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Calcio

Riganò: «Sono tornato a fare il muratore»

L'intervista al Corriere della Sera

Riganò

Christian Riganò (Foto Corriere della Sera)

La sua storia a Taranto non ha avuto il lieto fine. Anzi, quel - quella - finale, il 9 giugno 2002, resta uno dei momenti più drammatici, dal punto di vista sportivo, per la città oltre che per la sua squadra di calcio. Eppure il nome di Christian Riganò desta ancora emozione, a Taranto: ha fatto sognare, più di altri, i supporters ionici, prima dell’incubo della celebre partita con il Catania allo Iacovone.

A riaccendere i riflettori sul “bomber” di Lipari l’edizione fiorentina del Corriere della Sera: dopo l’esperienza di Taranto, è a Firenze infatti che Riganò si è fatto conoscere a livello nazionale.

“«Due cose so fare nella vita: i gol e il muratore. Così, dopo aver smesso di giocare, sono tornato a fare il mio mestiere: mi piace e ne vado orgoglioso». Il bomber lo incontriamo per caso in un cantiere di Firenze, a due passi dal Ponte Vecchio. Il caldo è soffocante. Da una parte c’è un ragazzone che sta togliendo l’intonaco, a colpi di mazzuolo e scalpello. Incrociamo il suo sguardo, come a dirgli che il suo è un volto conosciuto. Lui sorride: «Sì, sono io: Christian Riganò»” scrive il Corriere che ricorda i suoi “oltre 300 gol in 520 partite, ovunque: dalla seconda categoria alla serie A. Ha fatto tutta la gavetta, fino a sfiorare la Nazionale. Ma è rimasto sempre lo stesso ragazzo, che, a Lipari, faceva il manovale tutto il giorno e la sera andava ad allenarsi. Fino a quando, un giorno, il suo sogno di arrivare nel calcio dei grandi si avverò all’improvviso: «Ero al Taranto. Mi chiamò Giovanni Galli, chiedendomi di andare alla Fiorentina, che era finita in C2 dopo il fallimento di Cecchi Gori. Alla prima telefonata riattaccai, pensavo fosse uno scherzo»”.

Al giornalista che lo ha intervistato, Claudio Bozza, Riganò ha spiegato che «io sono questo: amo costruire e riparare le cose. Così, non avendo avuto chiamate per allenare sono tornato a fare il mio lavoro. Ho preso due patentini per allenare… Amo il calcio, ma si vede che non sono adatto per quello di oggi, fatto principalmente di sponsor, non accetto compromessi. Certo, se poi arrivasse la chiamata giusta sarei pronto a tornare in panchina (...) da calciatore ho guadagnato bene e ne sono felice. Nella mia intera carriera, però, ho incassato quanto molti giocatori di media fascia oggi guadagnano in due tre mesi. Così, poi, bisogna tornare a lavorare».

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