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Interrogato dal gip

Il dirigente postale si difende: «Non spiavo le colleghe»

L'uomo, che è apparso molto provato, ha fornito la sua versione dei fatti

Il Tribunale di Taranto

Il Tribunale di Taranto

“Non ho messo nel bagno la microcamera per spiare le colleghe. Sono altri i motivi che mi hanno spinto a farlo. Se avessi voluto commettere un reato del resto non avrei fatto in modo che venisse ripresa la mia faccia”. 

L’ex direttore dell’ufficio postale finito agli arresti domiciliari per il reato di interferenze illecite nella vita privata, difeso dall’avvocato Luigi Semeraro è stato interrogato, ieri mattina dal gip Francesco Maccagnano. L’uomo, che è apparso molto provato, ha fornito al giudice la sua versione dei fatti.

Le indagini della Guardia di Finanza erano partite alla fine di marzo del 2022 dopo che una dipendente aveva utilizzato il bagno riservato alle donne e mentre si apprestava a uscire si era accorta che in un contenitore era stata nascosta una microcamera. 

Tra i video archiviati sulla memoria uno che immortalava il direttore mentre  sistemava quella telecamerina. Le dipendenti dell’ufficio postale avevano deciso di affrontare il dirigente per chiedere spiegazioni.  L’uomo si era difeso sostenendo di aver trovato quella microcamera in precedenza e di averla riposizionata per tentare di individuarne l’autore .

Una tesi che non aveva convinto le dipendenti alle quali il direttore aveva garantito di voler chiedere il trasferimento. Successivamente era stata presentata una denuncia alla Guardia di Finanza la quale coordinata dal pm Mariano Buccoliero avevano avviato le  indagini.

Gli investigatori avevano eseguito  una perquisizione nell’abitazione dell’uomo e sequestrato portatili e telefonini. E proprio dall’analisi di quei dispositivi era emerso che il direttore, aveva effettuato una “bonifica” del computer.  I militarii della Guardia di Finanza avevano quindi recuperato dalla scheda di memoria e dal cloud moltissime  immagini delle colleghe dell’uomo che utilizzano i servizi igienici.

Il giudice per le indagini preliminari aveva quindi disposto gli arresti domiciliari con l’accusa di interferenze illecite nella vita privata, come chiesto dalla Procura jonica.

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