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Il Siderurgico
14 Luglio 2023 - 06:55
«Siamo stanchi di aspettare una svolta che tarda ad arrivare e di numerosi start & stop su progetti che vengono sbandierati come risolutivi e ritirati dopo pochi mesi. Siamo imprenditori, abbiamo bisogno di un obiettivo chiaro, definito, preciso per orientare i nostri investimenti. Che sia DRI, idrogeno, o altro, serve un piano industriale definitivo. E serve ora».
In una nuova nota Aigi, la realtà associativa che abbraccia non solo le imprese operanti nell’indotto dello stabilimento siderurgico, torna a chiedere un cambio di passo per la complessa vicenda che ruota attorno al Siderurgico. «La diatriba Stato-Privato non è di nostro interesse: a noi non interessa chi, a noi interessa come viene gestito lo stabilimento» dicono dall’associazione. «Ci rivolgiamo tanto al socio pubblico che al socio privato, indistintamente perché entrambi responsabili della gestione e del futuro dello stabilimento. Abbiamo già sintonizzato le nostre scelte imprenditoriali ed i nostri investimenti su notizie che ci sono state date fin dal 2019 (Idrogeno, DRI) quindi le nostre richieste di capire cosa avverrà sul territorio per quanto riguarda gli investimenti industriali sono assolutamente legittime e vitali per le nostre imprese ed i nostri collaboratori. Chiediamo delucidazioni sui motivi tecnici per i quali si vogliono spostare i fondi (un miliardo di euro già nella disponibilità della società DRI) dal Pnrr al Fondo di Coesione mettendo a rischio tempi e certezza di esecuzione e perché non si riesce a produrre nei limiti dei 6 milioni di tonnellate concessi dalle attuali prescrizioni».
Per Aigi «ci si sta avvitando in una spirale pericolosa che vede la manutenzione degli impianti pressoché azzerata con conseguente pregiudizio per la sicurezza dei lavoratori» e non viene risparmiata una critica al governo Meloni, definito ad oggi «inconcludente e confusionario». «Vogliamo sapere in generale come gli interventi sullo stabilimento siderurgico coinvolgeranno la comunità imprenditoriale locale, perché non bisogna dimenticare che questo stabilimento, nel bene e nel male si trova sul nostro territorio, non su quello di altri imprenditori non locali che legittimamente vengono ad operare qui a Taranto».
In questa situazione di continue incertezze, la classe imprenditoriale «vive con preoccupazione quanto già subito nel 2015 quando l’applicazione della legge Marzano ha sottratto alle imprese locali 150 milioni di euro che tutt’ora rappresentano una zavorra per i nostri programmi di investimento». E non vengono escluse «clamorose iniziative di protesta che, partendo da Taranto, potrebbero arrivare sino a Roma».
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