaborato la progettualità vincente, delle battaglie politiche in Parlamento e soprattutto nel Paese perche diventasse opinione diffusa e quindi accettata e vincente, capace di praticare una volontà di profondo cambiamento in alcuni aspetti fondamentali. Ma non l’abbiamo fatto da soli! Avevamo un alleato e un concorrente che era la Democrazia Cristiana. Attraverso questo rapporto siamo riusciti a fondare questa Repubblica democratica moderna della quale molti si vantano. Lo abbiamo fatto in un rapporto d’interlocuzione difficile e complesso con il Partito Comunista con il quale governavamo la metà delle città del Paese e avevamo a livello parlamentare la contrapposizione fra Governo e opposizione fra cose che si volevano e si dovevano fare e cose che non si volevano o non si dovevano fare. Ci stiamo avviando su un percorso difficile perchè fondato sulla capacità di aggregare soggetti diversi e autonomi, identità diverse e però concorrenti in una visione programmatica comune. I trent’anni gloriosi, dal ‘60 al ‘90, che ho ricordato, nei quali il Paese è cambiato, attraverso le riforme che i socialisti hanno voluto e fatto insieme ai nostri alleati. Si individua il punto di rottura, ma il passaggio successivo è costruire lo schieramento vincente, e portare nel cuore della coscienza del Paese e degli equilibri politici, il percorso attraverso il quale le riforme vengono realizzate.
LE RIFORME: TUTTI NE PARLANO NESSUNO LE FA Stiamo vivendo un passaggio molto importante per il nostro avvenire, ma lo stiamo vivendo nel modo peggiore. Il centro sinistra è una formula logora, soprattutto perché nell’ambito della sua possibile composizione, il campo di cui si parla, ci sono diversità profonde e soprattutto ci sono volontà non strategicamente recuperabili ad una visione di governabilità e di riforme. Stiamo vivendo il tentativo di Giorgia Meloni di far diventare il centrodestra una scelta che s’identifica con i conservatori. Quello che ragionevolmente e naturalmente noi dobbiamo fare a mio giudizio è che i socialisti devono fare per primi, perchè tocca a noi questo compito, è quello di costruire il soggetto politico e strategico dei riformatori. L’identità socialista resta tale ma diventa l’elemento trascinante di un processo che fonda le sue ragioni sul programma, sulle forme, sulle qualità e la forza delle riforme, sul percorso che deve essere compiuto per organizzarle.
IL CATTOLICESIMO DEMOCRATICO E POPOLARE E’ questo l’obiettivo importante che possiamo e dobbiamo realizzare. Guardo e seguo con molta attenzione a quanto sta accadendo del cattolicesimo democratico e popolare. C’è la volontà di uscire fuori da una logica subalterna, che ha caratterizzato il Pd in cui sono stati subalterni i cattolici e sono stati cacciati i socialisti. Il Pd di oggi e figlio di quello che ci ha messo fuori in maniera abbastanza consapevole. Certo l’interlocuzione sarà importante, va conservata e rafforzata. Ma io credo che il destino dei socialisti, dei cattolici, dei civici sia quello di costruire il movimento, lo schieramento dei riformatori, la cui forza concettuale, la cui capacità di costruzione delle riforme, deve essere tale da diventare un punto di non ritorno della Politica italiana. Noi abbiamo un grande problema senza risolvere il quale non affronteremo mai in maniera vincente la strategia di costruzione di un’alternativa. Mi riferisco a coloro che non votano, il 50% di astenuti. Quella parte che ha rifiutato la politica, dicono alcuni, io penso invece che hanno rifiutato e rifiutano l’offerta politica che gli viene offerta prima di ogni robustezza e respiro: mancano le riforme sulle quali e intorno alle quali si può e si deve costruire il consenso. Quando faccio il richiamo alle realizzazioni socialiste degli anni ‘60/’80 so che i socialisti avevano una percentuale modesta di consensi, ma esprimevano una capacità di coalizione. Abbiamo questa opportunità come conseguenza della debolezza degli altri, della logica egemonica del centrodestra e dei conservatori. Ma chi deve costruire l’alternativa dei riformatori sono i socialisti; i cattolici democratici e popolari; i civici.
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