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Solidarietà

Cinquemila panini al giorno per gli sfollati dell’Emilia

Il racconto di Giovanni D’Andria, panificatore tarantino

Panificatori

I panificatori impegnati in Emilia Romagna

“Il lavoro è stato duro e la notte ho dormito su brandine in una palestra affollata, ma la fatica è stata ripagata dal sorriso di quanti hanno perso tutto, soprattutto dei bambini che sono riusciti ad adattarsi alla tragica situazione senza pretese”.

A parlare è Giovanni D’Andria, titolare di un rinomato panificio del Borgo, il quale, assieme al collega Tonino Curcio, ha subito risposto all’appello dell’Associazione panificatori  di Taranto per i soccorsi in Romagna.

“Non nascondo - continua - che appena arrivato nella palestra di Lugo di Romagna, dov’erano stati fatti confluire gli sfollati per l’alluvione dei giorni scorsi, il primo impulso è stato quello di tornarmene a casa. Troppo forte, infatti, è stato l’impatto emotivo per tutto il dolore concentrato in quel luogo, soprattutto per gli anziani che non avevano più nulla e i bambini che avevano perso la sicurezza della propria casa. Poi mi sono fatto forza e ho affrontato un’esperienza di solidarietà che mi ha segnato per sempre”.

“Mia moglie è stata subito d’accordo con la mia decisione di partire, anche se un po’ a malincuore per i molteplici impegni aziendali e quelli di famiglia – continua – Ma tanta gente soffriva e aspettava un aiuto: non potevo rifiutarmi”.

Giovanni D’Andria racconta di essersi ben presto adattato a tale situazione assieme ai volontari della Protezione Civile e della Croce Rossa e agli alpini addetti alla cucina mobile. “La notte però era difficile fare qualche ora di sonno, fra i pianti dei bambini e di chi aveva perso tutto, l’andirivieni non certo silenzioso degli spalatori e di chi prima dell’alba si recava a casa per mettere al sicuro le proprie cose – racconta - Ma alle sette del mattino io e i miei colleghi eravamo già all’opera nel panificio mobile approntato per l’occasione”.

Giovanni D’Andria spiega che ogni giorno, in tredici-quattordici infornate, venivano preparati almeno cinquemila panini e svariate teglie di focaccia bianca e rossa. Il tutto, senza intaccare la produzione locale, anzi in accordo con le associazioni di categoria. Dolci? Solo una volta, le ciambelle per far tornare il sorriso ai più piccoli. “Il 2 giugno, Festa della Repubblica – aggiunge – in onore dei volontari delle Forze Armate e della Protezione civile impegnati con noi, preparammo la focaccia tricolore che riscosse grande successo. Tant’è vero che finì subito”.

Ogni giorno si finiva di sfornare attorno alle 18 per poi riprendere, dopo un po’ di riposo, con la preparazione del lievito fino alle 22. “Poi fino all’una di notte - dice – restavamo svegli a condividere con gli sfollati il ricordo della propria quotidianità. Tanti volevano sapere delle nostre famiglie, delle nostre attività e di cosa ci aveva spinto in questa opera di solidarietà, non finendo mai di ringraziarci. Alcuni anziani ci accarezzavano il viso quasi come se fossimo loro figli, commuovendoci. Di ognuno conserverò un ricordo incancellabile, soprattutto dei colleghi di Ravenna con cui ho lavorato  e ho stretto una bella amicizia”.

Poi, domenica scorsa il ritorno a casa. “Già mi mancano quei momenti, che sono contento di aver vissuto a nome di tutta la città – conclude – Lo stato di emergenza si avvia a conclusione e non ci sarà più bisogno di noi. In ogni caso, alla prossima evenienza (che spero non debba mai più accadere) sono pronto a dire il mio ‘sì’ e a ripartire per una nuova missione di solidarietà”.

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